Ciao Matteo, benvenuto su ThrillerMagazine…

Ciao Fabio, grazie per l'invito!

Qualche mese fa, la TEA ha riproposto il tuo romanzo “Savana padana”. Un’ottima occasione per ritornare in libreria, in questo caso con alle spalle la grande distribuzione, dopo la scoperta d’esordio per i tipi di un editore indipendente. Come è stato accolto il libro dalla critica e quali sono stati i feedback dei lettori?

Visti i tempi che corrono, ti confesso che le cose stanno andando piuttosto bene. Io e l'editore siamo realmente soddisfatti sia per come si è mosso il libro in termini di vendite, sia per il riscontro avuto dalla critica.

“Savana padana” è un titolo molto efficace, decisamente attira l’attenzione. Ci sei stato su molto a pensarci?

A dir la verità no, mi è venuto istintivamente. Un concetto e due parole chiave in assonanza, taaac!

Soprattutto per chi ha letto il libro, il titolo si spiega da sé; ma ti chiedo di partire proprio da questo punto per andare ad introdurre i contenuti del tuo romanzo ai potenziali nuovi lettori.

Pensavo a un titolo efficace e irriverente che potesse rappresentare un parallelo tra la brutalità animale presente nella savana africana e quella dei criminali veneti che sono protagonisti della mia storia: più che uomini, vere e proprie bestie pronte a tutto in nome dei schèi.

Come per una parte significativa della narrativa - quella cosiddetta di genere compresa - una singola etichettatura sarebbe limitante per il tuo romanzo: “Savana padana” è noir, è pulp, è western…

Lo penso anch'io. Credo si tratti di una vera e propria marmellata di generi, un crossover, come direbbe qualcuno.  A me piace definirlo molto più semplicemente “narrativa popolare”. Quando scrivo infatti non penso mai alle etichette di genere, ma provo semplicemente a raccontare una storia con una voce originale e soprattutto provo a rivolgermi a tutti.

Pur se visualizzata attraverso l’epica contemporanea degli scenari “western”, inasprita dal noir ed esasperata dall’ironia (cinismo, a tratti) dell’approccio pulp, la Padania che ci presenti è in qualche modo anche reale. Quanto lo è?

Anzitutto va detto per correttezza che il Veneto è una delle regioni italiane più sviluppate e moderne sotto molti punti di vista, non soltanto quello economico. Tanto per fare due esempi concreti, è la regione che ogni anno dimostra di avere il livello di istruzione qualitativamente più alto nel Paese ed è la regione dove vi è il più alto numero di cittadini dediti al volontariato sociale e no profit. Detto questo, ciò che io racconto in chiave grottesca e iperbolica in Savana Padana è per certi versi più realistico di quanto si possa pensare. Per trovarsi di fronte a certi personaggi o vivere situazioni simili a quelle descritte nel mio romanzo è sufficiente andare a qualche sagra paesana (magari in qualche bettolone della Lega Nord) o intrufolarsi in qualche trattoria di campagna, dove sembra davvero di immergersi in un film western-pulp.

Un romanzo breve, con svariati personaggi però J. Il tuo preferito?

Senza ombra di dubbio il comandante dei carabinieri Fetente Tommaso, un uomo con tre passioni nella vita: la sambuca Molinari, le prostitute di colore e Padre Pio.

Ho letto in un’intervista una simpatica etichetta che tu stesso hai individuato per il tuo filone narrativo: “polenta-western”. Soffermiamoci ancora su questo aspetto del West, che trovo interessante.

Adoro il western. Adoro tutto del western, a cominciare dalla sua cifra epica e dal fatto che in questo genere letterario e cinematografico il paesaggio, il territorio, gli scenari, non vengono mai rappresentati come  cornici narrative o semplici spazi dove si svolge l'azione, ma hanno al contrario un ruolo narrativo fondamentale, rappresentando stati d'animo, dimensioni interiori e una loro profondità come se fossero veri e propri personaggi.

