Nella ricerca disperata della pepita d’oro nell’inesauribile miniera del noir scandinavo e svedese in particolare, la Mondadori, che in questo settore sta rincorrendo affannosamente i concorrenti, in special modo Marsilio e Guanda, offre non solo un’opera prima di un quarantacinquenne svedese, ma anche pubblicata in lingua originale in tempi ravvicinatissimi. Un tentativo di sorprendere sul loro stesso terreno i rivali che schierano nelle loro squadre campioni del calibro di Mankell o Stieg Larsson e Nesser?

Questo thriller sembra però condensare nelle sue 400 pagine molti pregi e difetti della produzione nordica di quest’ultimo periodo, quella, per intenderci, che ha invaso le nostre librerie.

Chi ama il Grande Nord con i suoi paesaggi scabri, a volte duri, spesso deserti anche quando la vita  scorre a pochi passi, troverà in questo romanzo quasi interamente ambientato nell’isola di Öland, in un autunno freddo e abbandonato dai turisti, un significativo esemplare: il tavoliere calcareo dell’isola, con la sua avara vegetazione, coi suoi paesini ormai immemori del passato operoso marinaro e ora proiettati instabilmente sull’industria del turismo estivo, con i suoi abitanti dal carattere spiccio, con il profilo modellato dai venti e dalle onde fredde del Baltico, offre uno sfondo perfetto alla dolorosa storia della scomparsa del piccolo Jens, nel lontano 1972, mentre un’insolita coltre nebbiosa copriva l’isola.

Chi viceversa lamenta nei noir svedesi una certa lentezza, un inutile soffermarsi su particolari secondari, un raggelare il ritmo pur di condurre per mano il lettore tra i meandri della storia, ecco, qui avrà un perfetto esempio da sconsigliare agli amici di letture più cari.

A chi piace il grande gioco delle maschere e gode nello scoprire, al di là dell’apparente rispettabilità dei popoli nordici, appetiti, pulsioni, istinti riprovevoli che li apparentano irrimediabilmente a tutto il restante genere umano al di là degli stereotipi sociali e letterari, troverà alcuni personaggi indimenticabili. A partire dalla famiglia Kant: una madre tesa alla spasmodica difesa del figlio Nils, che ha iniziato la sua carriera criminale facendo affogare in uno stupido gioco suo fratello Alex e che dovrà emigrare da Öland per l’uccisione di un poliziotto; e un ricco zio, che cerca di prendere le distanze da parenti così compromettenti. Ma anche le figure dell’armatore Martin Malm, che ha fatto fortuna in modo misterioso quando i suoi colleghi abbandonavano il mare, e dell’imprenditore Gunnar Ljunger, che sta sfruttando a fondo dal punto di vista turistico gli angoli incontaminati dell’isola, hanno un loro spessore che si rivelerà appieno nel finale sorprendente quanto un giallo classico.

Del resto anche i due protagonisti, il capitano a riposo (in tutti i sensi: è ospitato coi suoi acciacchi di ottantenne in un ospizio, sia pure di un certo livello) Gerlof Davidsson e sua figlia Julia (rispettivamente nonno e madre del piccolo Jens scomparso nel 1972), sono personaggi affascinanti: lui, testardo nel ricercare la verità sul nipote a distanza di anni, con l’aiuto di vecchi amici (uno dei quali verrà pure assassinato) e con la coriacea volontà di superare gli handicap fisici che ne ostacolano i movimenti; e lei, nella sua umanissima rinascita dopo una lunghissima depressione seguita alla morte del figlio e al fallimento del matrimonio, che ritrova i punti di riferimento di tutta una vita: il padre, la “patria” (la mai dimenticata Öland) e l’amore (con chi e con quale modalità dobbiamo purtroppo evitare di dire per non svelare il colpo di scena finale).

Ma gli ipotetici detrattori della nuova vulgata noir potrebbero sottolineare una certa insistente laudatio temporis acti, un’ennesima storia con bambino (per fortuna ci viene risparmiato l’ormai onnipresente pedofilo serial killer), un rassicurante poliziotto di provincia e di mezz’età (Lennart Henriksson, il cui padre era stato assassinato dal giovane Nils Kant), il solito sogno svedese di paesi lontani e caldi; e tuttavia non manca la nostalgia della patria: il romanzo infatti è costruito parallelamente su due piani temporali, il presente e il passato di Nils Kant (che prevede puntate in Sud e Centro America), che si riuniranno nel pirotecnico finale.

Un romanzo dunque che potrebbe servire perfettamente come manuale di ciò che può (o non può) offrire di buono la nuova narrativa d’indagine scandinava ai nostri palati abituati a spezie diverse.

In ogni caso euro e tempo spesi nella lettura non sono sprecati.

 

Voto: 7

Johan Theorin, L’ora delle tenebre, Milano, Mondadori, 2008, “Omnibus” (ed. or.: Skumtimmen, 2007).