Da un’idea della Fondazione San Marcellino, gesuiti genovesi che da anni lavorano con gli emarginati, Pietro Marcello con il suo La bocca del lupo estrae uno strano e affascinante ibrido, qualcosa a metà strada tra un documentario di vita vissuta e un potenziale noir, molto anomalo, raffreddato dalla distanza ma non dai personaggi, Enzo (Vincenzo Motta una faccia che al confronto Charles Bronson è un fotomodello…), quasi una vita in carcere, e Mary Monaco (se stessa), transessuale nonché compagna di vita di Enzo, ma dalla scelta precisa di rievocare la vita dei due attraverso i ricordi, a mente fredda insomma, (camera fissa a riprendere Enzo e Mary che raccontano, che si raccontano…), la cenere anziché le fiamme.

Vincitore della 27ma edizione del Torino Film Festival.

Filmati d’epoca sulla Genova di una volta, voci fuori campo, fotografia sgranata, solo un’ora e dieci mentre si vorrebbe più tempo.