“C’è poca gente alla proiezione delle 17, speriamo che non venga soppressa come quella delle 15!” 

“Speriamo” sospira La Schermitrice, prendendo posto in una delle poltrone centrali del multisala. Davanti a loro c’è un solo spettatore, “Non tira molto questo Rush”.  

“Magari arriva gente dopo la pubblicità” mugugna l’amica. 

“Speriamo”. 

“Sbaglio o una volta correva anche tuo marito?” 

“Anche lui cominciò dalla Formula 3 come Lauda e Hunt, ma non si mosse mai da lì”. 

“Come mai?” 

“Esaurì me e gli sponsor”. 

“Non eravate contenti che corresse?” 

“Come no, mia suocera, ogni volta che partiva gli urlava dietro: A m’aracmand, va ben pian!” 

Intanto il film è cominciato e un Chris Hemsworth, ferito, lascia cadere a terra la tutina rossa restando completamente nudo, pronto a prendersi cura dell’infermiera che lo sta medicando.  

“Cavoli, quanto bendiddio!” s’infiamma l’amica “Ma il vero Hunt sarà stato davvero così bello?” 

“Mai quanto Thor!” 

“Un bel thorello, davvero!” tossisce l’amica, contorcendosi sulla poltrona, “Non so come sarà il resto film, ma questa scena si è già ripagata del costo del biglietto!” 

“Ebbasta!” s’incazza intanto il terzo spettatore dopo una marea di sbuffi. Lui è lì solo per le corse.

RUSH - USA, Gran Bretagna, Germania 2013 – 123’  

Regia: Ron Howard.  

Con: Chris Hemsworth, Daniel Brühl, Olivia Wilde, Alexandra Maria Lara, Pierfrancesco Favino.  

Niki Lauda e James Hunt hanno modo di conoscersi sui circuiti di Formula 3 prima di ritrovarsi in Formula 1 ed è da subito antipatia, ma la vera rivalità esploderà nel 1976, anno contrassegnato da indelebili drammi e miracolose riprese in tempi in cui le auto da corsa erano bare ambulanti e in media morivano almeno due piloti l’anno. 

Il regista Ron Howard, completamente estraneo alla Formula 1, ne ha tratto un film forse impreciso tecnicamente, che punta tutto sullo scontro emotivo tra i due antagonisti.  

Uno ne uscirà ricco ma deturpato a vita, l’altro stroncato da un infarto a 45 anni dopo una vita di eccessi.

Gravity è l’elaborazione di un lutto, magnificamente interpretato da una Sandra Bullock abbandonata nello spazio dal collega George Clooney, a metà del primo tempo. 

Uno spazio angosciante dove lo spettatore non vorrebbe mai trovarsi. Quando il dramma si compie la Bullok dovrà scegliere se abbandonarsi al dolore per la perdita della figlia o reagire.  

Reagirà, anche se lascerà perplessi vederla spostarsi da una navicella all’altra con un estintore e uscire incolume in mutande e canottiera da un disastroso ammaraggio.  

Azz… forse questo non dovevo dirlo. Vabbè, ormai.

 

GRAVITY - USA, Gran Bretagna 2013 – 92’ 

Regia: Alfonso Cuarón.  

Con: Sandra Bullock, George Clooney.  

Gli astronauti Ryan e Matt, mentre effettuano riparazioni alla loro stazione orbitante, vengono investiti da una tempesta di detriti che li lascia a vagare nello spazio alla disperata ricerca di un modo per tornare sulla terra. 

Dallo sceneggiatore de La promessa dell'assassino e Piccoli affari sporchi, ci si aspettava di più di questo REDEMPTION e il percorso del suo gangster verso la redenzione toglie ogni mordente alla storia. L’ideona di aggiungere una suora longilinea, occhialuta e senza trucco che lo spettatore smaliziato intravede già potenziale bella sventola è prevedibile. Il dubbio se il nostro lazzarone e la suora riusciranno a conoscersi anche in senso biblico verrà tolto solo a qualche minuto dalla fine prima che i due si separino e che la storia ricominci daccapo, si spera non in un altro sequel.

 

REDEMPTION. Identità nascoste - USA, Gran Bretagna 2013 – 100’ 

Regia: Steven Knight.  

Con Jason Statham, Agata Buzek, Vicky McClure, Benedict Wong, David Bradley.  

Joey Smith vive con altri senzatetto nei sobborghi di Londra per evitare la corte marziale dopo essere fuggito da un ospedale militare in cui era stato ricoverato durante una missione in Afghanistan. In fuga da dei balordi che lo hanno malmenato trova rifugio in un lussuoso appartamento il cui proprietario tornerà solo dopo mesi. Il miraggio di una nuova vita lo spinge prima a fare il cuoco in un ristorante e poi a diventare esattore per la mafia cinese. La giovane suor Cristina, conosciuta alla mensa dei vagabondi, lo aiuterà nella sua ricerca di giustizia e redenzione. 

Una storia corretta e appassionante come un documentario di Superquark questo A ROYAL AFFAIR, dove l’attrattiva sta nel fatto di esser tratto da una storia vera. Il plot corrisponde infatti rigorosamente a quanto accaduto e riportato nei manuali scolastici danesi e in 15 libri, nonché in un'opera lirica e un balletto.  

Di certo non scorderete il protagonista (interpretato dal bravissimo Mads Mikkelsen de Il sospetto e della meno convincente serie Hannibal) Dottor Strunsee, che sì, avete capito bene, si pronuncia proprio Strunz. 

Inizialmente gli spettatori si danno di gomito ogni volta che lo sentono nominare, per poi provare una gran pena quando la storia volge al dramma per il povero Strunsee. Una fine che non sarà vana ma illuminante, anzi illuminista, per i posteri.

  

A ROYAL AFFAIR - Danimarca, Svezia, Repubblica ceca, Germania 2012 - 128 

Regia: Nikolaj Arcel.  

Con: Alicia Vikander, Mads Mikkelsen, Mikkel Følsgaard, Trine Dyrholm, David Dencik, Cyron Bjørn Melville, Søren Malling, William Jøhnk Nielsen 

Il mentalmente instabile Christian VII di Danimarca, maritato in giovane età alla cugina Caroline Matilda sorella del re d'Inghilterra Giorgio III, è passivo strumento nelle mani del Consiglio di Corte che governa in sua vece. L’incontro con l’illuminista medico tedesco Johann Friedrich Struensee, che ha su di lui un forte ascendente, muterà il suo atteggiamento e instillerà in lui i propri ideali imponendoli anche ai ministri, sempre meno disposti a ottemperare ai suoi ordini mentre la trascurata moglie Caroline intreccerà una relazione con Struensee.

Che l’illuminismo sia con voi!