Segretissimo fece la sua prima comparsa in edicola nel 1960, con una serie pilota di dodici numeri firmati da Jean Bruce, lo scrittore francese che ideò la storica serie di OSS117. La nascita ufficiale della collana, quella a cui fa riferimento la numerazione corrente, è invece del 1961.

Sin dall’esordio, furono gli autori francesi e anglosassoni a venir proposti al pubblico. I narratori italiani dovettero invece penare vent’anni abbondanti prima di veder loro riconosciuta la capacità di gestire la spy story. Sempre poi che ce ne fossero, di nostri scrittori disposti a mettersi in gioco in Segretissimo – e questo è un aspetto che mi piacerebbe verificare…

Lo spionaggio era probabilmente un genere considerato poco consono alla creatività e alla professionalità nostrane. A dire il vero, questo pregiudizio non è del tutto sradicato, per quanto, alla prova dei fatti, gli scrittori italiani abbiano saputo confutare tale preconcetto. Sia quando hanno operato negli standard delle strutture narrative riconoscibili a livello internazionale, sia quando hanno “reinterpretato” la spy story.

Vabbé, del resto, i nostri narratori sono rimasti troppo a lungo vittime di simili opinioni parziali e superficiali, nonché diffuse, anche quando si sono cimentati in altri generi.

Lo sanno benissimo, per esempio, gli amici cultori della fantascienza che… “un disco volante non può atterrare a Lucca”!

Persino il giallo e il noir italiani, che oggi raccolgono ampi consensi di pubblico e critica, hanno dovuto purgare prima di poter accedere alle luci della ribalta, vedendosi accreditare il giusto riconoscimento. Purtroppo, come spesso accade, alcuni di questi onori sono stati attribuiti con ampio ritardo, se non addirittura postumi.

Ma bando alle recriminazioni: torniamo a Segretissimo.

Negli anni ’80, sotto la direzione editoriale di Laura Grimaldi, e con Marco Tropea in redazione, la Mondadori edicola decise di… provarci. Valutazioni positive di mercato? Fiducia finalmente acquisita nell’autore italiano? Una scommessa, nemmeno molto convinta? Puro fiuto da editor?

Non ho la risposta, anche se vorrei farmela dare da chi la prese.

Le prime aperture vennero con la narrativa breve: dei racconti italiani fecero capolino negli speciali semestrali, che allora ancora si chiamavano Estate Spia e Inverno Spia.

L'onore ufficiale del debutto di un romanzo italiano (sbandierato a tricolore da una dicitura trasversale in un angolo di copertina: made in Italy con grinta) spettò al giornalista e scrittore Andrea Santini.

Il suo libro s’intitolava A volo di Falco (Segretissimo n. 988, anno 1984).

Segnò l’esordio di Falco Rubens, protagonista seriale che ritroveremo poi nei seguenti: Una fame da Falco (n.999, anno 1984) e Falco spia l’ecologia (n. 1075, anno 1987).

Per chi è poco avvezzo a Segretissimo, spiego che all’epoca i romanzi venivano pubblicati, di solito, con titoli volutamente “spiritosi”, ironici. O, almeno, tentavano di esserlo. I risultati furono spesso riusciti, anche se discutibili: simpatici e, a modo loro, indimenticabili. Talvolta, però, con delle forzature o cadute di stile che rasentavano il ridicolo, a spese di lavori che avrebbero meritato una traduzione seria dei titoli originali.

Falco Rubens è una spia che possiamo definire “di sinistra”.

E ‘ una caratteristica questa che, per certi versi, accomunerà poi una buona parte del variegato assortimento di “eroi” dello spionaggio italiano. Con alcune eccezioni.

Attenzione, però: in ogni caso, i romanzi italiani presentati in Segretissimo hanno solitamente saputo mantenere, sin dagli inizi, degli approcci disincantati e critici (dietro il rispetto della matrice evasiva), mai ideologicamente schierati in modo manicheo. Del resto, un libro di spionaggio che aspiri a un minimo di plausibilità non può permettersi di uniformarsi allo schema “Buoni contro Cattivi”, di certo non in termini assoluti. Da qualsiasi prospettiva si ponga. Non è così che va il mondo. Tanto meno quello “sporco” dello spionaggio.

Nulla vieta poi (anzi!) di godersi alcune spy stories d’annata, particolarmente riuscite come romanzi di avventura, e di scarse pretese, che del Nemico tratteggiavano un quadro ben preciso.

Falco dunque ha fatto il ’68. Si interessa di geopolitica non solo per doveri professionali. Odia gli imperialismi, statunitensi e sovietici, e il modo in cui fanno campo di battaglia del terzo mondo.

Ma lasciamo che sia Santini stesso a descriverci il suo personaggio.

Tempo fa, gli scrissi per raccogliere una testimonianza personale circa il suo contributo a Segretissimo. La riporto integralmente.

