L'Europa ha un cuore nero? Sì, ma non lasciatevi fuorviare dal fatto che il teatro della complessa trama intessuta da Mila e Marco Vajani sia la Slovacchia. Il cuore nero d'Europa non è questa nazione. Semmai, sta anche in Slovacchia. Perché, sia chiaro, non c'è un cuore nero d'Europa, uno solo. Il cuore nero d'Europa, e del mondo, è quello dell'Uomo. Ed è ovunque, in ogni tempo. Batte negli esseri umani, in cui palpita un male profondo, prevaricante, distruttivo. Quel male multiforme, che colpisce anche gli innocenti, li annichilisce… A volte li converte, li fa suoi. Quel male dai molti nomi, dai molti volti, che esiste da sempre, pompando sangue a caterve, pompando l'adrenalina del potere, l'ebbrezza della ricchezza. In questo bel romanzo di Mila e Marco Vajani, alcune delle forme del male emergono prepotenti. Dal presente, e dal passato. Un romanzo avvincente e convincente, duro, senza fronzoli. Un thriller europeo, che ama le tinte "nere". Incuriositi, abbiamo voluto saperne di più, intervistando gli autori.

Ciao Mila, ciao Marco. Oramai è da qualche anno che incontro scrittori, ma questa è la prima volta che mi capita di intervistare gli autori di un romanzo scritto a quattro mani. Una nuova esperienza, anche per me. A voi la scelta su come dare riscontro alle mie domande: se individualmente, se avvicendandovi, se condividendo le risposte... Comunque sia, innanzi tutto complimenti ad entrambi per Il cuore nero d'Europa, e benvenuti sulle pagine web di ThrillerMagazine.

Mila e Marco V.: Grazie per i complimenti e grazie per avere organizzato questa intervista sul vostro Magazine.

Per prima cosa, volete sintetizzare voi la trama de Il cuore nero d'Europa?

Mila e Marco V.: L'introduzione è così pertinente che diventa difficile entrare nel dettaglio dell'intreccio senza svelare le "sorprese" che riserva al lettore. Si può dire che c'è un'avvocatessa milanese che arriva in Slovacchia per incarico del suo studio e, durante una passeggiata nella foresta, si trova coinvolta nel ritrovamento di alcuni cadaveri a pezzi, una vicenda macabra che ne innesca altre sempre più inquietanti e drammatiche. C'è un poliziotto slovacco, amante di Puccini, della birra e delle donne, ma leale e coraggioso. C'è una setta satanica che si ispira alle gesta della leggendaria contessa Ersébet Bàthory, c'è il diario scomparso di un ebreo vittima della Shoah, con il suo carico di storie e di orrore, c'è una giovane rumena che insegue il suo sogno di benessere nella nuova Europa a rischio della vita. Molti fili che s'intrecciano e trovano la loro collocazione in un unico scenario che, ci auguriamo, intrighi e faccia pensare i lettori.

Come mai una storia a quattro mani? E perché proprio "questa" storia?.

Mila V.: Abbiamo già collaborato in passato come autori televisivi e radiofonici e abbiamo più volte pensato di scrivere insieme un thriller, perché entrambi amiamo il genere giallo e per vie diverse l'abbiamo frequentato. Tutti e due, poi, sentiamo il piacere di dividere le nostre emozioni e lavorare insieme ad altri. Quando Marco nel 2000 si è trasferito a vivere in Slovacchia, ha cominciato a pensare concretamente ad un romanzo ambientato in quel paese. Ne abbiamo parlato. Alcune tracce sono rimaste, altre sono cambiate, ma credo che anche ora, dopo trecentocinquanta pagine, il nostro libro esprima la curiosità e l'entusiasmo che un nuovo paese e nuove storie hanno suscitato in entrambe.

Come vi dividete i compiti?

Marco V.: Direi a caso. Poi, ci sono degli aspetti diciamo "caratteriali". Mila è una ricercatrice molto attenta, io molto meno. E' brava ad ambientare le storie e nelle descrizioni, mentre io preferisco scrivere dialoghi o studiare i meccanismi della trama. Lei è più scrittrice. Comunque, interagiamo molto, solitamente con reciproca soddisfazione.

