Caro Francesco, è un piacere darti il benvenuto su ThrillerMagazine.

Grazie a voi per l’invito, essere qui sul vostro Magazine mi fornisce l’occasione per farmi conoscere anche a quei lettori che non masticano fantascienza quotidianamente.

Hai vinto l’ultima edizione del Premio Urania con il romanzo E-DOLL, pubblicato in questo mese di novembre da Urania appunto. Un momento emozionante, immagino...: )

Un momento “unico” nella vita di uno scrittore, un momento che ti ripaga delle notti insonni, dei blocchi insormontabili, delle lotte estenuanti per far emergere uno scritto tra i tanti che meritano attenzione. Ancora stento a credere di essere in tutte le edicole d’Italia. A volte, mi apposto vicino a qualche edicola, faccio due chiacchiere con l’edicolante, pretendo di essere un lettore interessato al mio stesso romanzo, osservo le reazioni di chi lo sfoglia. In fondo agli scrittori piace spiare la realtà, soprattutto quando include se stessi… 

La prima vittoria, ma non la prima volta che sei finalista al Premio Urania, giusto.

Esatto, nel 2004 presentai Antidoti umani, che è giunto in finale. Era la mia opera prima e risentiva della lunghezza tipica di chi vuole dire tutto e troppo, insieme. Sfoltito e rieditato ora è pronto per una nuova pubblicazione. È un testo a cui sono comunque affezionato e senza il quale non avrei avuto l’opportunità di proseguire sul cammino che mi ha portato a e-Doll. 

Antidoti umani ha poi trovato pubblicazione presso un altro editore. Prima di concentrarci su E-DOLL, che ho letto con molto interesse, mi farebbe piacere conoscere qualcosa di più su questa tua opera precedente.

Il romanzo, come ha osservato Sandro Battisti, co-fondatore del movimento connettivista, è senza saperlo un testo “connettivista” nel senso che esplora una realtà futura (ma neanche troppo) interpolando degli elementi quali l’alimentazione, la musica e gli innesti tecnologici che sentivo far parte di un disegno più ampio. Il romanzo parte dalla vicenda personale di due protagonisti, un DJ e una redattrice per poi allargarsi e propagarsi come un’onda su tutto il mondo. Vi sono elementi sociologici, architettonici, filosofici e non da ultimo fantascientifici. La mia attenzione è comunque sempre rivolta al fattore sorpresa e all’elemento di stupore narrativo che i lettori di thriller conoscono bene. La tensione è una parte insostituibile del coinvolgimento, senza il quale chi legge è tagliato fuori dalla storia stessa. In Antidoti umani, questo elemento è un po’ ritardato per lasciare spazio a delle riflessioni a tutto campo sulla forma del futuro che verrà, cosa che invece in e-Doll ho sviluppato da subito, sin dalle prime battute del romanzo.

Veniamo a E-DOLL. Vuoi sintetizzarci tu la trama?

Il romanzo parte come un thriller classico. Donna morta, riversa in una pozza di sangue, ritrovata in una toilette. Da lì però, il percorso prende una direzione inconsueta, poiché gli assassinii di e-Doll assumono un significato sorprendente e le svolte narrative si susseguono frequenti fino alla fine, in un crescendo che mira più a coinvolgere nei fatti della vicenda che a stupire con effetti narrativi costruiti a tavolino. La storia inoltre si arricchisce di una vicenda familiare che riunisce molti dei protagonisti principali in quella che è la seconda linea del plot del romanzo, forse, a mio parere, la meglio riuscita.   

In un’intervista che hai rilasciato a Giovanni Di Matteo (che ricordiamo ti ha preceduto nella vittoria al Premio Urania con il suo Sezione PiGreco, due anni fa) per Delos/Fantascienza.com hai raccontato che ci hai messo un po’ di tempo per scrivere il romanzo...

