Aveva appena trent’anni Koushun Takami quando pubblicò un romanzo che avrebbe sconvolto i media: Battle Royale (1999). Divenuto subito un manga, la storia arriva al cinema con il film omonimo che l’Italia ha insistentemente evitato di distribuire - al massimo ci è stata concessa una versione originale con sottotitoli!

L’idea è semplice: un’isola e un gruppo di persone che dovrà uccidersi. L’ultimo che rimarrà vivo, avrà vinto e potrà continuare a vivere. E se fra il gruppo ci sono due ragazzi innamorati? Chi dei due alla fine dovrà vivere?

Subito lo spunto ha contagiato opere statunitensi: da film che vi si ispirano - come The Condemned. L'isola della morte (2007) in cui dieci criminali sono costretti ad uccidersi su un’isola deserta - a romanzi e relativi film che plagiano palesemente l’opera di Takami - come Hunger Games (2012) con una trama praticamente identica sebbene il nome dell’autore giapponese non sia riportato neanche fra i ringraziamenti.

Cosa accomuna queste opere “derivate”? Semplice: il massacro di morte e violenza giapponese si trasforma in un moralistico “volemose bene”, dove i personaggi muoiono quasi per sbaglio. Farà differenza l’ennesimo rimaneggiamento di Battle Royale, in arrivo nel mondo fumettistico americano?

     

Arriverà negli USA nel febbraio prossimo l’atteso Avengers Arena, che già dalla copertina chiarisce bene lo stretto legame con il Battle Royale di Takami: è un’irresistibile rimaneggiamento della locandina della versione filmica giapponese.

Dennis Hopeless ai testi e Kev Walker alla grafica portano i lettori nella versione Marvel di Battle Royale.

Sedici giovani supereroi si ritrovano intrappolati in un’isola deserta e costretti a combattersi l’un l’altro: solo uno potrà uscirne vivo. «Benvenuti a Murder World - recita il lancio pubblicitario, - dove i segreti sono tanti, le alleanze deboli e la chiave per vincere può passare attraverso la riscrittura delle regole del gioco. Chi sopravviverà?»

    

La domanda nasce spontanea: in un universo fumettistico dove i personaggi nascono come funghi ma non muoiono mai (e se muoiono risorgono!), che senso ha affrontare una storia in cui è prevista la morte di un elevato numero di personaggi? Non il ferimento, non la morte per freddo o paura: una morte totale data da atti di violenza estrema, con relativi abbondanti spargimenti di litri di sangue. C’è da scommettere che quella di Avengers Arena sarà una storia all’acqua di rosa - tanto più che i protagonisti sono tutti giovanissimi quindi super-protetti dall’attenta censura statunitense.

Aspettiamo con ansia di scoprire cosa avrà inventato il team creativo di Hopeless - il cui nome, “senza speranza”, è già tutto un programma! - per riuscire a far morire i personaggi senza farli morire, e ad uccidere senza uccidere.