“Avevo vinto da poco il premio Cattolica con Agave, una storia di traffico d'armi e misteri italiani che raccontava l'Italia dominata dalla P2 (ironia della sorte, lo pubblicò Rizzoli), uscito nel 1981, un mese prima che scoppiasse lo scandalo della P2, che portò il libro a sparire dalle librerie, anche se in due edizioni successive in Russia vendette circa un milione di copie, quando fui contattato da Marco Tropea, allora redattore capo del Giallo Mondadori e di Segretissimo. Mi fece una proposta che mi allettò: volevo diventare il primo italiano a pubblicare su Segretissimo, fino ad allora dominio degli stranieri, soprattutto americani, inglesi e francesi? Bisognava inventare una spia italiana, che naturalmente, pur mantenendo stile, ritmi, regole di Segretissimo, si distaccasse dai soliti protagonisti: occidentali, conservatori, anticomunisti.

L'Italia, come si sa, è paese un po’ più complesso.

Nacque Falco Rubens, spia di sinistra, figlio di un partigiano fiammingo e di una nobildonna napoletana, anzi, ischitana. Falco, spinto dal padre, ha un passato di studi alla Sorbonne, e quindi si fà prima il maggio francese poi il 68 italiano, naturalmente sulla parte sinistra delle barricate. Quando in Italia i suoi ex amici si lanciano nella lotta armata, lui si trasferisce in Africa, dove vecchi compagni "extracomunitari" sono diventati capi di stato o esponenti di governi appena usciti dal colonialismo.

Ufficialmente free lance per Afrique-Asie e Le Point, in realtà aiuta gli amici ad affrontare l'esperienza post coloniale. Ma anche lo sbocco di molti di questi governi in Africa lo lascia a bocca amara, e torna in Italia, dove si rifugia nella tenuta del Chianti comprata dal padre prima di morire, a produrre vino. Qui lo raggiungono le richieste di aiuto dei vecchi amici: da intellettuali africani a verdi tedeschi, e Falco torna sul campo, come spia anomala, per aiutarli.

In un panorama fino allora dominato dalla competizione est ovest, l'ingresso di Falco Rubens trasferisce la competizione tra nord e sud, paesi ricchi contro paesi poveri, nuove realtà e nuovi bisogni contro il sistema che tende a conservare. In questo quadro i nemici diventavano i grandi imperialismi, vale a dire Usa e Urss, Cia e Kgb. Con buoni e cattivi all'interno delle due istituzioni, come buoni e cattivi potevano si trovavano anche all'interno delle istituzioni italiane.

Fu un'esperienza che ricordo ancora con molto piacere, e che tra l'altro mi fece finire nel Guinnes dei primati. Per l’avventura presi spunto dal discorso di Rimini sui nuovi bisogni di un leader socialista, Martelli, allora giovane come me. Uscirono tre romanzi. Il primo era sulla guerra delle comunicazioni, in cui l'America cercava di mantenere il controllo del sistema di satelliti e di impedire all'Europa di averne uno proprio, in modo da condizionarne la cultura.

Nel secondo l'avventura si svolgeva parte in Africa e parte in Italia, nell'ambiente degli aiuti alimentari e della solidarietà pelosa.

Nel terzo entravano in campo i verdi tedeschi e gli ambientalisti, che il sistema cercava di delegittimare. Raccontavo avventure, ma anche l'Italia degli anni 80 che cercava di crescere e di trovare una sua collocazione internazionale.

L'esperienza cessò per colpa mia.

Faccio il giornalista, e il mestiere mi impediva di avere il tempo necessario, e soprattutto la concentrazione, per scrivere. Sono tornato a pubblicare romanzi nel 2003. Ancora una volta per Marco Tropea, ormai da tempo editore. Storie diverse, ma sempre cercando di raccontare dove sta andando l'Italia.”

Colgo l’occasione per qualche notizia in più su Andrea Santini.

Di professione giornalista (è stato, tra l'altro, caporedattore nel Gruppo Espresso), nasce a Viareggio nel 1942. Nel 1969 entra nella redazione di Paese Sera. Nel contempo, inizia a pubblicare racconti.

Nel 1981, dalla Rizzoli arriva il suo primo romanzo, Agave: un quattro mani con Massimo Felisatti, che si aggiudica il Premio Città di Cattolina per il miglior giallo dell'anno.

Ritorna in libreria nel 2003, con L’inganno (Marco Tropea Editore), una vicenda ambientata nell’Italia del nuovo millennio, nei meandri dei poteri occulti che tumorizzano le istituzioni democratiche.

Nel 2004, esce, sempre per Marco Tropea, La trappola.

Il protagonista è un cronista che, nel soccorrere un amico ferito a morte, si ritrova depositario di pericolosi segreti. Finirà nei guai, precipitato in una letale indagine che coinvolgerà organizzazioni mafiose, poteri politici, istituti finanziari e banche, imprenditori. Fino a realizzare di essere finito, appunto, in “trappola”.

Un grazie ad Andrea Santini per la sua disponibilità.

E a Falco Rubens, primo protagonista di questa “segretissima” avventura.