Il primo racconto fantastico di ambientazione orientale l’ho scritto più di trent’anni fa, sui banchi del liceo, stimolato dal mio professore che invece del solito tema chiedeva una storia gotica. Erano gli anni Settanta, e da poco mi era capitato di vedere, nel passaggio televisivo su una stazione privata, un curioso film coprodotto dalla Hammer inglese e dalla Golden Harvest di Hong Kong, la casa di produzione di Bruce Lee. Malgrado le condizioni non proprio perfette della pellicola, qualche disturbo di emissione e un’insopportabile valanga di interruzioni pubblicitarie, La leggenda dei sette vampiri d’oro mi aveva colpito, suscitando fantasie che trovarono sfogo nel racconto che buttai giù in un paio d’ore e che riempì quattro fogli protocollo. Inspiegabilmente il mio sforzo creativo piacque al professore, che lo ricompensò con il massimo punteggio, soddisfazione che mi conquistò una mezza fidanzata tra le mie stupite compagne di classe e, soprattutto, l’idea che forse, in un lontano futuro, scrivere avrebbe potuto diventare qualcosa di più di un passatempo. Archiviai l’esperienza, continuando a scrivere per diletto per molto tempo senza che nessuno riconoscesse qualche seppur minimo valore alla mia vena creativa, e misi nel cassetto le emozioni che il film di Ray Ward Baker- che in seguito riuscii a procurarmi in VHS in una versione passabile - e la mia fantasia avevano associato al connubio Horror -Oriente. Come si dice, trascorsero gli anni... l’hobby della narrativa divenne (faticosamente) un lavoro e con esso crebbe anche la passione per l’Asia. All’inizio degli anni Ottanta mi capitò di vedere un altro film, americano questa volta, che prendeva allegramente in giro il filone del Kung Fu e della magia cinese. Grosso guaio a Chinatown segnò il tracollo della fortuna cinematografica di John Carpenter ma, con il suo baraccone farra¬ginoso di effetti speciali e scoppi d'energia colorata, riuscì a riportarmi alla memoria emozioni dimenticate. In Occidente fu un disastro ma io decisi che mi piaceva e che la magia nera cinese era un argomento che meritava di essere approfondito. Non sapevo ancora che Carpenter aveva tratto ispirazione da Zu, Warriors From the Magic Mountain di Tsui Hark, una delle più riuscite, rivisitazioni della mitologia fantastica orientale di cui ho parlato nel capitolo dedicato al wuxiapian. Viaggio in Asia da più di quindici anni e, tra le centinaia di storie che ho raccolto, moltissime sconfinano nel fantastico: non di rado mi succede di tuffarmi in una vera e propria caccia a tutte le tradizioni dell'ignoto che mi capiti d'incontrare. Dire che anche l’Oriente possieda un patrimonio fantastico è riduttivo: per alcuni versi l’Asia vanta un insieme di miti e leggende forse superiore a quello occidentale. A volte è possibile rintracciare dei punti di contatto dovuti a scambi culturali avvenuti soprattutto in tempi recenti, ma, in realtà, si tratta di due regni immaginari ben distinti. La prima differenza che salta agli occhi al ricercatore accorto è che mentre da noi nessuno crede seriamente a vampiri, morti che ritornano, fantasmi e lupi mannari, in gran parte dei paesi orientali la convinzione che il sovrannaturale esista e possa influenzare la vita di ognuno è profondamente radicata. Come sempre avviene in Asia, storia e mito s'intrecciano in maniera così coinvolgente da non essere facilmente distinguibili. Un esempio? Il feng shui, l’arte della geomanzia è un argomento terribilmente serio, persino a Hong Kong, metropoli materialistica votata al dio denaro per eccellenza. Tralasciando un’ormai nota voce secondo la quale la sventura si sarebbe abbattuta sulla famiglia Lee per la decisione, presa da Bruce, di costruire una nuova villa in un punto proibito ( “sulla schiena del drago”), è sufficiente osservare l’obbrobrio giallo e azzurro che una società giapponese ha costruito sulla collina prospiciente Repulse Bay, sull’isola di Victoria. Al turista quel gigantesco caseggiato serpeggiante dai colori pastello appare ancor più incongruo a causa della grande finestra quadrata che misura diverse decine di metri e che si apre a metà del palazzo. Quando l’ho vista per la prima volta ho cercato di sfoderare (con l’ingenua presunzione tipica di noi gwe lo di fronte alle stranezze dell'Asia) la mia conoscenza del luogo. Era forse uno dei finestroni attra¬verso cui passa il tifone nei giorni di tempesta? Nient’affatto, mi spiegarono, semplicemente era un accorgimen¬to per placare il drago della collina che, disturbato dagli inopportuni architetti nipponici (in Cina i giapponesi hanno sempre la colpa di tutto, tenetelo a mente), aveva bisogno di un'apertura per sfiatare nei momenti di rabbia… Draghi, demoni, spiriti che ritornano, zombie e perfino vampiri e lupi mannari, l’Oriente è pieno di queste strane