“La misura dell'uomo” edito da Giunti è il nuovo romanzo di Malvaldi, scritto come nella più ampia tradizione rinascimentale, su commissione per celebrare la ricorrenza dei cinquecento anni dalla morte di Leonardo da Vinci, avvenuta il 2 maggio 1519. La proposta di scrivere un romanzo su Leonardo è stata fatta da Giunti a vari autori un paio d'anni fa, con l'idea di presentare ai lettori un libro diverso dai numerosi saggi e volumi d'arte sull'artista già presenti nel suo catalogo. Marco Malvaldi, ha detto sì a una proposta che non si poteva rifiutare, accettando con entusiasmo il progetto, trasformando il grande Leonardo in un detective ante litteram.

Al centro della trama, un taccuino segreto e una morte inspiegabile e Leonardo da Vinci che in quel di Milano a distanza di cinque secoli gioca con la nostra intelligenza e ci colma di stupore.

Lo stupore è anche del lettore che si ritrova tra le pagine un Leonardo più umano che genio. Un uomo che ama scherzare, che vive di rendita alla corte di Ludovico il Moro con la promessa di erigere un’imponente statua equestre in onore del padre di Ludovico, ma che è ben lungi dal concretizzarsi. Una statua che da quattro anni rimane soltanto un progetto, un’invenzione complessa da realizzare, come le tante che Leonardo tiene appuntate sul suo prezioso taccuino da cui non si separa mai. Alcune così prodigiose da destare l’interesse per quegli appunti fin oltre le Alpi.

La misura dell’uomo è un giallo storico, ma non solo. La versatilità dell’autore ci permette di cogliere tra le pagine fine umorismo, giochi di parole, riflessioni serie, personaggi giocosi e così tangibili che pare di essere lì, a corte. Lo stesso autore, si sostituisce ai suoi affezionati vecchietti del BarLume, -ovvero a quello che rappresentava il coro nel teatro greco, con uno schema del tutto simile a quello dell’Opera Barocca dove l’azione drammatica del recitato e parlato è divisa da arie, cori, balletti e liriche musicali-, inframezzando le varie vicende del romanzo con riflessioni personali, divertenti e divertite.

Significativo all’interno del libro, la scelta di modernizzare il linguaggio rinascimentale. Una trovata ingegnosa, che permette quasi di annullare il tempo storico per trovarsi in un tempo presente, ma comunque passato. La mente non può che andare all’intramontabile “Non ci resta che piangere” di Troisi e Benigni ed anche all’impeccabile e intelligente rivisitazione de I Promessi Sposi del trio Marchesini-Solenghi-Lopez.

Altra curiosità, il cambio di prospettiva durante le conversazioni, soprattutto a palazzo, che ricordano molto il movimento studiato di diverse macchine da presa durante un girato cinematografico. L’accostamento ad alcune inquadrature del Barry Lindon di Kubrick non è assolutamente blasfemo. Un escamotage, forse, per mantenere l’attenzione del lettore alta. Un marchinegno, per dirla alla Leonardo, di sicura presa ed effetto.

Dietro a una lavoro di ricerca minuzioso, necessario e fondamentale (in cui viene fuori anche l’esperienza del ricercatore chimico, quale Malvaldi era prima di dedicarsi completamente alla scrittura) La misura dell’uomo si rivela alla fine un libro godibilissimo, scorrevole, che intriga nella trama gialla, che convince nell’ambientazione storica, che diverte con un Leonardo che prima di essere genio, è soprattutto essere umano. Un uomo che litiga spesso con la madre, che si esprime in maniera colorita contravvenendo alle regole non scritte del linguaggio di corte, che coglie dettagli e sfumature della vita con l’accuratezza della scienza e il diletto di chi sa ancora stupirsi ed è capace di tradurre questa meraviglia, in arte, in ogni sua forma geometrica e perfetta.

Una rappresentazione di Leonardo, quella di Malvaldi, molto più vera e meno esagerata di quella del Vasari, di cui riportiamo, in chiusura, un frammento tratto dalla sua biografia, dove il genio toscano è un essere divino, soprannaturale.

Grandissimi doni si veggono piovere da gli influssi celesti ne' corpi umani molte volte naturalmente; e sopra naturali talvolta strabocchevolmente accozzarsi in un corpo solo bellezza, grazia e virtú, in una maniera che dovunque si volge quel tale, ciascuna sua azzione è tanto divina, che lasciandosi dietro tutti gli altri uomini, manifestamente si fa conoscere per cosa (come ella è) largita da Dio, e non acquistata per arte umana. Questo lo videro gli uomini in Lionardo da Vinci, nel quale oltra la bellezza del corpo, non lodata mai a bastanza, era la grazia piú che infinita in qualunque sua azzione; e tanta si è fatta poi la virtú, che dovunque l'animo volse nelle cose difficili, con facilità le rendeva assolute [risolte]. La forza in lui fu molta e congiunta con la destrezza, l'animo e 'l valore, sempre regio e magnanimo.