Sì, soprattutto perché volevo trovare degli spunti originali per trattare  argomenti classici della SF come l’androide/replicante e della narrativa in genere come il sesso/amore. Le ricerche mi hanno impegnato per lunghi mesi di lettura di testi sociologici, filosofici e psicologici. Poi, la stesura del romanzo ha richiesto altri due anni… Ma tutto quel tempo, tutta quella fatica riversata sulle pagine, mi ha portato sin qui. E per uno scrittore di fantascienza (all’epoca non sapevo neppure di esserlo come stento a crederlo tutt’ora) non c’è risarcimento migliore in Italia che vincere il premio Urania Mondadori. Nel 2004 l’ho sfiorato (conservo ancora la lettera della redazione Urania come un cimelio d’inestimabile valore)  e nel 2008 l’ho vinto.

Ho apprezzato molto l’ambientazione moscovita, molto ben curata. Come sei arrivato a scegliere la “rodina” Russia come location di E-DOLL?

È stata la vita a scegliere la mia seconda “patria” appunto. Nell’estate del 2004 affitto una stanza alla periferia di Mosca per circa un mese, poi vado a San Pietroburgo per “scovare” la scenografia più adatta. Lì, le ragazze somigliano molto allo stereotipo di donna algida ma sensuale che avevo in mente per il romanzo. Poi in inverno, tramite internet, conosco Elena che diventerà la mia compagna e dalla quale avrò una bambina, Sofia, di quasi due anni adesso. Direi che sono legato a doppio filo con la Russia e credo che gli e-Doll abbiano ottime probabilità di giungere da lì o dal Giappone. Entrambi i paesi, per motivi molto diversi, sposano volentieri fenomeni socio-culturali capaci di modificare la loro fisionomia sia interna che esterna per una sorta di malleabilità congenita che, se da una parte, si è rivelata funesta durante il corso della loro storia, dall’altra li rende dei terreni incredibilmente fertili alle sperimentazioni più ardite. 

E-DOLL si intitolava in originale “Il Fabbricante di sorrisi”, con riferimento ad uno dei protagonisti del romanzo, la tormentata figura del creatore degli e-doll, in cui ideali superiori e istinti colpevoli convivono...

Esatto, è attorno alla figura di Grigorij Kursilov che ruota gran parte della trama del romanzo. È un personaggio a cui sono molto legato e credo che non mancherà di suscitare qualche polemica anche perché, nella mia mente doveva essere sì sfuggente ma anche estremamente umano. Infatti, a riprova di ciò, da un certo punto del romanzo in avanti, Grigorij Kursilov ha preso a vivere di vita propria, al di là delle mie più rosee intenzioni.

I personaggi sono vari, ma oltre al già citato Fabbricante di sorrisi i principali sono Gankin, Maya e – ovviamente – Angel. Un’istantanea su ognuno di loro, per individuarli lasciando spazio all’immaginazione?

I tre personaggi citati rappresentato altrettanti punti di vista sul sesso e sull’amore. Ce ne sarebbero altri ma per restare alla tua domanda, Gankin incarna l’amore adulto, provato e sconfitto, mentre Maya, all’opposto, rappresenta il sesso giocoso, l’esperimento incosciente, la carica sessuale della giovinezza. In mezzo, Angel funge da elemento di raccordo, da collante universale, da essere capace cioè di adattarsi a qualsiasi esigenza, fornendo il massimo del godimento possibile. Anche se in apparenza può sembrare passivo, in realtà darà prova di non esserlo…

Da bravo lettore, mi sono preso degli appunti. In particolare, delle frasi. Vorrei ci soffermassimo assieme, stando attenti però a non cadere nel peccato (grave e pericoloso; ) ) del cosiddetto “spoiler”, almeno su alcune. Ci proviamo?

Proviamo, in fondo credo che svelare una parte del mistero intrighi molto di più che nasconderla.

Partiamo con la prima: “Sì e no, la tecnologia come l’arte, è un riflesso della società che la produce. Non è neutrale, né autonoma o incontrollabile ma suggerisce l’indirizzo e gli obiettivi delle organizzazioni che vi si riflettono. Inoltre rappresenta i desideri delle elite le cui reti d’interessi trascendono le frontiere, si fanno concorrenza e perseguono il massimo profitto unito all’espansione culturale, il vero potere occulto.”

