2. Oscuri salvatori

Il momento era arrivato. La killer non aveva confessato, e ora sarebbe stata trasferita al carcere di San Vittore; come da programma; come era stato annunciato da quel nugolo di programmi televisivi che si erano avvicendati sull’arresto di Serena Bonita, l’inafferrabile super-killer che da anni si vendeva al miglior offerente infestando le strade d’Italia.

In meno di ventiquattr’ore tutti sapevano tutto di Serena Bonita, delle sue tecniche e di come aveva sempre eluso la polizia e le forze dell’ordine.

Ma ora basta! L’incubo era finito!

L’orario di trasferimento di Serena Bonita non era filtrato, ma il Commissariato era sotto assedio: fuori dal portone, un nugolo di giornalisti, armati di macchine fotografiche cineprese e microfoni, bloccavano l’accesso. Era impossibile arrivare al cellulare che avrebbe trasportato la killer senza passare attraverso quella muraglia.

Il commissario Cordieri era alla testa della scorta. Seguiva Serena Bonita, con le mani ammanettate dietro la schiena, sospinta da due agenti che la tenevano per le braccia, e a seguire altri due agenti che chiudevano la fila. In tutto cinque poliziotti. Più altri due, nell’abitacolo del cellulare, protetti dalla rete metallica.

I poliziotti fendettero la barriera umana, surclassando domande microfoni e cineprese. Salirono con la killer sul cellulare, chiusero il portellone posteriore, e partirono. Il commissario Cordieri, di fronte a lei, stava sorridendo; ma lo sguardo di Serena era torvo.

Si allontanarono dal distretto lentamente; compirono due rettilinei e due curve prima di fermarsi ad un semaforo rosso, in prossimità di un incrocio.

Cordieri, con la sua chierica di capelli castani tagliati corti, sorrise ancora di più. Finalmente Serena Bonita, che durante l’interrogatorio aveva persino tentato di farsi passare per Elena Fox, sarebbe finita in prigione!

Il semaforo diventò verde, e il veicolo ripartì.

Era in mezzo all’incrocio quando un furgone piombò da sinistra centrandolo sul cofano: il cellulare sbandò, andando a sbattere di lato contro un’auto parcheggiata.

Ne seguì una serie di stridenti frenate, testacoda, e tamponamenti a catena.

Il furgone si fermò quasi a lato del cellulare; il portellone destro si spalancò, ed eruttò fuori un commando di cinque uomini col viso coperto da calze di nylon, armati di mitra. Due di loro iniziarono a sparare all’impazzata contro la fiancata del cellulare, costringendo Serena e i poliziotti a gettarsi a terra, mentre gli altri tre si dedicarono al portellone posteriore, facendo saltare le serrature con una raffica di proiettili.

Uno di loro entrò, afferrò la donna per un braccio, e la strattonò fuori.

I cinque uomini e la donna risalirono sul furgone, che ripartì con uno stridio di gomme.

3. La Leggenda del Male

Alla guida della sua auto, Elena Fox lanciò uno sguardo interrogativo a Mister Noir. – Che c’è? – disse, con il suo distintivo tono solare che l’accompagnava sempre.

– Stavo pensando a Serena Bonita. C’è lei dietro a tutto questo. –

– Già. Serena Bonita. – Elena rise. – Che nome assurdo per una killer!… Scommetto che nemmeno al tuo biografo, per quanto scriva racconti assurdi, verrebbe mai in mente di appioppare un nome del genere ad una killer! –

– Io non ci scommetterei! –

– Comunque, per fortuna, ora è in prigione. –

Il cellulare di Mister Noir cominciò a lampeggiare sul supporto attaccato al cruscotto. Elena premette il vivavoce. – Sì? –

– Mr. Noir, Elena, mi sentite? – Era Cordieri, ed era agitato. – Serena Bonita è fuggita! –

– Che rima! – esclamò il detective.

– Come? –

– E Lei, come sta? – intervenne premurosa Elena Fox.

– Io sto bene, grazie. Stavamo trasportando Serena Bonita col cellulare, ci è piombato addosso un furgone, e un commando l’ha portata via. Ho già avvertito il giudice Anioni. –

Ok! Ora basta! Se Serena Bonita ce l’aveva con Guido Stagni bisognava agire in fretta!