Nel romanzo, c'è veramente molta carne al fuoco, è difficile parlarne senza svelare troppo (a meno che non decidiate di farlo voi autori ). Comunque, alla fine tutti i conti tornano, con soddisfazione del lettore. La trama è stata strutturata più o meno a tavolino sin dall'inizio, oppure vi è cresciuta "fra le mani" in corso di lavorazione?

Mila V.: Marco è uno sceneggiatore (tra l'altro del film Rose e pistole di Salvatore Piscicelli, con Piscicelli e Carla Apuzzo) e la nostra impostazione è stata quella di partire da un soggetto dettagliato. Lavorando in due, ci è parso necessario fare una "scaletta" che definisse lo svolgimento della storia dall'inizio alla fine. Mettere a punto questa scaletta ha occupato parecchio tempo e lunghi discorsi. Va detto anche che noi viviamo ad oltre mille chilometri di distanza e che non avremmo potuto realizzare il nostro romanzo se non ci fosse stato internet a tenerci in collegamento quotidiano. E' chiaro, poi, che solo scrivendo ci si rende conto dei "buchi" o degli errori e, al contrario, la definizione di un personaggio o la descrizione di un'azione, anche se concordata, è un momento creativo imprevedibile.

Nel romanzo la Shoah ha un ruolo fondamentale. La persecuzione degli ebrei ha trovato apoteosi nel genocidio nazista, ma purtroppo affonda le sue radici nel Medioevo e ritorna puntualmente nella storia europea. L'olocausto ha coinvolto anche la Slovacchia, e non per costrizione tedesca, parrebbe. Dalle pagine del vostro libro, pare emergere però un quadro di memoria storica da parte del popolo slovacco quantomeno "sfalsato"…

Mila e Marco V.: Dopo mille anni in cui il popolo slovacco era stato sottomesso e servo di potenze straniere, dagli Ungheresi agli Austriaci, nel 1939 ricevette per la prima volta da Hitler la possibilità di essere padrone di se stesso diventando un protettorato tedesco. Il prezzo pagato in termini di complicità è un'ombra che neppure un'eroica Resistenza ha potuto cancellare del tutto. Ma noi non abbiamo scritto un saggio, ma un romanzo, perciò non abbiamo la presunzione di avere dato un quadro completo della storia slovacca a cavallo della Seconda Guerra mondiale. Tuttavia, quanto facciamo vivere o rivivere ai nostri personaggi è puntigliosamente documentato e speriamo di contribuire a far conoscere, nel male e nel bene, una pagina poco nota della storia europea e soprattutto i sentimenti contrastanti che animano oggi questa giovane nazione.

Nel romanzo è in qualche modo presente l'ombra plurisecolare di Erzsébet Bathory, la cosiddetta "contessa sanguinaria". Una figura storica il cui nome è ancora molto noto non solo nella cultura slovacca e ungherese,

Mila: Ersèbeth Bàthory era, curiosamente, un personaggio che entrambi conoscevamo anche prima che Marco andasse a vivere in Slovacchia. Io avevo ricevuto in regalo molti anni fa il bellissimo libro della scrittrice surrealista Valentine Penrose, lui la ricordava dal saggio di George Bataille, dove viene paragonata a Gilles de Rais. La sua storia è di quelle che, anche dopo secoli, attirano la curiosità e invitano alle più diverse interpretazioni. Di certo c'è che questa potentissima nobildonna fu accusata di avere ucciso oltre settecento fanciulle per bagnarsi nel loro sangue e mantenere intatta la propria bellezza. Condannata con un pubblico processo di cui sono ancora consultabili gli atti, senza avere tuttavia la possibilità di discolparsi, fu rinchiusa nella torre di uno dei suoi castelli dove restò isolata fino alla morte. A lei sono dedicate canzoni, videogiochi, pièces teatrali e molti film. Nei prossimi mesi è attesa l'uscita dell'ultimo, una importante coproduzione internazionale di Juraj Jarubisko, considerato "il Fellini dell'Est". Dalle indiscrezioni ci è sembrato di capire che anche il film, come il nostro romanzo, offra una lettura alternativa della sua vicenda.

