La regina dei castelli di carta di Daniel Alfredson,  non soltanto la fine della trilogia Millennium, ma anche quella di qualsivoglia attesa di un colpo d’ala capace di risollevare le sorti di una triplice trasposizione che in termini cinematografici lascia, ora si può dire, esattamente ciò che ha trovato, il che porta a concludere che più l’origine è di successo, al di là dei meriti effettivi, più diventa alto il rischio di appiattirsi sull’originale pur di non scontentare nessuno.

La storia punta dritta verso l’assoluzione dei buoni, con tanto di tribunale a certificare il tutto, e la condanna dei cattivi, con il duo Lisbeth Salander (Noomi Rapace) e Millemium Blomsquivist (Michael Nyqvist) sugli altari, e il marcio dei servizi segreti nella polvere (che fa tanto “ogni mondo è paese”…).

Cosa rimarrà di così poco incanto? Qualcosa sparso qua e là: per esempio un cast molto poco glamour (in là con gli anni e che non teme di mostrare le rughe …) e un personaggio, quello di Lisbeth Salander, capace di trasmettere in quella manciata di minuti che il film le concede (a dispetto della locandina che lascia credere il contrario…) tutta la sua indifferenza unita ad una ragguardevole distanza dal consesso degli uomini.

Ecco, forse ‘sta ultima cosa, una sorta di esilio totale del personaggio dal film che lo riguarda, potrebbe valere una visita…