Negli anni Sessanta lo statunitense Edgar Pangborn, attraverso una serie di racconti e romanzi, diede vita ad un mondo post-apocalittico in cui i sopravvissuti trovano la forza di andare avanti affidandosi alla religione: l’autore ne approfitta così per ripercorrere i miti basilari del Cristianesimo rielaborandoli e rendendoli in versione “fantastica”.

Accanto a titoli celebri come “Davy l’eretico” (1964) troviamo titoli minori come “Il giudizio di Eva” (The Judgement of Eve, 1966), arrivato in Italia nel 1971 nella collana Galassia (n. 133). In questo, uno storico del futuro narra le vicende legate ad un personaggio mitologico della sua età, Eva Newman, che nel lontano passato è stata una donna “normale”; per raccontare le vicende che hanno portato la donna a diventare mito questo “io narrante” si affida a dei testi storici, che però spesso sono in contraddizione fra loro: egli si trova quindi costretto a dare una propria versione dei fatti e ad imbastire un delizioso gioco letterario.

«Coloro che narrano la leggenda del Giudizio di Eva in una civiltà molto più tarda rispetto a quella in cui lei visse, e che giunsero persino a scriverla, ammettono quasi regolarmente che la ragazza aveva quasi ventotto anni nel momento in cui prese la sua decisione più importante; le versioni scritte, in generale, divergono notevolmente per quanto riguarda molti altri particolari»: questo il tono del romanzo di Pangborn.

Il “narratore” del futuro, adempiuto il compito di presentare alla “sua” età vicende tratte dalla vita di Eva, finisce per criticare tutti quei libri che nel tempo sono stati scritti sulla figura della donna ma che in realtà lui considera... libri falsi.

Edgar Pangborn
Edgar Pangborn
«Dalla legge, stabilita da Eva per quel giorno, deriva una quantità incredibile di opere letterarie – “I racconti di East Redfield”, “Un pomeriggio con Eva”, “Le cento e una storia”, “Tradizioni letterarie dell’antico Massachusetts”, “Gli aneddoti di Eva: fiabe o verità?” e via di questo passo, il che comporterebbe una tale quantità di parole al minuto da tenere in attività il collo di Scheherazade, la narratrice delle “Mille e una notte”, almeno per nove mesi. Una di queste opere fasulle, di cui non citiamo il titolo, comprende anche un lavoro in tre parti, assurdamente attribuito a Claudius Gardiner: “Il romanziere come pugilatore: breve analisi conclusiva delle tendenze del tardo ventesimo secolo”. Ora, ammettiamo pure che Gardiner non era perfetto, ma quest’opera è autentica critica letteraria del venticinquesimo secolo nella sua forma più deplorevole. Anche Omero ha avuto attribuzioni del genere, vedete, così come il cane di Omero aveva le pulci.»

I titoli citati sono pseudobiblia sia nella nostra realtà che in quella del romanzo, in quanto sono testi che falsano le vicende della vita di Eva Newman: quindi una deliziosa operazione di “doppio pseudobiblion”.

 

Unica edizione italiana del romanzo
Unica edizione italiana del romanzo
Stesso gioco letterario viene adottato per un romanzo sorprendente: “Pianeta Morphy” (Pretul secant al genunii) del romeno Adrian Rogoz. Datato 1974, il romanzo arriva tre anni dopo in Italia - in un’unica edizione (Galassia n. 224) - esclusivamente grazie alla pressione di Lino Aldani (apprezzato scrittore italiano di fantascienza ed appassionato scacchistico).

Il romanzo narra la vita di Dav Bogar, ragazzo nato e cresciuto a bordo di un’astronave e che diviene talmente bravo a giocare a scacchi che non trova più validi contendenti... nell’intero universo! Dopo aver viaggiato in lungo e in largo, il nostro eroe finisce sul pianeta Tehom, dove una macchina tiene in ostaggio gli eventuali visitatori, rilasciandoli solo se saranno in grado di vincere una partita a scacchi. Il tempo non è un problema, e gli eventuali visitatori - indipendentemente dalla loro natura - potranno rimanere sul pianeta quanto vogliono: ma per andarsene, dovranno battere la macchina a scacchi. La sfida di Bogar sarà più impegnativa di quanto si possa immaginare.

Copertina originale
Copertina originale
L’autore, classe 1921, imposta il romanzo come una ricostruzione storica, come se fosse la biografia di Dav Bogar che uno storico futuro sta ricostruendo partendo da vari testi. Rogoz racconta alcuni avvenimenti delle avventure dello scacchista spaziale come se fossero controversi, come se l’esatta sequenza degli avvenimenti o le motivazioni o le stesse conseguenze cambiassero a seconda della “fonte” che le attesta.

L’unico titolo di pseudobiblion citato dall’autore è “Cronache degli scacchi” di Em. Reicher. Ma questo non viene citato nel testo, bensì in una nota, come se appunto l’io narrante, futuro storico, stesse riportando in margine al testo la fonte da cui ha attinto gli avvenimenti che sta raccontando.

Ecco la nota: «Per i dettagli, vedi “Cronache degli scacchi” – per altro fantasiose – di Em. Reicher, nella collezione fantascientifica n. 464, apparse nel 17° anno dell’era cosmica, Bucarest, Terra». Da notare come l’autore della nota (contrassegnata infatti con “N.d.A.”, Nota dell’Autore) definisce “fantasiose” le Cronache che cita, come a strizzare l’occhio al lettore e a fargli capire che sta parlando di uno pseudobiblion.