creature e dei segni che la loro presenza lascia nella vita e nelle abitudini della gente. Nessuno farebbe nulla nei quartieri della città vecchia di Ghuangzhou(Canton) senza aver consultato un indovino, e neppure le Guardie Rosse hanno osato abbattere il gradino alla base delle porte di alcuni edifici pubblici, posizionato per impedire il passaggio dei cattivi spiriti che, notoriamente, strisciano sul terreno e camminano in linea retta. La ricerca delle tradizioni del fantastico orientale è un viaggio affascinante e senza fine giacché si scopre che in ogni angolo, in ogni piccolo villaggio sperduto spuntano creature e miti che la superstizione, ma anche la fantasia, mantengono vive ancor oggi. Non è così incredibile la realizzazione di film come Holy Virgin versus the Evil Dead ( più o meno La Santa vergine contro il Morto Vivente…) ambientato in Indocina e ricco di tutte le tradizioni mistico magiche orientali mescolate assieme. Ho visto sfide tra stregoni, a Bali, che impedivano a interi paesi di chiudere occhio la notte; ho sentito raccontare vividamente la leggenda della donna-volpe che seduce e rapina i vi andanti sui sentieri delle alpi giapponesi; mi hanno parlato del fantasma di una fanciulla che aleggia per i vicoli di Bangkok lievitando con il feto del suo bimbo mai nato, e giurerei di aver sentito sibilare un jinn tra le montagne dell'Indukush. Certo, una volta di rientro a casa è facile ridere di tutto, questo, ma là, dall'altra par¬te del mondo, nella giungla o nei vicoli bui di una città dove riecheggiano voci indistinguibili... Di fatto gran parte del corpus di miti fantastici dell’Oriente ha origine nella magia taoista, una forma di religione-filosofia originaria delle montagne del Wudang e dalla quale hanno tratto ispirazione la medicina cinese, l’agopuntura e tutti gli studi sull'energia vitale delle arti marziali. Il Taoismo non è argomento da potersi divulgare in poche righe senza una conoscenza di anni: più modestamente penso che nella maggior parte dei casi in cui mi sono imbattuto in fenomeni o racconti sovrannaturali in Asia, il Taoismo, con il suo miscuglio di alchimia, stregoneria e saggezza, era presente. Da questo punto di partenza la fantasia ha lavorato alacremente. In tutta l'Asia è ampiamente diffusa una ricca letteratura che si nutre di fantasmi, creature capaci di trasformarsi in animali maledizioni e strego¬ni in lotta perenne. Basti pensare ai Racconti fantastici dello studio di Liaotzu, o ai canovacci dell’opera di Beijing per farsi un’idea della prolificità della produzio¬ne fantastica orientale. Ma la Cina non vanta il primato assoluto in quanto a fantasie legate al sovrannaturale: è sufficiente una lettura superficiale del Mahabharata indiano e dei romanzi del giapponese Hiroshi Haramata per rendersi conto che, dall'antichità a oggi, la letteratura asiatica ha sempre attinto a piene mani dalle suggestioni dell'ignoto e del meraviglioso. Personalmente mi sono fatto un punto d’onore, ogni volta che mi è capitato di arrivare in una nuova città orientale, di svolgere una perlustrazione nelle librerie che pubblicano materiale in lingua inglese alla ricerca di racconti fantastici. La rivelazione è stata stupefacente: negli ultimi anni c'è stato un proliferare di questo genere di narrativa, per la maggior parte grazie a rielaborazioni di testi classici ma anche con un buon numero di nuove produzioni che lasciano ben sperare per il futuro. Tra i nuovi nomi della narrativa fantastica orientale c'è naturalmente quello di Somtow Sotchow, che, pur partendo da tradizioni tipiche del suo paese d’origine (la Thailandia), è approdato alla narrativa occidentale interpretandola in maniera personale. Ma è al cinema che ci si rivolge sempre per raccogliere la messe più ricca quando si cercano emozioni. Ricordare Storia di fantasmi cinesi sarebbe superfluo per cui preferisco soffermarmi su un piccolo grande film che mi sono divertito a citare nel racconto, Rouge di Stanley Kwan, con la “divina” Anita Mui: una mia personale musa che ricompare, sempre ben accolta, in diversi miei racconti. A quanti fossero interessati a questa tradizione e amassero ricercarne altre tracce, ricordo che non sempre mostri e creature sovrannaturali appaiono in Oriente con le medesime caratteristiche della nostra tradizione gotica. Le figure che vi capiterà di incontrare più frequentemente sono i cadaveri saltellanti, una sorta di zombie di solito rappresentati con la tipica tunica dei mandarini e il buffo cappello or¬nato con un bottone d'oro e una piuma di pavone. Sono infelici riportati in vita da qualche mago taoista e costretti a scorrazzare per le campagne alla ricerca di vittime da spaventare. In casi particolarmente gravi, e per il maleficio di un mago, possono diventare vampiri succhiasangue, ma più che i