Abbiamo incontrato Fabio Novel – scrittore, saggista e curatore di antologie AAVV quali Legion e Noi siamo Legione – per parlare del suo ultimo romanzo: il thriller, nero ed esotico, Sangue Khmer.

TM: Ciao Fabio. Dirti “benvenuto su ThrillerMagazine” ci suona un po’ strano, visto che sei di casa.

FN: Un caro saluto a ThrillerMagazine e ai nostri lettori. Sì, è vero: mi sento proprio a casa, qui: dalla nascita di TM, nel 2004, e per la successiva decade ho sfornato una notevole quantità di notizie, recensioni e interviste per il nostro canale. Purtroppo, mea culpa, da un paio d’anni i miei contributi sono diventati piuttosto rari, perché messo alle strette da priorità di lavoro e di vita. Ma, diavolo, nonostante le assenze, mi sento comunque e sempre in famiglia!

TM: Prima di parlare dei tuoi lavori, e soprattutto del tuo ultimo romanzo, partiamo da te: vuoi presentarti?

FN: Sono nato a Trieste, nel 1966: quindi, quest’anno festeggio (uh, si fa per dire) i miei cinquant’anni. Sono un amante delle buone letture e dei viaggi. Di professione, ricopro la funzione HR di Formazione & Sviluppo nella company italiana di una multinazionale.

La mia personalità? Non voglio annoiarvi. Se proprio siete curiosi, provate a cercare in internet cos’è un INFJ secondo il test MBTI. Diciamo che vi aiuta ad inquadrare il tipo.

Leggo sin da quando ho memoria e inizio a scrivere storie, grezze ma compiute, nella prima adolescenza, alcune nelle quali finiscono nella modesta ma generosa galassia delle fanzine nazionali, quando il web era ancora fantascienza. Il mio esordio professionale in libreria risale al 2002, con lo spy/SF thriller Scatole siamesi, pubblicato dalla Nord, romanzo da qualche anno disponibile in ebook, per Delos.

Come narratore, mi piace spaziare su più generi letterari. O anche metterli in gioco insieme, se opportuno.

Ho pubblicato per case editrici quali Mondadori, Nord, Curcio, No Reply, Delos Books, Milano Nera e Delos Digital, e partecipato a svariate antologie AAVV.

Con Scatole siamesi sono stato finalista al Premio Solaria della Fanucci nel 2000, e poi con la sua edizione Nord al Premio Italia per il fantastico nel 2002 e 2003. Sono stato due volte tra i premiati del concorso per micro-racconti a tema “Parole per strada”, nel 2012 e nel 2013.

Ho firmato articoli per riviste, manifestazioni letterarie e saggi, tra cui mi fa piacere citare il DizioNoir curato dal nostro Mauro Smocovich. Ho collaborato con testate on line come ThrillerMagazine, FantasyMagazine,  Fantascienza.com, SherlockMagazine e il Blog ufficiale di Segretissimo.

Per la Mondadori, ho curato due antologie AAVV di spy fiction italiana, la prima (Legion) pubblicata nel 2008, la seconda (Noi siamo Legione) nel 2015.

TM: Sangue Khmer, uscito a metà gennaio nella collana Odissea Digital, è il tuo ultimo lavoro pubblicato. Possiamo dire: finalmente un nuovo “romanzo”?

FN: Potete dirlo, eccome! Lo penso e dico io per primo. Questo è il mio secondo romanzo completato, dopo Scatole siamesi. Ne è passato di tempo. Non sono rimasto fermo, in tanti anni, e di cose ne ho scritte e pubblicate, ma mi sono orientato sugli aspetti saggistici o divulgativi e soprattutto sulla narrazione breve, che devo ammettere è una dimensione che mi ha dato soddisfazioni. Un lavoro lungo, un romanzo, però latitava. E lo sentivo necessario. In effetti, vivo ogni mio lavoro con molta intensità e cura, ma mentre per i racconti ho tempi di scrittura normali, per un romanzo il percorso di maturazione è sempre molto lungo e articolato, per me. Sotto certi aspetti, sofferto. Con più passaggi di tempra. Ma alla fine gratificante. Anche se, lo sottolineo, sta ai lettori il giudizio.

TM: Di cosa parla Sangue Khmer?

FN: Faccio il pigro e copio/incollo la sinossi ufficiale!

“Phnom Penh, 1992. La Cambogia è un paese piegato da conflitti e follia: ha pagato caro lo scotto del Viêt Nam, del genocidio polpotista, della guerra civile. È una nazione distrutta, che deve rinascere. Dalle macerie dello spirito prima che dei luoghi. Da un anno, è operativa la missione UNTAC: più di ventimila uomini tra caschi blu e funzionari, peacekeepers che dovrebbero garantire il disarmo delle fazioni in lotta e il regolare svolgimento delle previste elezioni democratiche.