 

Siamo nel futuro... ancora! In un triste e sterile futuro, e l’uomo è talmente schiavo delle macchine da non rendersi conto che un tempo era stato in grado di vivere senza di esse. Il governo delle città è affidato ai “burocrati”, intrisi (lo si capisce dal nome) di procedure e regolamenti e violentemente avversi a qualsiasi “attacco” allo status quo.

Uno di questi attacchi arriva da parte della moglie di uno di loro: la donna ha rubato un software indispensabile per far andare avanti le macchine che tengono in vita la città, e se non viene subito reinstallato ci saranno caos e distruzione. Il marito della donna, un “burocrate”, viene inviato alla sua ricerca, e durante il viaggio verrà a conoscenza di un libro proibito, un libro letto non solo dalla moglie ma anche da tante persone che, agli occhi dei potenti, sono considerate dei “ribelli”. Il libro si intitola “Walden Three”, ed è stato edito a Kingston in soli nove esemplari.

Un testo rarissimo, «una fantasia utopistica di un mondo pieno di prati e boschi» lo definisce dapprima il protagonista, ma poi man mano si lascia convincere dalle tesi astruse riportate nel saggio: l’autore (sconosciuto) del saggio dice che un tempo gli uomini vivevano liberi da burocrazia e macchine, e che con attacchi mirati a dei punti nevralgici, si potrebbe tornare a questa situazione. Pazzie, ovviamente: meglio fare di tutto per mantenere la situazione così com’è...

Lo pseudobiblion si trova nel racconto breve “Il burocrate” (Getting Across, 1973) di Robert Silverberg, scritto appositamente per l’antologia “Future City” (in Italia, “Le città che ci aspettano”, Urania n. 646), uno degli innumerevoli titoli curati dal famoso Roger Elwood.

Chiudiamo con l’incredibile avventura di Josephus Macardle Phillipso, protagonista del delizioso racconto “L’ultima arma” (Fear is a Business, 1956) di Theodore Sturgeon, apparso in Italia unicamente in appendice al n. 376 di Urania (“Richiamo all’ordine, e altri racconti”).

Prima apparizione del racconto
Prima apparizione del racconto
Il buon Phillipso una notte è costretto a passare del tempo nel buio di una strada di campagna ad accudire l’automobile in panne. Tutti sanno che di notte le strade di campagna sono piene di UFO che passano, così quando il nostro vede una luce di sfuggita fa un pensierino a dei visitatori interplanetari. Subito dopo si ferma un’auto e ne esce un giornalista: cos’erano quelle luci? Alla domanda Phillipso non resiste e racconta di aver appena avuto un contatto con degli alieni!

La non tanto innocente bugia del nostro eroe gli vale molto di più di quanto credesse: arriva in un lampo la proposta di un grande editore per un libro. «Phillipso si mise al lavoro e buttò giù con scoppiettante facilità “L’uomo che salvò la Terra”. Il volume arrivò alle duecentottantamila copie nei primi sette mesi». In questo libro fantasioso viene raccontato sia del contatto alieno che del messaggio giunto dalle stelle: un avvertimento a tutta la Terra! Il successo è tale che oltre a tanti soldi arriva anche il Tempio Spaziale: una religione fresca di conio per il nostro Phillipso. (Si sa che negli USA una religione non si nega a nessuno.)

«“Non arrendiamoci”, il nuovo libro di Phillipso, era di un terzo più lungo del primo e raggiunse le trecentodiecimila copie nelle prime nove settimane: gli portò tanti soldi che Phillipso decise di costituirsi in Ente morale sfruttandone i diritti relativi». Insomma, il nostro poco limpido eroe sta facendo successo grazie alla sua bugia. Le bugie, però, hanno le gambe corte...

Theodore Sturgeon
Theodore Sturgeon
Un giorno si presenta a Phillipso un tizio dicendo che ha trovato il suo libro “logico e sincero”, «La logica e la sincerità hanno questo in comune, che non hanno niente a che vedere con la verità». Il tizio altro non è che... un alieno! Hurensohn è il suo nome, e vuole che Phillipso riveli al mondo la verità... quella verità cioè che ha già detto, anche se inventata di sana pianta!

Gli extraterrestri vogliono portare un messaggio di pace agli umani ed aiutarli, ma i due libri scritti dal nostro eroe li infangano: quindi Phillipso deve ritrattare quanto ha scritto per il bene della Terra. È vero, probabilmente verrebbe linciato per aver mentito, oppure non creduto, ma in ballo c’è un premio incredibile: gli alieni amici promettono di portare l’Eden sul nostro pianeta! Varrà bene la vita di un piccolo scrittore bugiardo...

Mentre Phillipso pensa a come agire, sfortuna vuole che l’astronave di Hurensohn venga individuata e l’alieno costretto a fuggir via. Tutti però hanno potuto vedere l’astronave sfrecciare nel cielo, quindi anche i più forti detrattori di Phillipso vanno da lui in ginocchio a chiedergli cosa abbiano detto stavolta i visitatori spaziali. Il nostro eroe fa quello che sa fare meglio: mentire spudoratamente.

«Gli extraterrestri sono venuti per fermarmi - non con la violenza, non con la persuasione, ma con - uh - con l’ultima arma. Una ragazza di eccezionale bellezza mi è apparsa, in mezzo ai cavi e agli apparecchi del mio radar...» e via bugie. L’interesse planetario è senza limiti (anche se in realtà il mondo non sa che sta perdendo l’Eden!) e tutto verrà raccontato/inventato nel successivo di libro di Phillipso: “L’ultima arma”.

UFO e belle donne... il successo editoriale è garantito!