nipotini di Dracula, ricordano gli zombie carnivori di Romero. Niente paura, per metterli a dormire per l'eternità basterà affiggere loro sulla fronte un esorcismo scritto su carta di riso. Alcuni esperti sostengono che spade di quercia rossa e sangue di cane nero possano essere d’aiuto. Dal regno dei morti possono anche ritornare eteree fanciulle, sotto forma di ectoplasma. Se le incontrate vicino a un lago, state in guardia: si tratta di spiriti di donne traditrici, annegate in una gabbia di bambù. Hanno la ten¬denza a innamorarsi dei vi andanti di bell'aspetto, ma si tratta di passioni vampiriche dalle quali non può nascere nulla di buono. A questo proposito impossibile non citare alcuni capolavori degli anni 80 come Spooky Encounters, Encounters of the Spooky Kind con il mitico Sammo Hung dove zombie e arti marziali si mescolano con l’umorismo tutto particolare del Mo lei tau, la commedia demenziale di HK. A questo filone appartengono anche i film della serie MR Vampire (ben 5 episodi tutti realizzati intorno al 1985) con il defunto(e bravissimo) Lam Ching Ying in cui, come di consueto zombie e vampiri si confondono in un’unica figura di mostro. La new wave dell’horror, già da una decina d’anni, arriva però dal Giappone. Credo che su Ring e sui suoi derivati gli appassionati italiani ormai sappiano tutto. Ci sarebbe da scrivere un saggio apposta. Ma i cari vecchi Zombie assetati si sangue e cervella umane spuntano anche dalle terre infette del Sol Levante. A tutti consiglio la visione di Junk, film del 1999 di Muroga Atsushi, per il momento reperibile in versione tedesca(ma con opzione di sottotitoli inglesi) che rappresenta una delle più adrenaliniche follie del genere. Immaginate due clan Yakuza che s’incontrano per un regolamento di conti. E già qui con il boss grasso e ossigenato, le Deadly Nippon Dolls scatenate e un assortimento di sadici di varia natura ci sarebbe da fregarsi le mani… ma lo showdown avviene in una fabbrica abbandonata dove il governo sta eseguendo i soliti esperimenti con gas tossici. Un luogo malsano dove le… perdite di materiale di dubbia natura sono all’ordine del giorno. Così ha origine una nuova epidemia di morti viventi che si sbudella, si mangiano con ferocia e un humoraccio nero che in Oriente non manca mai. Insomma un impedibile bagnoli sangue. Ryuhei Kitamura non è ancora conosciuto in Occidente come Kitano o Miike ma è un autentico talento da scoprire. Le sue saghe samurai derivate dai Manga (Azumi, Sky High) gli hanno già conquistato un vastissimo pubblico trai giovani ma il film che ne ha consacrato il mito è Versus(2000) film da poco disponibile anche in Italia per la distribuzione Gargoyle. Porte dell’inferno, boschi maledetti, ovviamente Yakuza, violenza esasperata e morti viventi. Non vi sembra originale? Be’ date un’occhiata al film, ai movimenti di macchina, al ritmo dei combattimenti. Proprio non capisco perché le iperboli da voltastomaco che Peter Greengrass (un”autore”) esegue con la macchina a mano martoriando un altrimenti buon film d’azione come The Bourne Ultimatum siano considerate …arte e non si riconosca lo stesso status alle trovate sadico-visionarie di Kitamura. Ma vogliamo spingerci oltre. Dalla Thailandia arriva Sars Wars, film realizzato sulla scia dell’influenza aviaria che ha messo in ginocchio - letteralmente - l’economia del Sudest asiatico nel 2003. Il film di Wantha Taweewata se la ride della correttezza politica. Se la ride di tutto, per la verità, e con gusto. Perché in un contesto che ricorda Demoni di Soavi, un ospedale dove i malati di SARS sono chiusi come in un ghetto l’epidemia si evolve e trasforma tutti in zombie assassini. Fortunatamente c’è un trio composto da un guerriero, il suo maestro e un’intrepida femmina selvaggia che, rimasto bloccato all’interno della struttura, affronta e distrugge l’esercito di dannati a colpi di arti marziali. È un’altra faccia del cinema popolare, del cinema marziale, di una tradizione che è sempre più viva e che riesce a pescare nelle tradizioni più antiche del paese una via per rinnovare i clichè importati dall’Occidente. Perché, ricordatelo, l’Asia è magia… Un’ultima menzione meritano nella nostra breve carrellata nell’horror marziale asiatico le creature mannare, i Cangianti, che possono assumere forma umana e animale a piacimento, di solito con risultati disastrosi per gli uomini. Una curiosità: mentre da noi l'animale che più comunemente può assumere forma umana (e viceversa) è il lupo, in Asia è il gatto. Se poi si tratta di una gatta... Guai in arrivo. Fantasia? Sogno? Una realtà più sottile che solo pochi sono in grado di cogliere e la logica moderna respinge? Pensatela corre vi pare, quest'universo fatato se la ride della vostra opinione. Esiste e basta. E, forse, potrebbe riservarvi qualche sorpresa.