È in questa terra intrisa di sangue, rianimata da una forzata speranza per il futuro, che Tia Liliek, una giovane in fuga dal rimorso e dalla depressione, cerca riscatto in un progetto ONG. Il volontariato pare risollevare l’animo della ragazza. Soprattutto, si affeziona all’orfana Peuw, al punto da considerare le possibilità legali di un’adozione.

Ma Peuw viene trovata morta in un vicolo della capitale. Seviziata, imbellettata come una prostituta, con la testa infilata in un sacchetto di plastica nera.

Chi sia stato non importa a nessuno, le priorità cambogiane e delle NU sono ben altre. Ma Tia esige giustizia. Scopre così che Peuw non è la prima vittima di quello che potrebbe essere un serial killer pedofilo. Con l’aiuto di alcuni amici e di Marco D’Angelo, un brigadiere dei Carabinieri distaccati alla Polizia Civile dell’UNTAC, promuove un’inchiesta sull’assassino. Perché le famiglie delle vittime si chiudono nell’omertà? Perché la polizia locale non vuole investigare, nemmeno dietro pressioni? Perché la DGSE, lo spionaggio francese, s’interessa della faccenda? Perché la CIA muove le sue fila, nell’ombra? E, soprattutto: chi uccide?

Purtroppo, qualcuno copre l’omicida, rendendo le indagini non solo impossibili e pericolose, ma addirittura letali.

La strada per la verità si rivelerà lunga e imprevedibile. E, alla fine, ci sarà posto solo per un’amara vendetta.”

TM: A quale genere narrativo appartiene Sangue Khmer?

FN: In letteratura, i tag di genere servono a dare un’informazione e una direzione al lettore e a chi gestisce i libri, cioè editori, distributori, biblioteche, ecc. Però spesso un’opera narrativa può essere di difficile collocazione, o piuttosto ascrivibile a più generi. È il caso anche di Sangue khmer, che è insieme un thriller, una spy story, un noir e narrativa ad ambientazione esotica.

I vettori thrilling sono canonici. C’è un killer seriale. Ci sono le vittime, l’investigazione, e ovviamente un colpevole da individuare. Ci sono diversi protagonisti, ognuno con una sua storia, una sua personalità. Tra questi, secondo i crismi del whodunit, vari sospettabili. C’è una causa scatenante per la brutale catena di omicidi che vede vittime delle bambine cambogiane. Non manca la sorpresa finale.

Gli appassionati di spy fiction gradiranno i retroscena geopolitici, gli affari sporchi dello spionaggio, e alcuni circostanziati momenti action.

Agli amanti del noir piaceranno i crudi scenari esotici, tra bar, bordelli, poliziotti corrotti, expats dal passato oscuro… E la storia sbagliata della protagonista, con un’imprevedibile evoluzione.

TM: I personaggi?

FN: Come necessario in una crime fiction di questo tipo, gli attori sono svariati. Alcuni veri protagonisti, altri comprimari, altri “obiettivi di cartone” (finti bersagli dell’indagine), altri infine semplici (per modo di dire) comparse.

Tia Liliek è comunque la protagonista di punta, con la sua caparbietà, la sua impulsività, il suo terribile fantasma personale, le sue certezze e i suoi dubbi, la sua bisessualità, la sua capacità di morire e rinascere. Più dura, più cinica. Diversa. Profondamente diversa. Eppure, ancora fedele almeno ad alcuni principi.

Tra gli altri personaggi, i principali sono Marco D’Angelo, un carabiniere assegnato alla CIVPOL (il ramo della Polizia Civile della missione UN in Cambogia); Thomas Franchi, avventuriero australiano con il viso di James Woods; Donald Weir, console onorario e probabile uomo da affari loschi, dietro il suo sorriso affabile, Somaly Klod; giovane cambogiana, timida ma sveglia, di cui Tia s’innamorerà; Pietro, un simpatico cuoco, con qualche segreto da expat in fuga; e vari altri.

TM: Qual è il punto di forza principale del romanzo?

