Opera prima dello scrittore ligure Orso Tosco vincitore del premio Scerbanenco nel 2024.

L’azione si svolge alternativamente fra i paesi delle Langhe, luoghi dell’indagine poliziesca, e la Liguria, buen retiro del commissario Bova, detto Pinguino, per la sua mole non proprio aggraziata. Il commissario nelle Langhe nutre qualche vizietto: gli piace il vino, per non parlare del cibo e quattro volte al mese assume sostanze che sarebbero vietate dalla legge. Tutti metodi per tenere al guinzaglio la depressione strisciante. Si fa cenno a una disgrazia accaduta a una donna molto amata, senza specificare cosa sia successo e perché. La squadra è composta da Raviola, con la testa sempre piena di fantasie sessuali su qualsiasi donna giovane entri nel suo spettro visivo, Listeddu, che più cretino non si può, con l’aggravante che non è neppure simpatico, infine Telesca, una donna, l’unica ad avere un po’ di sale in zucca e senso del dovere. Come capite, i personaggi sono tutti molto stereotipati.

La balorda compagnia si trova a indagare sull’omicidio, pieno di simbolismi, di una giovane donna inglese dalla vita un po’ fricchettona.  La trama procede per scene adatte a un fumetto d'avventura d'altri tempi: l'obeso commissario che si arrampica a piedi nudi (!) sulla cima di un albero per lasciarsi poi cadere sopra un fuggitivo magrolino che nell’incidente riporta soltanto qualche acciaccatura alle vertebre. Si arriva alle ultime pagine e nel lettore rimangono tanti interrogativi e non di poco conto.

L’abitudine in molti autori di creare “ganci” per i futuri romanzi fa, in certi casi, rimanere incompiuta la storia che si sta leggendo, con notevole delusione da parte del lettore che si aspetta che tutti i tasselli del puzzle poliziesco vadano al loro posto per delineare un’immagine chiara. Qualsiasi romanzo è un'opera compiuta in sé, come sapeva bene Camilleri che ha "sfruttato" il suo personaggio per decenni completando ogni volta impeccabilmente la trama.