Escono per la prima volta raccolte in un’antologia le divertenti ed assolutamente destabilizzanti storie di Andrea Carlo Cappi dedicate al più improbabile dei commissari letterari, che fuma una non-pipa e che fa capo alla Surrealitè (invece che alla Sûreté). Le surreali inchieste del commissario Magritte esce in forma digitale curato da MilanoNera: il primo testo scritto dall’autore esclusivamente per il mondo dell’eBook.

L’abbiamo incontrato per farci raccontare la genesi del più improbabile dei suoi personaggi.

Come sono nate queste inchieste surreali e destabilizzanti per il lettore?

L’idea risale ad almeno una ventina di anni fa, anche se all’epoca esisteva solo il titolo, che accompagnava alcune vignette ispirate ai quadri di René Magritte disegnate per gli amici. Ogni tanto mi veniva voglia di scrivere sul serio anche i racconti, ma le idee erano troppo surreali per le mie collaborazioni dell’epoca (prima una serie di radiosceneggiati RAI prematuramente interrotta, poi i racconti in appendice al Giallo Mondadori) e ho sempre rimandato. Dal 2009 però ho preso l’abitudine di proporre ogni venerdì un mio racconto agli amici di Facebook, recuperandone anche di bizzarri e scrivendone di nuovi, soprattutto a sfondo umoristico. Così, la scorsa primavera, ho finalmente scritto le prime quattro storie con il commissario Magritte, che sono risultate particolarmente gradite ai lettori. Nel contempo Paolo Roversi mi chiedeva un testo di una trentina di pagine per gli eBook di MilanoNera, sicché ho scritto i due racconti conclusivi della saga e glieli ho fatti leggere, avvisandolo che erano “mooolto surreali”. A lui sono piaciuti e così è nata la raccolta.

Quelli con Magritte sono racconti che per definizione rifiutano ogni tipo di realtà: sono per caso la valvola di sfogo di un autore che invece è sempre molto attento sia alla realtà che al realismo?

È possibile, anche se realtà e realismo sono concetti relativi. Per esempio, le storie di Diabolik & Eva Kant, cui ho dedicato quattro romanzi, sono ambientate nel mondo “alternativo” creato dalle sorelle Giussani, con città e paesi immaginari, in cui si è passati dagli anni ’60 agli anni 2000 mentre i personaggi invecchiavano solo di un decennio; tuttavia da quando esistono una mappa e una guida turistica di Clerville pubblicate da Astorina, uso ambientazioni molto accurate anche se del tutto immaginarie. Al contrario, le storie dei miei personaggi Medina e Nightshade sono rigorosamente ambientate in luoghi e periodi precisi, tanto che tra poco Medina, trentaduenne alla sua prima avventura, sta per compiere 50 anni.

A ben vedere però, anche i racconti del commissario Magritte hanno una

loro logica interna, per quanto assurda, e sono infarciti di dettagli ricorrenti che possono apparire di sfuggita in una storia per essere usati in una puntata successiva. Una volta fissate certe regole, mi mantengo fedele a esse.

Il tuo è stato un gustoso “divertissement” letterario o lo si può anche considerare una divertente parodia dei dettami e degli stilemi della letteratura gialla?

"Le surreali inchieste del commissario Magritte" (copertina disegnata da Cappi)
"Le surreali inchieste del commissario Magritte" (copertina disegnata da Cappi)
Be’, qui tutto è rovesciato. La polizia si rattrista se non sono commessi delitti, i meccanismi di promozione e punizione sono stravolti, l’indagine sul delitto del primo racconto è quantomeno delirante... Più che la letteratura gialla, direi che la parodia riguarda tutta la realtà, e qui più che mai il personaggio che dovrebbe risolvere i misteri è una metafora del mondo in cui viviamo: le cose stanno in un certo modo, ma se stessero in tutt’altro modo ci adatteremmo a vivere secondo princìpi diversi e ci sembrerebbe perfettamente normale.

Nell’«Avviso» che apre l’antologia riveli gli artisti che ti hanno ispirato: Magritte, Dalì, Mirò e Klimt. C’è qualche scrittore che lo stesso ti è stato d’ispirazione?

Indirettamente, il Woody Allen autore di racconti, la cui metodologia mi aveva ispirato qualche storia breve umoristico-intellettuale negli anni Ottanta: un racconto alla 007 narrato in “stream of consciousness” in cui l’agente segreto è James Joyce, un falso dialogo di Platone, una raccolta di miniracconti pseudo-zen... Nelle storie del commissario Magritte c’è anche, di sicuro, qualche reminiscenza del cinema di Luis Buñuel.

Questo è il tuo primo passo ufficiale e cosciente nell’editoria digitale: che effetto ti fa?

Curioso. Non ho nemmeno una copia fisica del libro, che tuttavia mi ricorda un po’ i gloriosi volumetti Millelire di Stampa Alternativa in versione virtuale. Il mio unico eBook precedente è stato Le grandi spie (Vallardi), di cui però ho sempre a portata di mano una solida copia cartacea, quindi è la prima volta che pubblico un libro impalpabile eppure sempre libro.

Se non sbaglio la copertina del libro nasce come "manufatto"...

È un’illustrazione che ho disegnato apposta, replicando una delle mie vignette di oltre vent’anni fa, ovviamente ispirata al classico uomo con la bombetta dei quadri di René Magritte.

Tornerai a scrivere dell’irresistibile e surreale Magritte? Possiamo sperare in un’altra futura e “reale” antologia?

Ho stabilito che, con l’ultima storia della raccolta, si chiuda la carriera del commissario Magritte. Se ne scrivessi altri racconti, rischierei di trasformarlo in un prodotto di maniera che replica se stesso. Questo non significa che abbia smesso di scrivere racconti dell’assurdo: mi riservo di ricorrere alla mia vena surreale tutte le volte che lo riterrò necessario!