FN: Voglio sperare abbia più di una singola qualità. Ho lavorato con attenzione su vari aspetti, per soddisfare più di una aspettativa. Come detto, ci sono più generi presenti. È una vicenda raccontata con emozione. I personaggi sono curati. Però, se proprio devo sottolineare un punto prima di altri, allora direi l’ambientazione. Che rientra decisamente nel novero dei protagonisti principali di Sangue khmer. In questo romanzo, la Cambogia non è solo una location esotica, davvero. I semi del libro furono piantati già nel 1992, quando per la prima volta misi piede in Cambogia, proprio durante un difficile e massiccio intervento di peacekeeping delle NU, in una nazione profondamente ferita e incerta. Fu uno dei miei viaggi più formativi, anche e forse soprattutto dal punto di vista emotivo.  Scrissi già allora una bozza di idea narrativa, e soprattutto raccolsi tante percezioni, sentimenti, scene, situazioni reali, dialoghi veri, persone incontrate e note quasi reportistiche. Archiviai il tutto, in attesa di metterci le mani. E passò un bel po’ di tempo, prima che lo facessi davvero, anche sulla scorta di un attento approfondimento su libri e testimonianze.

Il romanzo si svolge per buona parte a Phnom Penh e provincia, tra l’agosto del 1992 e la primavera del 1993. Nella seconda parte, ci si sposta prima in Thailandia, nel 2003, a Phuket prima e a Bangkok poi, quindi si ritorna a Phnom Penh, per spostarsi infine a Siem Raep e Angkor Thom.

TM: Hai dei consigli di lettura da dare a chi, magari incuriosito e appassionato da Sangue khmer, volesse conoscere qualcosa in più della realtà khmer descritta nel romanzo?

FN: Oh, ci sono vari libri interessanti, parte dei quali mi sono stati utili nella stesura del romanzo. Mi limiterò a citarne alcuni solo questi, partendo dalla non-fiction.

Innanzi tutto Il racconto di Peuw, bambina cambogiana, di Molyda Szymusiak. Lo lessi alla fine degli anni 1980. È la testimonianza dei travagli di una bambina cambogiana, che sopravvive agli anni del terrore polpotista. Sia in italiano che in altre lingue, inglese e francese soprattutto, si possono trovare altre di queste testimonianze dirette, di sopravvissuti. Il ricercatore François Bizot ci racconta la sua Cambogia e la sua prigionia sotto i Khmer Rossi nel particolareggiato Il cancello. Consiglio poi Fantasmi. Dispacci dalla Cambogia, di Tiziano Terzani, e Danzando in Cambogia, in Estremi orienti, di quel grande autore che è Amitav Ghosh. Tra quanto di saggistico troviamo disponibile solo in inglese, mi sento in dovere di citare Off the rails in Phnom Penh, di Amit Gilboa, perché mi è stato d’ausilio per migliorare il secondo set di Sangue khmer, quello che si svolge nel 2003.

Sul lato fiction, i primi titoli che mi vengono in mente sono Black heart, di Eric van Lustbader, purtroppo non tradotto in Italia (e non ho mai capito perché, visto che negli anni ’80 l’autore era un puntuale bestsold anche da noi, e tutto il resto della sua narrativa era stato tradotto). Per chi invece volesse limitarsi ad una lettura più immediata e leggera, ci aggiungo anche lo spionistico SAS: Soluzione rossa di Gérard de Villiers, scritto nei primissimi anni ’90; non sarà un pietra miliare della narrativa, ma resta un valido esempio di spy story documentata ma ad alto ritmo. Ci sono affezionato perché fu il primo della serie SAS, in Italia pubblicata da Segretissimo, che lessi.

Mi permetto inoltre di suggerire anche almeno un paio di film: Urla nel silenzio, di Roland Joffé, che a metà degli anni ’80 fece conoscere al mondo ciò che era successo in Cambogia, almeno in parte, e City of Ghosts un signor noir esotico con Matt Dillon alla regia, oltre che protagonista, al fianco di James Caan, Gérard Depardieu e Stellan Skarsgård.

TM: Il legame con l’Oriente è estremamente presente nei tuoi lavori. Gli esempi più evidenti sono, oltre a Sangue khmer, il romanzo Scatole siamesi e il racconto lungo Phuket inferno.

FN: Come ho già ribadito in altre interviste, considero i viaggi giovanili come la mia università. E, restando in metafora, la facoltà che ho frequentato (non unica, beninteso, ma certo la principale in assoluto) è stata quella del Sud Est Asiatico. Inoltre, ad un certo punto, ci ho trovato pure la compagna della mia vita.

È inevitabile quindi, e anche giusto, che una parte rilevante della mia produzione creativa sia influenzata da ciò.

Scatole siamesi è un romanzo scritto alla fine degli anni ’90 e nella prima edizione pubblicato dalla Nord ad inizio 2002. Anche se risente di un certo gusto dell’epoca e si basa su proiezioni futuristiche e geopolitiche fatte allora (di cui alcune ben azzeccate), scopro con piacere che diverte anche i lettori nuovi. C’è tanta Thailandia dentro, sì, ma anche tutta la mia passione per la SF, e poi ci trovi hard boiled e spionaggio di matrice avventurosa, con echi del Budayeen di George Alec Effinger, di Blade Runner, dell’Eric van Lustbader prima maniera, quello di titoli irripetibili come Quattro pezzi di giada, Shan, Il bacio che uccide… Ma è anche una storia che parla di amicizia, di sentimenti e passioni, di paternità.

