Noir olandese: una chicca, visto recentemente dai Paesi Bassi in Italia è arrivato lo stagionatissimo Wan de Wetering, pubblicato nella Tea, e poco altro.

Eppure, a ben vedere cos’ha di veramente autoctono questo libro scritto dalla quarantenne giornalista Saskia Noort?

Poco, in verità.

Si parla di Amsterdam nel libro, ma potrebbe trattarsi di qualsiasi città europea e comunque l’azione ne rimane spesso lontana. C’è la campagna olandese, ma, a parte l’uso insistito della bicicletta in tutte le ore del giorno e in tutte le condizioni climatiche (vera fissazione di quel popolo) e qualche accenno ai polder, ci potremmo trovare nella Padania reggiana o nei bassopiani polacchi: non cambierebbe molto.

Il fatto è che all’autrice interessa non tanto creare un noir “etnico” quanto distillare i veleni di una convivenza tra gruppi di amici quaranta-cinquantenni che si sono allontanati dalla città pur continuando, alcuni, a rimpiangerla.

Cinque coppie con figli: Evert e Babette, il primo con disturbi psichici, la seconda presto vedova quando il marito scompare nell’incendio della loro casa; Ivo e Hanneke, quest’ultima estroversa arredatrice di interni che precipita da un balcone di un albergo ad Amsterdam dopo essere fuggita di casa; Simon e Patricia, con il primo a tessere legami finanziari più o meno occulti con gli altri membri maschi della brigata; Kees e Angela, la quale si prende cura di Babette subito dopo la disgrazia; e infine Michel e Karen, la narratrice che si trasforma alla fine nella vera e propria investigatrice che permetterà alla poliziotta Dorien Jager di arrivare al responsabile di quelli che non sono stati incidenti, ma omicidi.

Il fulcro della vicenda ruota attorno alla divaricazione tra essere e apparire: gli uomini, sicuri di sé e di successo (Simon è un imprenditore, Evert lavora nel commercio di articoli sportivi, Michel produce programmai tv)¸ in realtà sono legati tra loro da inconfessabili rapporti di interessi non sempre legali; le donne, facciano le casalinghe (Babette) o lavorino in casa (Karen, Hanneke), sono accomunate dall’indefinibile spleen della vita di provincia che cercano di esorcizzare con feste, qualche trasgressione, molto shopping e la cura dei figli. In realtà nessuno è come appare e i presunti rapporti d’amicizia si sfaldano quando uno qualsiasi dei membri entra in crisi; immediatamente si formano divisioni, partiti, alleanze che nel breve volgere di pochi giorni possono essere rivoluzionati per proteggere la propria privacy.

Oltretutto uomini e donne dell’allegra brigata non si limitano a benevole trasgressioni pubbliche, ma intessono, all’insaputa o con il furioso beneplacito dei coniugi, reciproche relazioni d’amore e/o sessuali: Evert e Hanneke hanno una storia, Babette “molesta” sessualmente Kees e Simon, Karen subisce il fascino mascolino di Simon.

È a questo punto che la Noort comincia a perdere colpi: ha messo in piedi un affascinante dramma di provincia borghese, degno, se vogliamo, di un Simenon, ma, al momento di sciogliere i nodi accuratamente ingarbugliati, dimostra una certa sciatteria.

Poco credibile la sensuale Karen, oppressa da altalenanti sensi di colpa, nel ruolo dell’investigatrice perché, nonostante tutto, non è migliore di tutti gli altri; l’azione della polizia latita e le motivazioni personali della Jager, il cui padre è stato a suo tempo rovinato dallo spregiudicato Simon, risultano banali. Manca, come detto, un solido ancoraggio alla società olandese: e se certi costumi un po’ disinibiti fanno certo pensare a qualche paese del Nord Europa, tuttavia l’attaccamento all’istituzione matrimoniale, seppure sotto l’aspetto materialistico della sicurezza economica, sembra più pertinente ad altre culture europee.

Romanzo quindi che desta nel lettore grandi aspettative ma che non mantiene le sue promesse, o almeno gran parte di esse.

Un po’ misteriosi i motivi che ne hanno fatto in patria un best-seller; d’altro canto proprio per questo è stato ospitato da una sigla come Sperling & Kupfer, specializzata nell’offrire al pubblico italiano i romanzi più venduti.

Che, come abbiamo cercato di dimostrare, non sempre sono i migliori.

Voto: 6