Alan Moore è Alan Moore. Questa apparente tautologia cela in realtà la constatazione, tanto sincera quanto disarmante, di trovarsi di fronte a un genio.

L'autore responsabile - tra le altre cose - di capolavori quali Watchmen e V per Vendetta, perle di qualcosa che chiamare fumetto sembra quasi riduttivo (almeno per la percezione che del fumetto ha il lettore medio) e per le quali verrebbe voglia di coniare la definizione di "narrativa disegnata", si è infatti cimentato anche con la letteratura. Ed ecco che, a onor del vero abbastanza in sordina, per le edizioni BD è uscito questo romanzo intitolato La voce del fuoco.

Già la definizione di "romanzo" pare andar stretta a quest'opera. Sulle prime sembrerebbe infatti una antologia di racconti: ogni pezzo è la narrazione in prima persona di un particolare periodo storico, dal 4000 a.C. fino al presente. Una voce dietro l'altra, lungo i secoli e i millenni, si svolgono le vicende private di uomini e donne che hanno toccato solo marginalmente la storia: nessun re, generale o condottiero, ma persone che la Storia-con-la-S-maiuscola ha dimenticato. Emarginati del proprio stesso tempo che Moore, vero sciamano della narrazione, evoca al presente con una mimesi linguistica di primissimo livello, che lo rende capace di impersonare una strega sul rogo e un anziano crociato, un uomo primitivo rifiutato dalla sua tribù e una suora in contatto con l'oltre. Come uno stregone che indossa la pelliccia o la maschera di un animale-dio per esserne il tramite e parlare in sua vece, Moore assume in toto l'identità del personaggio di cui di volta in volta ha deciso di far udire la voce, traendola dalle profondità della storia.

Un'antologia, dicevamo, ma solo apparentemente. Perché quello raccontato dall'autore non è un insieme di dodici storie scollegate, ma una serie di istantanee che condividono un luogo geografico ben preciso, in questo caso Northampton e i suoi dintorni: ossia i luoghi in cui Moore è nato e cresciuto. L'affresco complessivo ha il fascino di un viaggio iniziatico, di una veglia di preghiera, di una trance ipnotica: da un secolo all'altro ricorrono miti e simboli, parole e leggende, immagini reali e suggestioni metafisiche. Un viaggio che alla fine si scoprirà molto personale per Moore medesimo, che mette se stesso a fianco dei personaggi di cui ha narrato la storia, sentendosi parte di uno stesso fuoco creativo che ha attraversato i millenni prima di giungere al presente.

Che dire di più? La voce del fuoco non è certo un romanzo facile, pensato per l'intrattenimento banale. Chi conosce però la poetica personale di questo autore, ed è disposto a lasciarsi condurre per mano in questa spirale ipnagogica, emergerà fondamentalmente cambiato alla fine di questa magica lettura.