Phuket inferno è invece un racconto scritto nel 2010 per L’ombra della morte, una bella antologia AAVV curata per la Curcio da Angelo Benuzzi e James C. Copertino. Una storia che, partendo dal terrorismo autonomista attivo nella Thailandia meridionale, e attraverso le vicende di un expat che si ritrova coinvolto in un attentato, ci riporta a valutazione più ampie. Tra l’altro, nel racconto configuravo azioni terroristiche coordinate a luoghi turistici internazionali non dissimili a quanto purtroppo accaduto, anche l’anno scorso. Un’edizione riveduta di Phuket inferno è disponibile in ebook dal 2015, nella collana Delos Crime.

TM: Cosa ne pensi del digitale?

FN: Un’opportunità sotto vari aspetti. Lo dico sia da lettore che da autore.

Se mi chiedi se, come lettore, preferisco leggere su carta o su dispositivo, ammetto serenamente che continuo a leggere con molta più scorrevolezza, piacere e intensità il libro cartaceo, ma immagino che ciò sia in parte dovuto all’abitudine e in parte soggettivo, con aspetti emotivi e cinestesici che mi rendo conto possono anche lasciar perplesso o far sorridere chi guarda essenzialmente al pratico, ma che fanno parte delle caratteristiche di personalità. Ad ogni modo, mi trovo a mio agio anche con l’e-reader, che uso con buona costanza. Meno bene invece con le app di lettura dello smartphone e lo schermo piccolo, che però comunque mi salva in tutte le situazioni in cui mi ritrovo in situazioni di attesa e (stranamente) non ho un libro con me.

Come autore, individuo nel digitale due grandi aspetti positivi. Il primo è il self publishing, che, pur avendo delle criticità di cui tener conto (come il proliferare di un’offerta spesso non adeguatamente curata, anche a discapito di testi a volte di valore, e la confusione che può generare un numero così elevato di titoli proposti), rimane un’opzione di grande libertà, e un’alternativa pure per testi di nicchia, che non avrebbero possibilità sul mercato editoriale canonico. Certo, è determinante che l’autore self curi al meglio gli oneri che derivano nel rapportarsi direttamente con il lettore, come una seria correzione delle bozze, l’aspetto grafico e la qualità del formato digitale scelto.

Ma, soprattutto, dell’ebook è fantastico il fatto che finalmente, anche attraverso editori seri, il mercato si apre anche all’universo dei racconti, che sinora erano stati castigati nelle poche possibilità offerte da antologie generalmente tematice e da riviste di settore.

Per quel che mi riguarda, oltre ai contratti editoriali prima con MilanoNera e poi con DelosDigital, ho scelto di utilizzare in parallelo il canale “indie”. Si possono (ri)trovare così alcuni racconti già pubblicati e liberati da diritti editoriali (il fantasy “Il raccolto”, il western noir “L’uomo che uccise Texas Jones”, il drammatico “Fiori per Diana” e altri), e due inediti di nicchia: una silloge poetica (“1987-1992”) e il divertissment umoristico “Il Vate dell’Eros”.

TM: Progetti presenti e futuri?

FN: È un periodo della mia vita molto intenso, che ahimè non mi lascia grandi margini di manovra, in termini di tempo libero… Ma se togliermi la lettura è togliermi il sangue, privarmi della scrittura diventa in parte impedirmi di respirare. Quindi qualcosa che mi tenga vivo in tal senso per fortuna me la creo sempre, anche se con qualche affanno. Al momento, sto cercando casa ad un racconto drammatico, ambientato in Mali, che doveva far parte di un gran bel progetto antologico di qualità, purtroppo naufragato per mancata ricettività editoriale. Poi, voglio assolutamente rivedere in modo definitivo ed entro l’anno un romanzo storico fantastico che mi accompagna da sempre, una creatura che è ora che lasci il padre.

Nel frattempo… be’, se qualcuno di voi editori o curatori che mi state leggendo volesse coinvolgermi in qualche progetto antologico, mi trovate pronto! 

TM: Grazie Fabio di essere stato con noi…

FN: Grazie a voi. E grazie a tutti i lettori che mi hanno dato o che mi daranno fiducia. Vi invito a venirmi a trovare in Facebook, sia sulla Pagina Autore che sul mio profilo personale, per lasciarmi opinioni e commenti.

Buona lettura!

Link utili:

http://delos.digital/autore/294/fabio-novel

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