...Lo scopo, come accennavo prima, è eminentemente dimostrativo. Ho scelto di replicare la stessa identica metodologia in scala più ridotta, proprio per dimostrarne la validità intrinseca. Non il Paese ma una provincia; non l’omicidio ma il ferimento e la mutilazione. Quest’ultima opzione anche motivata dal fatto che - come acutamente osserva quel drammaturgo che, purtroppo per lui, si trova nella parte sbagliata del campo - “uno non deve essere torturato, uno deve rimanere torturato!” 2 L'insegnamento risulta duraturo solo se ti si stampa nel corpo, oltre che nella mente.

Personale? No, niente di personale. Anzi, si tratta proprio di un discorso generale perché è tutto il Paese che ha bisogno di una raddrizzata: tutti, indifferentemente, uomini, donne, vecchi e bambini. Tutti, tutti quanti. E Noi sappiamo esattamente come fare.

Ma dove ero rimasto? Ah, sì, la scala, più ridotta: un’area circoscritta, una piccola zona-laboratorio in cui replicare l’esperimento. La scelta, sia per motivi logistici che abitativi, è stata praticamente obbligata: Pordenone, piccola Patria, culla primigenia del Triveneto bianco fuori e nero dentro.

Motivi logistici, quindi, visto che i depositi di materiale sono ancora sparsi nei casolari qui intorno. E motivi abitativi, perché io vivo qui - quanto meno spiritualmente - e per la precisione nella città di Portogruaro, dove Ippolito Nievo scrisse e ambientò le sue “Confessioni di un italiano”. Poi si unì ai Mille e, risparmiato tante volte sui campi di battaglia dal piombo nemico, morì naufrago, non ancora trentenne, nel Tirreno.

Era un rivoluzionario, il Nievo, un vero rivoluzionario italiano. E anch’io lo sono: un rivoluzionario italiano di nuovo ordine (o viceversa), e queste sono le mie memorie.

Memorie storiche, memorie esplosive come per una volta, senza tema di esagerare, si potrebbe infatti dire.

2 Renato Sarti, Mai Morti, 2003