Khaled e Saïd, due giovani palestinesi amici fin da piccoli, sono stati reclutati come kamikaze per un attentato a Tel Aviv. La sicurezza dei primi momenti lascia spazio in seguito a paure e incertezze…

 

Forse bisogna ficcarsi in uno spazio intermedio tra Scala al Paradiso e Il Paradiso può attendere per descrivere adeguatamente questo Paradise Now. Dico “forse” perché il tema è a dir poco bollente, quello dei kamikaze medio-orientali, argomento sul quale c’è poco da scherzare, molto da riflettere e altrettanto molto da inorridire.

Stavolta il tentativo è perlomeno coraggioso, si direbbe quasi antropologico, visto che la scelta è quella di scandagliare in tempo reale le ultime ventiquattro ore di vita di due kamikaze, dubbi e incertezze comprese.

L’immersione, o meglio ancora il pedinamento, non solo dei due kamikaze ma anche di chi li convince a diventarlo, delle famiglie e degli amici, gli affetti insomma, avviene attraverso scelte di regia che piazzano la cinepresa ad altezza faccia dei due amici/kamikaze con una distanza molto prossima alla pelle, spesso imperlata di sudore segno che i due sono tutt’altro che convinti della fine che li attende.

 

Qualche buco di sceneggiatura c’è, inutile negarlo, e a tratti la sensazione è che la storia viri verso la commedia, ma in altri momenti il racconto riesce a restituire in pieno non solo gli aspetti rituali di una missione di morte ma anche tutto ciò che vi è di burocratico e grottesco, come quando uno dei due kamikaze, Corano in una mano, kalasnikov nell’altra e cintura esplosiva addosso, ha appena terminato di leggere il proclama che ogni kamikaze lascia a futura memoria (e che apprendiamo alimenta un florido commercio di videocassette). Con assoluta naturalezza l’operatore che lo ha filmato gli chiede di ripetere tutto da capo perché la videocamera non ha funzionato…

Che si fa di fronte a una scena simile?

 

Finale con zoom in avanti a scavare dentro gli occhi del kamikaze deciso ad andare sino in fondo, seduto in un autobus pieno di militari israeliani.

A seguire il silenzio e un bianco accecante…

Tema e film da ustioni da terzo grado, lo so…