Non ho mai avuto il piacere di visitare e conoscere attraverso un'esperienza diretta la Slovacchia, ma sono convinto che nel vostro romanzo il paese viene rappresentato con grande aderenza alla realtà. Si deduce non solo dalla cura prestata agli scenari e dalle conoscenze linguistiche, ma anche dal lavoro fatto sulle mentalità slovacche e da un approccio ad ampi tratti emozionale alle ambientazioni. Per qual che mi riguarda, è proprio questa originale location a costituire uno dei principali punti di forza del romanzo.

Marco V.: Praticamente vivo in "esilio d'amore" in Slovacchia da otto anni. E' un paese antico, seppure non come stato politico, in rapida evoluzione dopo la caduta del comunismo. Abito insieme alla mia compagna e a mia figlia, in una casetta dal tetto aguzzo per la neve, in un villaggio sotto la montagna, e posso garantire l'autenticità dei luoghi e la credibilità psicologica dei personaggi.

"Mila tacque. E’ quando sei in fila al supermarket e l'altro puzza e tocca la merce con le mani sporche che nasce il razzismo, allora anche i suoi bambini sembra che nascano più cattivi o più stupidi." E' un estratto da pag. 203, e come tutte le citazioni va contestualizzato per non creare fraintendimenti. Però, ho estrapolato il passo perché mi sembrava un buon esempio di come avete affrontato un argomento come il razzismo…

Mila e Marco V.: La ringraziamo di avere colto questa frase. E' difficile, vivendo fuori da un contesto, esprimere giudizi. La presenza in Slovacchia, come in altri paesi dell'est di comunità rom numerose, con abitudini di vita differenti da quelli della maggioranza della popolazione, ripropone continuamente situazioni problematiche a cui solo l'educazione e la scolarizzazione, il tempo e la buona volontà, ci auguriamo possano trovare soluzione. Incognite diverse, ma piuttosto simili a quelle con cui noi stessi ci dobbiamo quotidianamente confrontare.

In genere, quali sono le vostre letture preferite?

Mila V: leggo generi e autori molto diversi, che si accumulano e si avvicendano nel tempo. Mi sento un po' imbarazzata a sfogliare la mia biblioteca e a segnalare delle preferenze. Difficile anche stabilire i sottili steccati del "genere": Le Carrè, Montalban, Ellroy. Aspetto ogni volta che esce un nuovo vecchio Simenon, non i Maigret, ma gli altri. Non perché i Maigret non siano belli, ma perché gli altri sono eccezionali. Lo scrittore che per ultimo mi ha conquistato, costringendomi a leggere tutto quello che c'era di disponibile, è Orhan Pamuk. Lo stesso mi era capitato con i saggi di Kapuscinsky e…Meglio chiudere. Viene in mente sempre qualche altro indimenticabile.

Marco V.: sono un lettore meno impegnato di mia sorella, concordo però completamente su Le Carrè, Montalban e Simenon, Maigret compresi, e aggiungo Ed McBain.

E della narrativa italiana, che ci dite?

Mila V.: Quella contemporanea non la conosco molto. Trovo particolarmente bravi Fois, Lucarelli, Ammanniti e, allontanandoci dal thriller, apprezzo molto Del Giudice, Celati, Ceronetti, Arbasino, e Orengo, un po' perché parla spesso, con cognizione di causa, di un piccolo territorio tra Liguria e Piemonte che, suppongo, conosciamo solo noi due.

Marco V.: Confesso senza pudore che leggo con grande piacere Camilleri, ma non ditelo a mia sorella. E ho riletto più volte i romanzi di Umberto Eco, mio professore al DAMS.

Il tenente Rolko è un protagonista interessante. Potrebbe essere un valido protagonista seriale. Ritornerà?

Mila e Marco V.: Ci piacerebbe portare Rolko in giro per l'Europa, fuori dal suo contesto, ma con tutta la sua saggezza popolare, il suo grande cuore, la sua arguzia.

Altri progetti nel cassetto?

Marco V.: Dalle letture di Mila e dalla sua passione per l'arte, sta nascendo un nuovo romanzo, sempre con l'accoppiata Mila&Rolko. Speriamo di giungere in porto.

E dopo quest'ultima domanda "di rito", chiudiamo l'intervista con un caloroso saluto a Mila e Marco Vajani. Grazie di essere stati con noi. E arrivederci!

Mila e Marco V.: Grazie a lei e a Thriller Magazine