PROLOGO

Gli animali non uccidono mai per piacere, l’uomo

è l’unico per il quale la tortura e l’uccisione di suoi

simili sono fonti di divertimento.

James Anthony Froude

Se il diavolo non esiste, ma l’ha creato l’uomo,

l’ha creato a sua immagine e somiglianza.

Fëdor Dostoevskij

Resterà una traccia della mia esistenza. Come Andrei Chikatilo, voglio lasciare un segno della mia presenza in questo inferno che chiamate vita. Un segno di sangue.

Ogni giorno vedo con disgusto esseri inferiori che si affannano per raggiungere la mediocrità.

Siete morti e non lo sapete.

Io entrerò nella storia.

Tra poco il mondo si accorgerà di me e inizierete a conoscermi.

1.

Come note d’allodola cadute a una a una,

Quando l’ombra del falco oscura il bosco aperto,

Tacciono quelle voci, e restano nascoste

Nell’eccitato moto della nuova paura.

Il biancospino fatato, Ballata dell’Ulster

I primi giorni Majhid si chiedeva come fosse finito lì. In una discarica. A raccogliere l’immondizia della gente perbene. A fare lo spazzino. Li chiamano “operatori ecologici”, ma l’immondizia ha sempre la stessa puzza. Non ha un odore politicamente corretto. E lui si sente un rifiuto tra i rifiuti. I suoi colleghi lo chiamano “il dottore”, perché nel suo Paese, in Marocco, si era laureato in medicina.

Adesso non se lo chiede più. Da molti anni, ormai, cerca di non chiedersi più niente.

Sta sorgendo il sole. Il giro è finito, tra poco tornerà a casa. Accontentarsi. Cercare di apprezzare le piccole cose della vita. Non pensare, si ripete seduto sul camion della spazzatura, mentre il suo collega sta rovesciando l’immondizia nella discarica. Una ruspa sta lavorando dietro di loro, spostando le macerie di chissà quali vite. La sta guardando nello specchietto laterale. Un braccio. È un lampo. Forse un manichino. Scende dal camion e corre verso la ruspa.

«Ehi! Ferma!» grida cercando di sovrastare il rumore dei motori.

«Cosa?»

«Fermati! C’è qualcosa di strano lì sotto.»

Esamina il punto dove gli sembra di averlo visto. Prova a scostare i rifiuti. Eccolo. Sembra proprio un braccio. Lo afferra e lo tira verso di sé. Non ce la fa.

«Fabrizio!»

«Cosa c’è adesso?»

«Scendi un attimo, vieni a darmi una mano! Aiutami!»

L’uomo alla guida della ruspa scende bestemmiando tra i denti e aiuta il suo collega.

«Oh, Cristo!»

Dai rifiuti emerge il corpo di una ragazza.

In pochi minuti la discarica sembra un formicaio. Dopo che Majhid ha chiamato il 113 sono arrivate autopattuglie a ripetizione, scaricando decine di agenti di polizia, un medico legale e un magistrato, il dottor Giuffrida, che sta ancora imprecando tra sé per essere stato buttato giù dal letto. Dal suo alito si capisce che non si è nemmeno lavato i denti, prima di vestirsi.

Alcuni poliziotti della scientifica esaminano il posto poco convinti. Una discarica è il luogo meno adatto in cui trovare tracce. Il corpo della ragazza era chiuso in un sacco dell’immondizia. Se non si fosse rotto per caso, facendo uscire un braccio, non l’avrebbero mai trovato. Sarebbe stato tritato insieme ai rifiuti.

Andrea Caputo, agente scelto senza grandi speranze di carriera, sta pensando a quanti cadaveri possano aver fatto quella fine prima di oggi. Si allontana dalla scena, una mano a grattarsi la testa coronata di capelli neri e crespi. La paura di sentirsi male è più forte della curiosità. Alza gli occhi verso il cielo striato di rosso. Il sole sta per sorgere. Accende una sigaretta ed espira il fumo. Un falco vola in cerchio sopra la sua testa. Caputo guarda l’ombra che proietta sul terreno. Si ricorda di un articolo che ha letto tempo fa. Quando vedono l’ombra del falco, i piccoli animali che ne sono prede si immobilizzano o scappano terrorizzati. Anche se sono appena nati e non hanno idea di cosa sia un falco, sanno che è un predatore, è un’informazione scritta nel loro dna. E allora possono soltanto tentare di fuggire, o restare fermi, sperando di passare inosservati.

Prima di colpire, anche i predatori umani distendono la loro ombra sulle vittime. Le individuano, poi le studiano, le seguono. Difficile che colpiscano a caso, scegliendo la prima persona che incontrano. Ma, a differenza degli animali, gli esseri umani non hanno più queste informazioni nel loro codice genetico, o forse non prestano ascolto alle loro sensazioni. E non hanno scampo.

Caputo getta il mozzicone a terra e ritorna verso la scena del ritrovamento.

La ragazza è stata tolta dal sacco e adesso giace supina tra l’immondizia. È nuda. Dallo sterno parte un taglio che arriva fino al pube. Il suo assassino l’ha sventrata. E ha prelevato gli organi interni.

Il dottor Giuffrida si affaccia oltre le spalle della muraglia umana che si erge intorno alla vittima. Appena vede il volto della ragazza impallidisce. Mette una mano in tasca, prende un fazzoletto di cotone e si deterge un rivolo di sudore che gli sta solcando la fronte a dispetto del freddo della notte.