Finito in prigione per un crimine non commesso, l'ex poliziotto Nick Cassidy tenta in tutti i modi di dimostrare la propria innocenza.

Per farlo si arrampicherà sul cornice di un grattacielo minacciando di suicidarsi…

Siamo alle solite ma non proprio (non che il risultato poi cambi molto…). 40 carati di Asger Leth, è un thriller con al centro un innocente che lotta, con differenti gradi di disperazione, per affermare la sua condizione, mentre all’interno della vicenda prende via via corpo un heast-movie (non diciamo di più…).

Oddio, l’idea avrebbe potuto anche funzionare, solo che la scoperta che l’idea stessa, il relegare cioè questo povero cristo sul cornicione, è solo e soltanto un cavallo di Troia, avviene fin troppo presto con la conseguente caduta di qualsiasi interesse per il proseguo della storia (scommettiamo che ce la fa…?).

Su cosa concentrarsi allora? Sulla regia che si incarta perché è costretta a ricordare in continuazione che Sam Worthington (lo sapete tutti chi è, no?) sta lassù (e allora è uno sprecarsi di plongée?), o sulla inverosimiglianza di tutta la vicenda che stenta a farsi credere? Difficile rispondere...

Accontentarsi allora di Ed Harris, un villain che pare Donald Trump, solo che mentre quest’ultimo ride che è una bellezza, il primo ha un ghigno che fa paura (“La prima volta che ho venduto un palazzo mi hanno regalato quattro puttane, un etto di coca e un viaggio a Parigi”, è la battuta con la quale si presenta).