In  “Mano Nera” (Baldini Castoldi Dalai) c’è lo stesso mood di “Balkan Bang!” (Perdisa Pop e rist.Mondadori) e la stessa ambientazione balcanica. Com’è stato, professionalmente parlando, il passaggio dal primo al secondo romanzo?

Il passaggio al secondo romanzo è stato assolutamente indolore: stesura veloce, ottimo supporto da parte della casa editrice, nessuna crisi del foglio bianco. Avevo molte idee da mettere sulla carta e sono partito come un razzo.

In cosa ti consideri maturato, come scrittore? Cosa senti di avere in più rispetto agli inizi? E cosa in meno?

Credo di essere maturato a livello di sintesi. Balkan bang! era mediamente prolisso, Mano Nera, invece, è molto più misurato, più essenziale. E poi, con il primo ho scaricato un sacco di roba (personaggi, scene, battute) che mi girava in testa da troppo tempo e che ora non mi assilla più.

In meno ho solo i soldi, in quanto ho cominciato a ridurre il mio impegno professionale per dedicare più tempo alla scrittura.

“Mano Nera” non è un romanzo storico nel senso più diretto del termine. Però è un romanzo in cui la storia (quella epocale) influisce pesantemente sui destini e sui personaggi. Qual è il tuo rapporto con la storia?

La Storia è fondamentale per capire l’attuale e per indagare il futuro con cognizione di causa. Credo che nei miei romanzi la Storia ci sarà sempre. Come ci sarà sempre anche uno sfondo politico.

La Santa è un personaggio inquietante e affascinante, per quella sua dedizione all’integralismo, per quel suo totalitarismo nel proprio credo che la pone effettivamente in una luce quasi surreale, anche quando compie azioni quotidiane, come un semplice bagno. Com’è nata e come si è evoluta questa figura?

Sono sempre stato affascinato dalle figure molto religiose per quella loro ferrea convinzione di essere sempre dalla parte giusta. Io non condivido la loro posizione (indipendentemente dalla religione che professano), ma mi piace esplorarle per cercare di capire da dove possa provenire tanta saldezza d’animo e tanta sicurezza sulle proprie idee. La Santa nasce da una lettura di Santa Teresa d’Avila: se vai a leggere alcune cose scritte da quest’ultima e ci aggiungi un po’ di fanatismo in stile crociato, capirai che non è poi così surreale.

Il manoscritto sefardita rubato, l’Haggadah di Sarajevo, cosa rappresenta, oltre a un bene artistico e storico estremamente prezioso?

L’Haggadah di Sarajevo ha avuto una storia incredibile. Dopo la Reconquista di fine ‘400 la Spagna si riunisce sotto la croce e caccia gli ebrei. Molti di loro si rifugiano in Bosnia portando i loro beni. Uno di questi, l’Haggadah, rispunta a fine ‘800 e viene acquistato dal Museo Nazionale di Sarajevo. Durante la Seconda Guerra, i nazisti vogliono portarla via, ma un eroico custode di religione islamica rischia la vita per nasconderla.

Poi, durante la guerra degli anni ’90, il museo viene depredato ma i ladri non ritengono che quel vecchio libro possa avere un valore e lo buttano in un mucchio di spazzatura. Ora è di nuovo custodito al Museo. Insomma, è un libro che ha avuto una storia complicata e proprio per le vicissitudini che ha vissuto rappresenta bene la multiculturalità balcanica e la voglia che una parte della popolazione bosniaca ha di superare certi blocchi per riprendere a vivere insieme senza conflitti.

La mancata integrazione delle popolazioni nei Balcani è un esempio dell’incapacità dell’uomo di convivere pacificamente con la diversità. Secondo te sarà possibile un mondo di convivenza pacifica, un giorno? Se sì, attraverso quali passaggi?

L’unica speranza sarebbe una forte integrazione europea. Purtroppo, però, non la vedo bene. I moti nazionalisti sono ancora molto forti in tutti i Balcani e l’Europa non sembra avere la forza politica per riuscire a chiudere tutte le ferite ancora aperte e guidare le popolazioni verso una civile convivenza. Se pensi che perfino in Italia c’è chi parla di secessione, figurati come potrà essere il futuro di un paese come la Bosnia.

Lo scrittore ha dei doveri verso il lettore? Elencane alcuni

Non credo che lo scrittore abbia dei doveri verso il lettore. Lascerei questa responsabilità alla casa editrice, cioè a chi sceglie (o meno) di pubblicare un libro. Insomma, è la casa editrice che deve essere garante della qualità del libro e dell’equità del prezzo. Purtroppo, invece, sappiamo che molti editori, grandi e piccoli che siano, tendono a proporre sempre più spesso operazioni commerciali che poco hanno a che fare con la narrativa di qualità.

Per questo motivo io dissento con chi si lamenta che in Italia tutti vogliono scrivere però nessuno legge. Poter scrivere è democratico, essere pubblicati no. La responsabilità di questa inflazioni di scritti brutti è delle case editrici che li pubblicano. Lo scrittore è solo una vittima. Che pochi leggano, però, è un dato di fatto, ma questa è un’altra storia.

Il tuo rapporto con la critica. Come la dividi e quanto la ascolti.

La critica sarebbe importantissima, se ci fosse. Oggi, in Italia, abbiamo pochissimi critici veramente validi e indipendenti che, purtroppo, non si occupano della letteratura di genere. Quindi non ho nessuno da ascoltare, a parte uno che mi sento di citare perché nel tempo ho imparato ad apprezzare il suo lavoro: Gian Paolo Serino.

Poi ci sono i blog, che però sono gestiti e alimentati da lettori, non da critici, e quindi spesso hanno il valore di una discussione tra amici (a parte fortunate eccezioni). Intendiamoci, l’apporto dei blog non è minimamente da disprezzare, ma va collocato nella sua giusta prospettiva. Su questo discorso, però, non dico di più perché sto preparando un breve articolo.

Progetti?

Sto scrivendo un nuovo capitolo balcanico “top secret” che riporterà in scena alcuni personaggi di Mano Nera, e alcuni racconti per un paio di antologie.