La stroncatura è ormai diventata un genere assai remunerativo in termini di pubblicità, specie sul web: si parla male di un libro, di un film, di un album e si può acquistare una dubbia fama di implacabile censore delle malefatte (intellettuali) altrui.
D’altra parte autori, registi, cantanti reagiscono generalmente alla stroncatura con un genere ancora più antico: l’invettiva: ipotizzando magari oscuri complotti, innominabili interessi, sinistre cordate o semplicemente insultando il recensore; oppure scomodando avvocati e intasando tribunali.
Questa NON SARÀ una rubrica di stroncature: innanzi tutto perché i giudizi negativi saranno argomentati sine ira et studio, al massimo col ricorso a una blanda ironia; in secondo luogo perché il vostro recensore al 95% non conosce personalmente gli autori di cui si occupa e al 99% acquista personalmente le loro opere, garanzia questa almeno di (costosa) imparzialità; infine perché il “pollice verso” avrà come oggetto l’opera singola per cui, oltre a non poter costituire un pre-giudizio su quelle future, a minor ragione si può estendere alla persona dell’autore.
È giusto però informare il lettore che l’idea per questa rubrica, che tecnicamente è uno spin off di “L’altro noir”, nasce in seguito a una NON stroncatura – nel senso da noi già sottolineato – scambiata irosamente dall’autore per una banale stroncatura da corsaro del web. Ecco perché, eccezionalmente, diamo inizio alle danze con la replica, per così dire, del pilot.
Buona lettura a tutti.

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