Sì, in effetti gli e-Doll fanno parte di un progetto più vasto che coinvolge l’intera popolazione mondiale e non si tratta di sesso, bensì di un argomento scottante che in questi anni sta tenendo banco in tutto il mondo (esclusa l’Italia ma questa è un’altra storia). Questo è il massimo che posso svelare senza bruciare la sorpresa… 

Seconda citazione. “Le donne! Che magnifico esemplare d’essere senziente, non ti deludono mai… Anche quando sembra che sbaglino e che non sappiano cosa fare, stanno solo ricalibrando le forze per non mancare l’obiettivo.”

Credo (o forse spero soltanto) che il tempo dell’Uomo stia per esaurirsi, il tempo della guerra, della negazione e della competizione che hanno avuto almeno duemila anni di tempo per affermarsi, imporsi e proporre una visione d’umanità dai risultati poco “sostenibili”. In passato e verosimilmente anche in futuro, molte delle società pre-cristiane erano matriarcali, la fertilità femminile era ritenuta sacra e la donna stessa era onorata in quanto portatrice della vita. È appunto l’emancipazione femminile ad aver fatto cadere molti dei tabù legati al sesso, ribilanciando una situazione che vede proprio in quelle realtà più maschiliste e autoritarie, la conservazione di comportamenti inibiti e inibitori, salvo poi, in alcuni casi, metterli in atto in forma clandestina. Il futuro sarà donna? Non lo so ma di certo “sarà aperto” come diceva Popper. Mai come oggi, all’avvicinarsi di un concetto come la Singolarità tecnologica di Kurzweil (http://it.wikipedia.org/wiki/Singolarit%C3%A0_tecnologica), fare previsioni si rivela rischioso. 

Terza e ultima. “Non ho dubbi che ci riuscirai. Dare e togliere la vita è nelle vostre facoltà. È una capacità con cui gli esseri umani vengono al mondo, qualcosa che vi avvicina al concetto di creazione e distruzione. É il collegamento che voi stessi avete inventato per sentirvi a contatto con la divinità.”

Giocare a fare Dio, sia quello buono e generoso che quello crudele e spietato, è una prerogativa umana. Forse perché l’atto creativo (e distruttivo) simboleggia bene la nostra identità. L’esistenza umana acquista tanto più significato quanto più ci si appropria di questa sensazione. Non a caso, le donne sentono visceralmente il desiderio di maternità e gli uomini la competizione che “elimina” ogni altro concorrente. Sono pulsioni che derivano dal gioco della sopravvivenza e, in quanto tali, sono difficilmente sopprimibili senza sopprimere una caratteristica umana, sin troppo umana. Forse il cambiamento di impostazione che auspicavo nella domanda precedente, potrà illuminare la via della collaborazione (vedi i social network, il file sharing, la computazione condivisa) rispetto alla competizione e inoltre una migliore distribuzione (di informazioni, di possibilità, di accesso) rispetto alla concentrazione attuale. La tendenza, nel lungo periodo, è questa benché come ogni progresso che miri a innalzare la qualità della vita di molti a discapito dei privilegi di pochi, venga ostacolato e visto con sospetto.   

Sei stato DJ per dieci anni, poi hai lavorato come IT Specialist. La competenza del professionista dell’Information Technology per un autore di SF contemporaneo ha di certo la sua utilità. Ma io vorrei piuttosto sentire dell’influenza che invece ha la musica in generale, e il mestiere del DJ in particolare.

L’esperienza del DJ è stata utile per capire come “gestire” migliaia di persone allo stesso tempo, inoltre si è rivelata fondamentale per giungere a considerare il lettore “sovrano”, proprio come il pubblico in discoteca, nel senso che lo scrittore, parimenti al DJ, offre la sua creatività in pasto a chi la dovrà vivere e assimilare. Da questo punto di vista, il “transfer emozionale” che si instaura tra scrittore/lettore e DJ/ascoltatore è il medesimo, come medesimo è il rischio di perdere la sua attenzione e felicità momentanea. È un’esperienza che descrivo a fondo in Antidoti umani e sono contento che faccia parte del mio bagaglio culturale. Sì parlo di cultura, perché quando milioni di ragazzi in tutto il mondo si riuniscono per ore e ore impegnandosi in un rituale condiviso come il ballo o l’ascolto della musica al fine di “connettersi” e vivere un’esperienza estraniante, una deformazione a piacere della realtà, non ci vedo nulla di diverso dal celebrare l’ascesa di Horus al cielo, da un baccanale alla romana o dalla domenica in una chiesa qualsiasi.

