Per molti aspetti le arti marziali hanno segnato la mia vita. Non perché io sia stato un atleta o un istruttore di particolare valore (anche se la soddisfazione di sentire qualche genitore che, quando arbitravo nelle gare di contatto leggero mi diceva: “Se arbitri tu sto tranquillo”, me la sono presa) ma perché gran parte del mio immaginario creativo è stato filtrato dal mondo delle arti marziali. Che sono una cultura, un’espressione variegata degli uomini e delle epoche in cui si sono sviluppate. Un universo magico, affascinante capace di insegnare, anche a costo di qualche sofferenza. Con il passare degli anni il mio interesse per le arti marziali si è rivolto in particolar modo allo spettacolo e quel cinema che quarant’anni addietro fece battere il cuore a più d’uno di noi. ‘Everybody Was Kung Fu Fighting”, ricordate la canzone? Quando, nel 2003 la Fabbri, mi chiese di curare una collana da edicola in K7 sui film di Kung Fu mi sembrò di coronare un vecchio sogno. La raccolta, benché all’epoca i titoli fossero pochi e nella maggior parte dei casi con master mutilati e malridotti, andò molto bene tanto da essere ristampata e poi riproposta anche se solo per alcuni titoli in DVD. Poi è venuto ‘Dragons Forever’ che mi ha permesso di pubblicare con un amico (il solito K...) in una veste che ancora mi piace moltissimo il libro che avevo scritto qualche anno prima intitolato ‘Bruce & Brandon Lee’. Si trattava di un’opera nuova, aggiornata, e illustrata e, con il successivo ‘E nel cielo nuvole come draghi’ (pubblicato dal Touring e contenente un’ampia sezione dedicata al cinema di Hong Kong) mi sembrava di aver detto tutto. Mai dire mai... in questi anni si sono presentate alla ribalta nuove produzioni, in particolare quella thailandese che hanno rivitalizzato il genere aggiungendovi tecnica, abilità, qualità cinematografiche che nei vecchi master non c’erano.... così quando poco meno di un mese fa Gianluca Varano e Paolo Bottiroli della Gazzetta dello Sport mi telefonarono ricordandosi della mia prima collana per chiedermi se mi andava di fare qualcosa di... definitivo... mi sono messo al lavoro con l’entusiasmo infantile che è il segreto non solo di ogni buon libro ma, alla fine, di tutte le cose. L’idea è quella di offrire al grande pubblico una panoramica completa, nelle migliori condizioni possibili dei film di arti marziali di matrice orientale. Non solo Bruce Lee che, ovviamente, resta il testimonial più potente ed evocativo ma anche Jackie Chan con titoli come ‘Drunken master’ che forse è il suo capolavoro ma è transitato con trent’anni di ritardo e solo di sfuggita nelle videoteche italiane e ‘The Canton Godfather’ che rimane il suo film che amo di più, forse perché c’è la mia adorata Anita Mui.... e vedremo Tony Jaa con la sua carica di esplosiva vitalità senza dimenticare i classici della Shaw Brothers tra i quali spicca la trilogia della ‘36° camera di Shaolin’ diretto da quel grandissimo talento che è Liu Chia Liang che vedremo anche in ‘Mad Monkey Kung Fu’. Ovviamente c’è anche Jet Li che ha saputo far rivivere con i biopic di Ho Huanjia e del maestro Wong Fei Hung, due tra i più celebrati eroi della narrativa popolare cinese. Sì, ‘popolare’ perché al cinema come nella narrativa il mio interesse è per il racconto popolare, amato e diffuso tra persone semplici ma non stupide. Persone che sanno apprezzare l’emozione di un combattimento, una storia ricca di emozioni e ben raccontata e non chiedono altro. Ma, come sempre, quando si parla di arti marziali, c’è sempre qualcosa di più. ‘Un calcio è un calcio e un pugno è un pugno’, diceva Bruce, ma anche: ‘ Non guardare il dito che indica la luna o perderai la celestialità della scena’. Be water, my friend, be water.