Ho un debito con Sua Altezza Serenissima il principe Malko Linge. Non posso dire che sia stato la mia unica fonte di ispirazione per Il Professionista ma di certo è stato sin da quando lessi la sua prima avventura Le Dossier Kennedy in uno special fuori collana di Segretissimo negli anni ’70, uno dei modelli da cui ho imparato di più.

Soprattutto, quasi senza accorgermene, ho ricavato quella che forse è la formula vincente di questa serie che dal 1965 impera tra quelli che certi schizzinosi critici francesi (che guarda caso sono più guidati dalla politica che dalla qualità nei giudizi) considerano “roi du roman de la gare”, re del romanzo da stazione.

Fiero di esserlo, imperatore del tascabile che ti fa passare tre ore di viaggio in un’altra pelle con emozioni che neanche sogneresti, Gérard de Villiers, prima giornalista, inviato speciale, autore di un paio di romanzi noir (Missione: Si-siou e L’affare Zouzou che tradussi nel 1999 per Estate Spia) alla morte di Ian Fleming fu incaricato dall’editore Plon di scrivere una serie che rimpiazzasse 007 in libreria. Questa almeno la leggenda, anche se credo ci fosse la volontà di emulare anche altri successi economici come OSS117 (Jean Bruce era morto nel 1963 ma la moglie continuava a sfornare un romanzo ogni sessanta giorni) e Coplan di Paul Kenny che da noi non è molto conosciuto ma in Francia faceva furore anche al cinema.

Di fatto il successo di SAS fu non solo di trovare un personaggio affascinate (la spia dagli occhi d’oro, principe austriaco mercenario di lusso della CIA) ma anche di discostarsi dal trend imperante in quel periodo. Il ritmo, il glamour, la tecnologia, restavano perché erano fondamentali, ma mutava il tono delle vicende. Più legate alla cronaca e decisamente meno castigate, soprattutto dagli anni ‘80 in avanti, in concomitanza con lo sdoganamento (in Francia) del cinema X.

     

E così siamo arrivati al numero 200 di SAS che sicuramente leggeremo l’anno prossimo su Segretissimo. La vengeance du Kremlin è, come quasi tutti gli ultimi episodi, scritto da un “ghost” più abile di quelli che l’hanno preceduto.

Altro mistero. Tre o quattro anni fa in una intervista su France 2, de Villiers ammetteva di non scrivere più i suoi romanzi da tempo ma di averne comunque il controllo finale. Stilisticamente non si vede. Il linguaggio è rimasto quello veloce e adeguato di tutta la serie (se mi permettete non un “non linguaggio” come diceva un’esperta del filone che aveva pregiudizi politici contro SAS...) ma l’alchimia delle vicende dopo tanti anni si era un po’ annacquata. Da sei sette episodi a questa parte ho letto dei SAS migliori, forse non belli come quelli dell’epoca d’oro che va dalla metà degli anni ’70 agli anni ’90 ma decisamente intriganti.

       

È vero che da questo duecentesimo numero mi aspettavo qualcosa di più, anche se l’ho divorato in tre giorni, il che è un segnale positivo. Il racconto si fa di maggior respiro, SAS è forse meno in scena di una volta ma sono scomparsi quei lunghissimi brani in cui i comprimari... non facevano nulla se non parlare o accoppiarsi senza una vera ragione.

La vicenda riprende un cavallo di battaglia di de Villiers, convinto da tempo che l’avvento di Putin abbia riportato la Guerra Fredda in primo piano. Già da Il giorno della Ceka (Segretissimo n. 1500) abbiamo visto un riproporsi dei servizi segreti russi in fase molto aggressiva. Qui si riprendono alcuni elementi di Polonio 210 (Segretissimo SAS n. 11) che trattava del caso Litvinenko per lanciare una nuova offensiva della nuova SMERSH sul suolo britannico.

Un oligarca nemico di Putin viene trovato suicida e Malko è incaricato di scoprire se davvero la depressione ha avuto l’ultima parola nella sua vicenda oppure si tratta di una konspiratskia russa a base di veleni e disinformazione. Torna Londra quindi, ma anche Tel Aviv e infine Mosca che ospita forse il frammento più riuscito del romanzo, con Malko bloccato in città.

Un uso magari un po’ eccessivo di veleni e l’assoluta mancanza d’azione si fanno perdonare con un ritmo sostenuto. Tornano personaggi amati come Gwyneth Robertson e il cattivo Rem Tolkachev. Il bel colpo d’ala sta nel coinvolgimento britannico nell’azione, particolare che non vi svelo benché sia chiaro sin da principio.

     

Un autore e le sue girls - Gèrard de Villiers circondato dalle sue modelle, festeggia i 40 del suo personaggio in un prestigioso volume fotografico illustrato da Thierry Vasseur
Un autore e le sue girls - Gèrard de Villiers circondato dalle sue modelle, festeggia i 40 del suo personaggio in un prestigioso volume fotografico illustrato da Thierry Vasseur
Un bel romanzo che supporta le giuste aspirazioni dell’autore a passare in serie A come la pubblicazione americana in hard cover di alcuni dei suoi romanzi doppi estivi (l’esordio è stato La via di Damasco, Segretissimo SAS nn. 67 e 68, ma ne sono previsti altri cinque) lascerebbe pensare. Di particolare interesse sono alcuni articoli scelti dall’autore che accompagnano la carriera del suo eroe. Le interviste sui rapporti con i servizi segreti francesi, la chiaroveggenza che gli permise di anticipare situazioni come la crisi di Grenada, le ragioni per cui nell’ideale giro del mondo di SAS la Francia è esclusa.

Il tutto si conclude con una nota vagamente amara. In uno degli articoli, a proposito della consacrazione americana, si parla anche della morte. De Villiers ha 83 anni, si dice, e parla con orgoglio di come si sia ripreso dal malore cardiaco che lo ha colto nel 2010 al ritorno da un veglione di Capodanno, ma parla malvolentieri della sua chemioterapia...

Il principe Malko invece continua imperterrito a spezzare cuori ed esibirsi in acrobatiche performance sessuali, malgrado nel 1965 avesse 40 anni e 20 di servizio nella CIA, ma questo è il suo mondo... quello che i lettori amano e che non si vergognano di comprare in stazione per trascorrere qualche ora di puro intrattenimento immedesimandosi in un eroe senza tempo.