In un’intervista hai affermato di sentirti vicino al Buddhismo. Forse perché, nella sua forma più pura (e, consentimelo, quindi filosofica), piuttosto che nel modo in cui alla fine viene vissuto nelle varie correnti e credenze in cui si è sviluppato, resta – tra le religioni più maggiori in termini di diffusione – quella che più si concilia con la razionalità della scienza?

Il Buddhismo, come dici giustamente tu, è una filosofia, e quindi si distacca dall’impostazione religiosa che prevede il ricorso a giudizi morali e spesso categorici sul comportamento umano. Le parole di Buddha, i suoi discorsi, si condensano in precetti e insegnamenti non vincolanti ma messi a disposizione di chiunque voglia farli propri. La sua attrattiva sta appunto nella libertà lasciata all’individuo di elevarsi oltre lo stato della semplice materia fisica, un fattore che si sposa bene con il progressivo sviluppo dell’individualismo moderno e che si differenzia, di contro, dal precedente moralismo e conformismo di massa. La gente oggi vuole scegliere (con tutti i rischi e i pericoli connessi alla formazione della scelta) e rifiuta di sentirsi dire cosa sia giusto o sbagliato. Tuttavia, partendo dalla negazione dell’importanza della realtà apparente (tutto è Maya, tutto è illusione, proprio come la protagonista di e-Doll) le filosofie orientali propongono una soluzione radicale senza imporla, spiegandola con mezzi spicci ma efficaci come nello Zen e motivandola con argomentazioni molto credibili a mio avviso.  

Ami viaggiare. Quali sono i luoghi, le culture, i popoli che più ti hanno coinvolto. Quanto può contare il “viaggio” nella qualità dell’espressione letteraria, anche di genere?

Viaggiare è una delle poche ricchezze inscindibili da noi stessi, è l’esperienza con le maggiori probabilità di cambiarci, di mutarci, di allargare i nostri orizzonti, non solo fisici ma anche mentali per andare a influire su quegli spazi interni dell’anima che ci insegnano ad accettare gli altri, a comprendere che le differenze apparenti sono solo i molteplici lati di un unico poliedro globale. Da questo punto di vista, c’è così tanto da descrivere, da assaporare, da vivere nell’esperienza dell’esistenza umana. I popoli che mi hanno toccato nel profondo sono i peruviani, tristi ma disponibili e i vietnamiti, dolci e sorridenti in ogni occasione. Ma anche i russi, malinconici e introspettivi, e gli olandesi, leggeri e curiosi di tutto. Nei miei romanzi tento di restituire il senso dei luoghi che ho visitato. attraverso la mia personale lente d’ingrandimento deformante, come Palenque nel Chiapas messicano, o la Cappadocia turca, l’Egitto delle Piramidi, Angkor Wat in Cambogia, la steppa ucraina e quella città in fieri che è oggi Mosca.      

Qualcosa da aggiungere in chiusura di intervista?

Solamente la segnalazione del mio sito web (www.francescoverso.com) per gli aggiornamenti sulle presentazioni di e-Doll, sui romanzi in cantiere e sulle eventuali domande da parte di chiunque voglia mettersi in contatto con me. Mi preme molto instaurare un legame diretto con i lettori, sono loro il mio futuro.

Ciao Francesco. Alla prossima occasione!

Grazie a voi, e a presto. Livido, il mio terzo romanzo che conto di finire entro l’anno, sarà un noir ambientato in una discarica del futuro e ruoterà attorno alle vicende di un ragazzo vittima di un amore “impossibile”.