Alla  26° edizione del Torino Film Festival diretta da Nanni Moretti è stata dedicata una retrospettiva a Jean Pierre Melville che coincide con la riscoperta critica del più americano dei registi francesi.

Cappello Stetson e occhiali da epoca Kennedyana, di lui sono noti il talento nel girare, la capacità di scrivere dialoghi essenziali e taglienti, come sono temuti il carattere irascibile e la presunzione.

Litigherà con Lino Ventura, uno dei suoi attori prediletti, per motivi banali e non gli rivolgerà mai più la parola.

I suoi  film non si identificano  né nell’innovazione né nella tradizione del cinema di quegli anni.

Franco-alsaziano, nato Jean-Pierre Grumbach, è appassionato di cinema fin da piccolo.

Il padre gli regala la sua prima cinepresa (una Pathé Baby) a  sei anni, seguita da una 16 millimetri  a dodici anni. Apprende il cinema vedendolo in ore e ore di visioni a ripetizione.

Arruolato in cavalleria  nel 1943, durante una licenza di 8 giorni a Londra, vedrà 27 film.

La sua predilezione è per il cinema americano classico. Sono americani anche i suoi tre scrittori preferiti: Jack London, Edgar Allan Poe e Herbert Melville, del quale prende il nome ai tempi della Resistenza.

Del cinema americano ama  il perfezionismo che tenta di riprodurre nella libertà e nei mezzi spesso limitati della produzione indipendente. Colto, lettore raffinato, precorre i tempi e apprezza  autori “di genere” come Dashiell Hammett e W.R. Burnett.

Esordisce come regista di film a basso costo e finita la guerra fonda una propria casa di produzione.

A trent’anni, nel 1947 (dopo il cortometraggio Vingt-quatre heures de la vie d’un clown, di scarso successo. Stampato per carenza di mezzi su pellicole scadute e mal doppiato dallo stesso Beby, il clown, che non sapendo leggere è costretto a farsi ripetere le battute parola per parola), realizza in ventisette giorni Le silence de la mer, tratto dal romanzo di Vercors, molto apprezzato dai giovani critici dei «Cahiers du cinéma».

Dopo alcuni film mediocri come Labbra proibite (1953 - con Juliette Greco nei panni di una suora), Bob il giocatore (1956) e Le jene del quarto potere(1958 - una debole trama peggiorata dalla sua stessa interpretazione nei panni di coprotagonista, poco credibile e ridicolo soprattutto nei dialoghi col gentil sesso), entra in contatto con alcuni esponenti della nouvelle vague e in particolare con Truffaut, Chabrol e Godard e interpreta il ruolo dello scrittore Parvulesco nel film d'esordio di Jean-Luc Godard, Fino all'ultimo respiro (1959).

I giovani della nouvelle vague lo guardano come un loro precursore.

Affida alle donne ruoli di contorno che non lasciano il segno e presenta gli uomini come veri duri curandone l’abbigliamento nei minimi particolari. Ha un vero feticismo per il vestiario maschile mentre non è interessato a quello femminile. Sostiene che un uomo col cappello che spara impressiona di più, perché il  cappello fa parte della sua divisa. 

Predilige i buoni e i cattivi della porta accanto, con un senso di tragedia incombente che gli trasuda dai volti.

 

Nel 1961 gira il suo primo film importante Léon Morin, prete  interpretato da Jean-Paul Belmondo, che gli vale grandi riconoscimenti critici

Belmondo, poco entusiasta di interpretare un prete, rimarrà nel tempo uno dei suoi attori preferiti. Solo lui è in grado di pronunciare la medesima battuta in 20 modi diversi e tutti giusti. Lo conosce sul set de la Ciociara  e ci girerà tre film.

 

Negli anni 60 è un innovativo sia per la critica che per il pubblico, che è abituato a vedere sempre gli stessi prodotti e che fino a quel momento ha sempre considerato inammissibile l’amicizia tra un delinquente e un poliziotto.

Il suo genere preferito è il gangster film, riletto in chiave noir e adattato all’ambientazione e allo spirito francesi. I suoi eroi sono pessimisti, malinconici e disillusi.

L’attività registica prosegue con Lo spione tratto da un romanzo Série Noir di Pierre Lesou, con Belmondo protagonista.

Appena ultimate le riprese del film, nel giugno del 1962, Melville si lancia in una nuova impresa: Lo sciacallo (1963),  il suo primo film a colori, tratto da un romanzo di Georges Simenon sempre con Belmondo.

Usciti entrambi nel 1963, i due film ottengono buoni riscontri  di pubblico e  critica.

Dopo tre anni difficili Melville torna al lavoro nel 1966 girando Tutte le ore feriscono... l'ultima uccide tratto dall'omonimo romanzo di José Giovanni. Dirige poi Alain Delon in Frank Costello faccia d'angelo (1967). Nell’originale si chiama Jeff Costello ma in Italia viene tradotto con “Frank”. E’ un killer solitario e silenzioso che agisce con un rituale che ricorda quello dei  samourai. Ha per unico compagno un uccellino in gabbia e ha il tik di accarezzarsi continuamente la tesa del cappello. Alcuni critici, riferendosi all’espressività di Delon,  ribattezzano il film “Frank Costello, faccia d’ebete”.

 

Segue L'armata degli eroi (1969), tratto dall'omonimo romanzo di Joseph Kessel.

Dopo questo film esistenziale Melville ritorna al poliziesco con I senza nome (1970) che rappresenta il suo più grande successo di pubblico.

 

Il suo ultimo lavoro è Un flic - Notte sulla città (1972).  Film meccanico e privo di mordente.

Per lui che si è ormai specializzato in polizieschi e resistenziali quest’ultimo Flic  rappresenta un vero flop.

Se negli anni 60 il bilancio si era chiuso in positivo  negli anni 70 cambia registro. I suoi film cominciano a risentire di un’asfittica atmosfera mortuaria, quasi a  presagire la  morte che arriverà nel  1973 per arresto cardiaco. E dopo morto, fino ad oggi, verrà  ricordato ben poco.

 

La retrospettiva di Torino si chiude con Sous le nom de Melville, ritratto di Melville realizzato da Olivier Bohler.

VINGT-QUATRE HEURES DE LA VIE D'UN CLOWN (Francia, 1945, 18’)

LE SILENCE DE LA MER (Il silenzio del mare, Francia, 1949, 88’)

LES ENFANTS TERRIBLES (I ragazzi terribili, Francia, 1950, 105’)

QUAND TU LIRAS CETTE LETTRE (Labbra proibite, Francia, 1953, 104’)

BOB LE FLAMBEUR (Bob il giocatore, Francia, 1956, 98’)

DEUX HOMMES DANS MANHATTAN (Le jene del quarto potere, Francia, 1959, 84’)

LEON MORIN, PRETRE (Leon Morin, prete – la carne e l’anima, Francia, 1961, 115’)

LE DOULOS (Lo spione, Francia, 1962, 108’)

L'AINE DES FERCHAUX (Lo sciacallo, Francia, 1963, 102’)

LE DEUXIEME SOUFFLE (Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide!, Francia, 1966, 144’)

L'ARMEE DES OMBRES (L’armata degli eroi, Francia, 1969, 145’)

LE CERCLE ROUGE (I senza nome, Francia, 1970, 150’)

UN FLIC (Notte sulla città, Francia, 1972, 98’)

SOUS LE NOM DE MELVILLE/CODE NAME: MELVILLE di Bohler Olivier (Francia, 2008, 77’) 

Che Melville sia con voi!