Dallo “spaghetti western” di Leone è venuto facile pensare ironicamente a un “polenta western” per l'ambientazione veneta della storia. In Savana Padana sono molti gli aspetti ripresi dal codice western. Ora non sto qui a elencarli. Cari lettori di Thriller Magazine, leggete il libro e scopriteli voi; -)

Hai più volte affermato che lo scopo della tua narrativa è divertire (in modo intelligente – sottolineo io) piuttosto che impartire (evidenti, o sapientemente celate tra le righe) lezioni o fare morali o campagna sociale… Sicuramente è così. Ma se io, con buone intenzioni s’intende, ti provocassi e ribattessi che è vero al 90-95%?

In realtà prendo la tua provocazione come un complimento. Sono convinto che nel momento in cui si racconta una storia, si veicolano comunque e inevitabilmente delle idee proprie dell'autore. Quello che a me preme è non farlo in maniera engagé. Per me vige la regola aurea che appartiene alla narrativa americana: Story first! Prima la storia, poi l'autore. Invece spesso, soprattutto nella narrativa italiana, mi sembra di vedere l'esatto contrario.

Cos’è Sugarpulp?

Quando lo ideai e gli diedi vita era un innovativo movimento letterario coadiuvato da un blog. Ora, grazie a molte persone straordinarie che ci lavorano con passione, è diventato molto di più: una realtà gigantesca e incredibilmente vitale, con un festival internazionale come fiore all'occhiello di un'attività di promozione culturale quasi quotidiana in ogni angolo della penisola. Sugarpulp è per me una sorta di figlio maggiore, il mio “primogenito”.

Sei docente di lettere. Quanto è difficile (o facile) fare l’insegnante, oggi? Qual è l’interesse dei giovani verso la narrativa? E come ritieni meglio stimolare tale interesse, in quanto scuola e corpo docente, soprattutto nel potenziale latente nei ragazzi?

I ragazzi di oggi non sono in fondo così diversi da quelli di ieri. Leggono poco, è vero, ma è altrettanto vero che in questa faccenda la responsabilità principale ce l'abbiamo noi adulti. Credo che fare l'insegnante oggi non sia più difficile di un tempo se si sa come comunicare con i ragazzi. In fin dei conti è questo l'ombelico della faccenda: essere in grado di comunicare ed empatizzare con le loro esperienze e le loro emozioni. E questo o ce l'hai o non ce l'hai. Non te lo insegna certamente un corso di laurea, né tanto meno la scuola di specializzazione o uno stupido concorso a punti.

Parliamo un po’ anche di un altro tuo romanzo: “Bacchiglione Blues” (PerdisaPop, 2011).

Altro polenta western 100%, ma ancora più grottesco, triviale, esagerato, caricaturale e “fumettaro” di Savana Padana. Una storia per palati grevi o sopraffini. No vie di mezzo. No compromessi.

Hai pubblicato anche un racconto negli Stati Uniti, in un’antologia intitolata “Venice noir”…

Un'occasione pazzesca.

Quando il mio agente Nicolazzini me lo propose, gli dissi di sì dopo un nanosecondo. L'idea di pubblicare un racconto noir in un'antologia con Jakubowski, Hodges, James, Hoffman e molti altri cavalli di razza, era per me un'occasione ghiottissima. Oltretutto il mio racconto ha avuto un successo incredibile, è stato più volte ripreso dalla migliore critica americana ed è stato selezionato per gli Edgar's Awards. Cosa vuoi di più dalla vita?

Chiudiamo canonicamente con la domanda su progetti, lavori in corso e prossima pubblicazione?

Nel futuro prossimo farò due pubblicazioni con Guanda, il mio nuovo editore. Il primo libro uscirà fra poco, ad aprile, e si intitolerà “La Pelle dell'Orso”. Si tratta di un romanzo completamente diverso dai miei precedenti, ma non voglio dirti nulla di più. Sarà una grande sorpresa, vedrai. C'è molta aspettativa intorno a questa storia e io sono convinto che se ne parlerà.

Poi tante altre cose, ma proprio tante. Perché come disse Nietszche: “Da quando ho imparato a camminare, mi piace correre!”

Grazie Matteo per essere stato con noi. Alla prossima!

Grazie a te e a prestissimo!  Shalom