- Prego - ripeté. E sorrise.

I suoi lineamenti mi rivelarono di colpo tutto quello a cui avevo rinunciato restando in provincia. In quel sorriso c’era un mondo di meraviglie che, al contrario di Alice, non ero andato a vedere.

- Buonasera - mi venne fuori in un filo di voce.

Lei rispose soltanto annuendo.

- Sono del quotidiano cittadino - aggiunsi a fatica. - E questo è il commissario.

Mi si avvicinò ancora. Con l’effetto contrario di un quadro. Mentre accostando lo sguardo le pennellate svelano il trucco del dipinto e lo disperdono in un guazzabuglio di colori, lei appariva sempre più lontana da quella formosità vistosa che in provincia si scambia per bellezza.

Con i tacchi era perfino un po’ più alta di me. Capelli di una sfumatura fulva, molto accesa, simile a quella di certe foglie d’autunno che proprio prima di staccarsi acquisiscono risalto e viene voglia di carezzarle. Occhi nocciola, incastonati nelle orbite con un perfezione che sconfinava dall’anatomia all’alta oreficeria. Naso dalla cesellatura talmente lieve da far sorgere il sospetto di trovarsi dinanzi a una creatura priva del bisogno di respirare. Labbra che sembravano due piccole volute di carne.

Intanto, non sapevo che dire.

Ci pensò lei: - Commissario? Qualcosa non va? Io sola qui. Non conosce nessuno.

Solo a quel punto mi accorsi del suo accento: - Americana?

Annuì come aveva fatto prima per rispondere al mio saluto.

L’America è là da sempre. Con la sua distanza. Confinata dentro cornici più nascoste di quelle dei quadri, ma altrettanto sicure. I film, i libri, i giornali, la rete. Coltivo l’attrazione verso un Paese in cui non andrei mai, nemmeno per un viaggio organizzato, come ha fatto il mio barbiere. Lui, a differenza di me, non la conosce, l’America, non gli interessa capirla, non sa cosa aspettarsi. Io sì.

- Come si chiama? - le domandai in un inglese parecchio esercitato tra me e me, magari a tarda notte, ripetendo i dialoghi di film in DVD con l’audio originale.

- Jeena Barrow - rispose, con un altro sorriso.

- E... cosa ci fa... - con la mano indicai la galleria, la città e probabilmente la mia esistenza.

- Giro molto. Mi piace cambiare casa, amici, tutto.

Senza chiederlo, seppi ogni cosa di Jeena Barrow. Veniva da New York, ma aveva vissuto praticamente dovunque. Un enorme patrimonio familiare e nessuna responsabilità.

- Quasi come me - commentai. - Io non ho nessun patrimonio familiare e tante responsabilità.

- Verso chi?

- Me stesso: se non lavoro non mangio.

Jeena stavolta scoppiò a ridere. E con il fiato le uscì da dentro una miscela di odore e altro di sé, che mi si attaccò addosso.

- Complimenti. - Era il commissario, che si era fatto in disparte, approfittandone per dare uno sguardo completo alla mostra. Tornò vicino a noi e Jeena si voltò verso di lui.

- Il commissario dipinge - spiegai all’americana. - È molto bravo.

- Esagerazioni - replicò il mio amico, senza troppa modestia.

Alla fine mi sembrava di stare con lei da appena dieci minuti, invece era un’ora. I negozi chiudevano e per questo il passeggio sul corso scemava. La gente non aveva più niente da vedere e si rintanava in casa. Io invece non mi stancavo di contemplare Jeena, che da sola racchiudeva tutto lo splendore negato a questo margine insulso del mondo.

Fu lei a invitarci a cena. Per farsi degli amici bisogna pur cominciare, spiegò. Ero d’accordo, dissi. Il commissario declinò e andò via lanciandomi un’occhiata che, da parte di un funzionario della polizia, non poteva certo definirsi di complicità. Semmai di smascheramento. I tutori dell’ordine tendono a vedere tutta l’umanità in flagranza di reato, fino a prova contraria.

Peccato per i dolci in galleria. Ce n’erano parecchi sui tavoli, e avevo riconosciuto la confezione della migliore pasticceria, dove costavano il doppio. Non ne avevo toccato neppure uno. Il cibo in provincia sostituisce tutto quello che non accade. Con Jeena, bastava la sua presenza a banchettare. O perfino il suo ricordo, quando se ne sarebbe andata. Perché doveva andarsene, no? L’aveva detto che cambiava vita ogni volta che le girava.

- Chi glielo ha suggerito? - chiesi alludendo alle tavole imbandite.

- Il proprietario della galleria. Ma non è venuto neppure lui. Beh, si papperanno tutto i gatti che li scoveranno fra i rifiuti. Mi dà una mano?