ATM – Trappola Mortale di David Brooks, dove il titolo è l’acronimo di Automatic Teller Machine, meglio conosciuto qua da noi come bancomat; una capatina perché sei al verde e non ne esci più… Non ne esci più perché un bel tomo, seminascosto da un piumino tipo Artico, si piazza davanti alla porta, né troppo lontano, né troppo vicino, però quel tanto che basta a suscitare nel terzetto di malcapitati reduci da una festa aziendale (Emily/Alice Eve, Corey/Josh Peck, David/Brian Geraghty) la sensazione che qualcosa non vada come dovrebbe.

Siamo alle solite dirà qualcuno, e in certo senso è vero perché non si scappa dal solito binomio “assedio + spazio circoscritto”, anzi “spazio circoscritto + assedio” (lo sceneggiatore è quello di Buried), dove dentro è l'Inferno mentre fuori sembra il Paradiso (da Distretto 13: le brigate della morte a, se vogliamo, Die Hard- Trappola di Cristallo). Solo che stavolta la presenza oscura che permea il vissuto dei tre tapini, per quanto ferocemente determinato e diabolicamente organizzato, sembra stavolta mirare più in alto rispetto alla semplice eliminazione, più un catalizzatore dell’aggressività sepolta sotto quel sottile strato di consuetudini civili (vedi il fatale scambio di persona…), che un serial killer assetato di sangue, un oscuro e gigantesco gatto pronto a giocare al gioco che gli riesce meglio: quello col topolino.

Niente di nuovo, dicevamo, però neanche un martellante déjà vu…

Discreto, ma ad un passo dal buono...