Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente

La mia scrittura nasce quasi sempre di notte. È nelle interminabili ore segnate dall’insonnia che i miei personaggi osano rompere il silenzio, bussandomi alla porta del cervello, suggerendo, pregando – e talvolta anche ordinando – di dar vita alle loro storie sulle pagine di un nuovo romanzo o di un racconto. Il giorno dopo, non posso far altro che sedermi alla scrivania e incominciare a narrare quello che essi stessi mi hanno suggerito. Mentalmente, una volta varcato il confine fra realtà e finzione, mi ritrovo a tu per tu con i miei personaggi, immersa nel loro mondo e impegnata a dar voce ai loro desideri più nascosti nonché alle loro più oscure pulsioni. Da quel momento, ogni volta che mi metto a scrivere, non posso fare a meno di condividere i loro stati d’animo e di partecipare alle loro vicende personali. Con la consapevolezza che, una volta che si sentiranno esseri reali, non mi apparterranno più perché vivranno ormai di vita propria.

Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini?

Per scegliere le mie vittime e i miei assassini non ho bisogno di attingere a situazioni e ambienti fuori dall’ordinario. Di solito, si tratta di individui che vivono la loro esistenza quotidiana nascosti dietro la maschera di un’apparente normalità. Non a caso, succede spesso che alcuni fra i miei lettori si riconoscano in loro o che i miei amici si ritrovino inaspettatamente immortalati, con i loro tratti sia fisici che caratteriali, nelle pagine di un racconto o di un romanzo.

Qual é il tuo modus operandi?

Il “modus operandi” non è sempre lo stesso, ma per ogni nuova “creatura” che mi viene in mente seguo dei passaggi obbligati che sono comuni ad ogni storia: una volta delineati i personaggi e una traccia della trama, procedo con una scaletta destinata ad essere completata, stravolta o addirittura sostituita, via via che procede il racconto. Infatti, se la mia scrittura può sembrare istintiva e “di getto”, ammetto che, dopo l’iniziale fiume di parole, ogni capitolo è sottoposto ad una rigorosa revisione, sia per quanto concerne il mezzo linguistico che la coerenza del contenuto. In questo senso, sto imparando ad essere più attenta e rigorosa. O almeno ci provo. Senza contare che il genere che prediligo, ossia il giallo comico, esige un’alternanza di registri linguistici che occorre misurare e modulare in maniera armonica ed equilibrata.

Chi sono i tuoi complici?

I miei complici sono tutti quelli che mi leggono e che, loro malgrado, ispirano le vicende che racconto. Mio marito Giuseppe, che legge ed esamina la prima stesura, non manca mai di rilevare incongruenze o imprecisioni; successivamente tocca al ristretto gruppo di quelli che chiamo i miei “pre lettori”, ossia alcuni amici, i quali, da appassionati lettori quali sono, si incaricano di “fare le pulci” al mio testo. Finalmente, dopo che quest’ultimo è passato sotto la loro lente critica, posso incominciare a pensare di pubblicarlo, ritenendomi spalleggiata da un nutrito manipolo di complici onesti e professionalmente affidabili.

Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici? Avanti, parla!

Ovviamente, tengo molto al giudizio dei lettori, con i quali intrattengo un fitto dialogo, sia di persona che attraverso i social. Devo dire che la gratificazione maggiore viene da quelli che, non essendo lettori abituali, mi dicono che i miei libri non li annoiano e che, anzi apprezzano la piacevole compagnia dei miei personaggi. Sono contenta quando riesco a intrattenere il lettore con un briciolo di leggerezza e – perché no? – a invitarlo a riflettere anche sui vari aspetti della vita. Il tutto evitando rigorosamente i toni predicatori.

Che messaggio vuoi dare con le tue opere?

Con le mie storie non ho alcuna pretesa di lanciare messaggi salvifici o di suggerire strategie volte a redimere l’umanità. Mi limito semplicemente ad osservare i miei simili, con particolare attenzione ai loro sentimenti e alle loro azioni. Naturalmente, come la penso si evince da quello che scrivo, tanto che spesso i miei personaggi esprimono convinzioni, speranze e contraddizioni che sento anche mie. Questo perché sono fermamente convinta che uno scrittore abbia non solo il compito di divertire ma anche la responsabilità di mettere in luce taluni aspetti dell’animo umano che troppo spesso hanno assai poco dell’umano.