Durante il matrimonio della sorella, Philippe rimane folgorato dalla figura di Senta, La damigella d'onore, una ragazza misteriosa e molto passionale…

Chiariamolo subito: per due terzi di film non accade in pratica nulla. Se ciò per qualunque altro film rappresenterebbe la morte certa, trattandosi di un film di Claude Chabrol il tempo speso equivale strettamente a quello necessario a scandire i tempi della passione bruciante che lega Philippe e Senta e a preparare al meglio la chiusura della storia dove Chabrol piazza un colpo di scena di quelli spiazzanti al massimo semplicemente traducendo ciò che sembra soltanto la boutade di una mente pericolosa o magari il parto immaginario di una fantasia al galoppo da parte di una dark lady un po’ sui generis com’è quella di Senta (Laura Smet), in spietata realtà.

A ben vedere tutto ha inizio dal più classico dei do ut des piegato alle esigenze dell’amore, il che fa sì che Philippe si senta chiedere da Senta, come pegno d’amore, quattro azioni: piantare un albero, scrivere poesie, fare l’amore con una persona dello stesso sesso e uccidere un uomo (resta inteso che una volta portati a termine i compiti, Senta farà lo stesso…).

La lezione di Chabrol, perché di lezione si tratta, di regia, sceneggiatura, messa in scena, è riassumibile in tutto ciò che di intraducibile trova spazio tra l’amore e la passione, tra la dedizione assoluta verso l’altro e il prezzo che ciò comporta, tra le bugie che sembrano vere e le verità che sembrano bugie.

Con l’abilità e l’esperienza che gli appartiene, Chabrol, giunto secondo alcuni calcoli al 54mo film, registra i tempi e gli eventi al millimetro e lascia andare Philippe verso il baratro con assoluta nonchalance da vecchio (in senso buono) volpone, dando prima fuoco alle polveri ad iniziare da una piccola bugia che sembra non avere effetto alcuno, per poi smorzare e deviare i sospetti quando il pericolo sembra affacciarsi, fino al colpo di scena finale e che sembra lasciare intravedere la convinzione anche per Chabrol che il delitto non paga.

Ma cosa importa alla fine l’esistenza o meno di una morale in una storia dove è il perfetto meccanismo di suspense messo in piedi da Chabrol a prevalere su tutto il resto?