La sua esperienza nel campo dell’editoria è estremamente variegata: giornalista, scrittore, traduttore, consulente editoriale, editore. Il suo è un  osservatorio privilegiato per verificare lo stato dell’editoria in Italia. Quali sono le sue osservazioni al riguardo?

L’editoria in Italia è pigra; ci sono sempre gli stessi autori in classifica  tutto l’anno. Il pubblico dei lettori è pigro a sua volta, ha bisogno di segnali di riconoscimento, non è attratto dal nuovo. In genere sono opere di scrittori che hanno subito il condizionamento mediatico della televisione o del cinema. Poi ci sono i casi dei comici e dei calciatori che pubblicano libri che vendono moltissimo proprio grazie alla loro notorietà.

Il mercato delle grandi case editrici è condizionato dalla logica del fatturato sempre maggiore. Si pubblica soltanto quello che si sa in anticipo non comportare rischio.

Soltanto alcune piccole case editrici sono aperte al rischio del nuovo, lavorano sulla qualità e per soddisfare le richieste di un lettore più curioso e aperto. Se la cultura, come penso, è ricerca e sperimentazione di nuove forme, oggi tutto questo è poco presente sul mercato.

Qual è lo stato di salute del romanzo noir/giallo in Italia dal duplice punto di vista della forza editoriale del genere e di quanto di innovativo si produce in riferimento ai nomi emergenti e alle nuove collane?

Anche in questo settore il mercato è chiuso e molto competitivo, girano gli stessi nomi. Il grande editore cerca storie semplici, che possono essere trasformate in fiction televisive e con un finale consolatorio che rassicuri il lettore. Si usa molto la struttura del giallo d’indagine con la punizione del colpevole; il lettore si sente coinvolto e il successo è assicurato e di conseguenza anche le vendite. E’ una formula ripetitiva che a me non interessa.

Negli ultimi anni sono emerse voci nuove come Varesi, Fogli e la Baraldi.

Sulla valutazione delle opere c’è ancora spazio per opere prime o si preferisce pubblicare un’opera  di un nome già affermato?

C’è spazio per gli esordienti nelle piccole case editrici e in ogni caso deve trattarsi di opere di qualità. Posto che non  si possono leggere interamente tutti i manoscritti che arrivano sulla scrivania ogni giorno, molto esemplificative sono le lettere di presentazione degli autori. Leggiamo qualche passaggio e ci facciamo un’idea. Molto dipende dall’esperienza.

Tornando ai noir, lei ha scoperto molti talenti italiani. Da quale elemento riconosce l’originalità di uno scrittore?

Dallo stile della scrittura. Deve avere la capacità di distinguersi dagli altri. Se ci sono difetti di struttura del testo si possono correggere, ma la “voce” deve essere originale.

Dal 1999 al 2003 ha seguito giornalmente la cronaca nera in modo da farsi una buona conoscenza del mondo del crimine. Qual è l’assunto da cui è partito e la conclusione che ne ha tratto?

Mi è servito per capire che dal 1999 in poi c’è stato un uso politico della cronaca nera e conseguentemente del tema della sicurezza. I media hanno strumentalizzato i fatti criminosi per indurre nei lettori/ascoltatori le paure più disparate.

Le storie criminali  mi interessavano perché ritengo che il crimine sia uno dei momenti più intensi dell’essere umano. Attraverso l’analisi dei crimini riusciamo a capire cosa siamo diventati. Oggi in letteratura molti cercano o si inventano altre verità e interpretazioni dei fatti del passato. Faccio un esempio: sono molti i romanzi che hanno per sfondo gli anni di piombo e i loro epigoni. La narrativa deve raccontare la contemporaneità, deve provocare, suscitare problemi, non dare risposte, tanto meno rassicuranti.  C’è posto anche per la cosiddetta letteratura di intrattenimento ma a me piacciono le storie esemplari per niente edificanti. 

Attualmente si occupa della casa editrice Perdisa, in particolare la collana Babele suite ha un "taglio" che nel panorama editoriale italiano è del tutto nuovo. In cosa si distingue?

Nella brevità. In generale oggi si tende a scrivere troppo. Io ho voluto riportare in vita la storia breve, la novella che si legge in due ore.

Lei è un esperto di fumetti e ha scritto romanzi e testi teatrali. Qual è l’elemento che contraddistingue la scrittura narrativa e quella teatrale dalle sceneggiature dei fumetti?

Nel fumetto si deve pensare che la sceneggiatura andrà in mano a un disegnatore che ci mette molto del suo nel realizzare la storia. La trama viene portata avanti contemporaneamente dai dialoghi e dai disegni. Il testo teatrale va pensato per chi lo deve recitare perciò comporta una sintesi della scrittura narrativa. La narrativa invece è libertà totale.

Grazie per la cortese disponibilità