E’ stato detto che il noir nasce con l’avvento della modernità, dell’industrializzazione e dell’inurbamento. La metropoli si impone sul singolo, fa la sua apparizione nel mondo del giallo da protagonista e ne scardina dall’interno i meccanismi.  Ed è in America, nella metà degli anni Venti, che si può far risalire l’inizio del rinnovamento del giallo classico ormai imprigionato dalle sue stesse regole. Scrittori della nuova generazione americana cominciano pian piano a minare le fondamenta del giallo classico fino alla nascita e al successo della hard-boiled school. In pratica, autori come Dashiell Hammett, Raymond Chandler, Caroll John Daly gettano il pigro detective del giallo classico (quello alla Conan Doyle e alla Agatha Christie, abituato a risolvere i vari casi basandosi sul puro ragionamento sillogistico) per le strade, usando una narrativa che doveva essere vita, tentando di rendere il poliziesco più reale. Si passa così a un nuovo giallo ricco d’azione, sparatorie, inseguimenti per le vie della città. Argomenti impensabili per il giallo classico, mai ci immagineremo Miss Marple sferrare calci al basso ventre oppure Poirot correre a perdifiato dietro a un ladro per le vie di Parigi. Ma se la città hard boiled resta per lo più uno sfondo sul quale si svolge la classica caccia al ladro, con il noir la città assume una sua fisionomia da personaggio negativo.  Le grandi metropoli diventano qualcosa di insormontabile per l’individuo. Non è solo un intrico di vie, di personaggi. La città acquisisce un’anima, un’anima nera, un’anima cattiva:

 

- Guarda: non ti sembra crudele? Non ti sembra subdola e in agguato, come se stesse solo aspettando di sfoderare gli artigli e piantarli addosso a qualcuno, a chiunque?

Lui ridacchiò, ma solamente con moderata convinzione. – Tutte le città hanno questo aspetto di notte, un’aria oscura ed equivoca, infida e non molto amichevole.

- Io la odio - disse la ragazza con sussurrata veemenza. - E’ cattiva. Ed è viva, ha una propria forza di volontà e nessuno riuscirà a convincermi del contrario.

 

Così ce la descrive Cornell Woolrich nel suo romanzo Deadline at Down (Si parte alle sei, Mondadori, Milano, 2000). E la città noir diventa un luogo dove ci si perde tra vicoli, strade, stanze d’albergo, dove si viene schiacciati da un senso di angoscia dovuta all’anonimia. Queste prime città sono spazi enormi dove il personaggio si sente sperduto, preda di una forza che lo schiaccia.

La città, in scrittori come Woolrich e Goodis, diventa una presenza costante, una sorta di personaggio che ingloba gli altri personaggi.

Se all’inizio la città era esclusivamente la grande metropoli americana, l’unica vista in grado di offrire tutte quelle caratteristiche di violenza e oscurità adatte per ambientarci un noir, attraverso vari passaggi siamo arrivati al punto attuale in cui anche un piccolo paesino di provincia può offrire un terreno fertile per questo genere di romanzi. Era quello che Giorgio Scerbanenco voleva far capire qui in Italia quando rivendicava a Milano la possibilità di essere considerata metropoli al pari di città come Los Angeles e Marsiglia. Fatto sta che ora la città, grande o piccola che sia, è diventata una presenza centrale nel romanzo noir, tanto che possiamo parlare della Bologna di Lucarelli e Macchiavelli, della Milano di Pinketts, della Nuoro di Fois, della Los Angeles di Ellroy in base alle città protagoniste nei vari romanzi di questi autori.

Quindi, il noir, propone una città oscura, minaccia costante sullo sfondo e all’interno dell’azione. Siamo lontani dalla tranquilla e pacificante Vigata del romanzo giallo.