Ad un cenno di Mr. Noir, Elena aggiunse: – Ha fatto bene, ma pensiamo che altre persone siano in pericolo. Ora veniamo in commissariato e le spieghiamo –.

Mister Noir non lo sapeva, ma, per venire a capo di quella faccenda, avrebbe dovuto usare tutto il suo intuito.

Seduta sull’asse del furgone, in compagnia dei cinque uomini che l’avevano liberata, Serena aveva uno sguardo ancora più fosco. Non c’erano finestrini, e il vetro oscurato che separava l’abitacolo impediva di vedere comunque all’esterno.

– Dove stiamo andando? – chiese con tono cupo.

– Niente domande. Quando arriveremo, lo saprai. –

La gratitudine non era una dote che apparteneva a Serena, e se avesse avuto le braccia libere li avrebbe stesi tutti, e si sarebbe buttata giù dal furgone in corsa, fuggendo.

Nel suo ufficio, seduto alla scrivania, con i gomiti appoggiati al tavolo e la testa sulle mani unite a dita incrociate, il commissario Cordieri ascoltava con attenzione i due investigatori privati e la teoria per cui la killer sarebbe stata l’artefice delle presunte telefonate minatorie a Guido Stagni, provocandone la fuga.

Erano presenti anche un agente e il giudice Anioni.

Cordieri si gettò all’indietro, appoggiandosi allo schienale della poltrona. – Serena Bonita sarebbe interessata a eliminare questo Guido Stagni? Ma se fino a ieri era impegnata a dare la caccia al giudice, perché ora sarebbe interessata a perseguitare un pover’uomo rintanato in una cascina a Castelletto Ticino? –

– Questo bisognerebbe chiederlo a lei! – esclamò serafico Mister Noir.

Il commissario sbiancò. Se Mr. Noir aveva ragione, ora la killer stava andando verso la cascina!

– No, non sta andando lì – disse il detective, leggendogli nel pensiero. – Ci sono delle regole da rispettare. Serena Bonita, detta La Cacciatrice, avverte tre volte le proprie vittime: la prima è per atterrire, la seconda è per confermare, la terza è per iniziare. Solo dopo la terza telefonata, la vittima predestinata può, e deve, fuggire di casa tentando di raggiungere la polizia, senza mai toccare un telefono, tornare a casa, o oltrepassare i confini cittadini. Se non si rispetta anche solo una di queste regole, la vittima viene eliminata all’istante. Ovviamente nessuna preda di Serena Bonita è mai riuscita a cavarsela, tranne… – Si fermo in sospeso, per vedere se Cordieri era preparato.

– …Tranne quando voi due avete seguito il caso Giuffrida! – concluse il commissario. – Comunque, ora la nostra priorità è proteggere il giudice. Non c’è alcun motivo per pensare che non ci riprovi. Non dimentichiamo che Bonita è la Leggenda del Male. Il tuo stesso resoconto lo conferma –

– Sì, una Leggenda con le sue regole. Lei dà la caccia alle sue vittime solo quando ha contratti in piccole città, dove può tenere tutto sotto controllo; ma se ha un lavoro da svolgere in una grande metropoli, non perde tempo in telefonate minatorie e cacce: uccide e basta, lasciando tre rose nere come firma. –

– E le minacce al giudice Anioni, come le spieghi? –

– Le lascio spiegare a voi; dovrete pur guadagnarvi lo stipendio, in qualche modo! – Sorrise. – Comunque, sicuramente Bonita lavorava per conto proprio, non su commissione: non avrebbe mai rischiato di mandare all’aria il contratto mettendo il giudice all’erta, minacciandolo. –

Indice delle puntate del racconto Caccia alla Cacciatrice

1. rubriche/8825 (dal 2-11-2009)

2. rubriche/8826 (dal 3-11-2009)

3. rubriche/8827 (dal 4-11-2009)

4. rubriche/8828 (dal 5-11-2009)

5. rubriche/8829 (dal 6-11-2009)

La presentazione di Mister Noir di Sergio Rilletti è in rubriche/8901

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