— Vengo ogni volta che posso. Lo sa che questo caso non mi è mai andato giù. Non riesco a levarmelo dalla testa.

— Lo immagino. Ma vede, non è stata colpa sua. È stato così che doveva andare. Tutto qui.

— Non ricorda ancora nulla, secondo lei?

— No, ormai ha rimosso tutto. Anche il dottore dice che non vuole ricordare, che potrebbe, ma non vuole. E forse, a conti fatti, è meglio così. Non crede?

— Immagino di sì. Come mai la divisa?

— Oh, a lui fa piacere. Vede i bottoni che risplendono al sole?... era un po’ il nostro gioco, in fondo.

— Fa sempre bene al cuore vedere un simile caso di devozione. Sa, oggi non è più tanto comune.

— Verrò qui fino all’ultimo giorno della sua vita. O della mia, se è per questo. Dopotutto è a causa mia che è successo. Come un grizzly di montagna... si ricorda?

* * *

Dalla finestra della clinica si vedeva perfettamente il viale, dove padre e figlio, seduti a un tavolo di marmo, giocavano a scacchi sotto il sole lucente che traeva bagliori dai bottoni della lucida uniforme e dall’occhio metallico dell’orsacchiotto di pezza appoggiato accanto alla scacchiera. Il dottore sobbalzò, quando Sauro Badalamenti entrò nella stanza. Stava pensando.

— Non è cambiato ancora nulla, vero?

— No, certo. È sempre convinto che si sia trattato di legittima difesa, del tentativo estremo di difendere una creatura troppo fragile da tutti i mali del mondo.

— Come un grizzly di montagna difende il suo piccolo.

— Esattamente.

— Ma perché lasciare ancora quell’orso con la telecamera dentro? Si vede perfino da qui che la macchina è in funzione, c’è la spia rossa che lampeggia. Crede che sia prudente?

— Oh, non si accorgerà di niente. Quell’orso è una specie di simulacro. E quella telecamera nascosta, così come è servita per le indagini, ci tornerà utile ora per la terapia, per noi è importante sapere cosa fa e cosa dice quando crede di non essere osservato o ascoltato. Insomma quello che padre e figlio si dicono quando sanno di essere soli.

— Che storia terribile. E pensare che la telecamera è stata messa apposta lì perché noi la trovassimo. Che coraggio che deve avere avuto.

— Deve essere sconvolgente scoprire che la persona che ami di più al mondo è anche un assassino. Così terribile che credo, almeno all’inizio, volesse avere le prove solo per se stesso. Per convincersi che non lo stava sospettando ingiustamente.

— Sì però poi ce l’ha consegnata.

— Oh, quello... è stato per quei bottoni dorati. Vede l’uniforme? Non si può prescindere a volte dai dettami della propria coscienza, ancora meno di quanto si possa sfuggire ai vincoli della legge.

— A proposito, come mai la indossa ancora?

— Povero vecchio, dopo quello che è successo... a quella divisa ci teneva così tanto che ho chiesto un favore a un amico.

— Capisco, e lui dove lavora adesso?

— Qui vicino, allo zoo. Così può venire a trovarlo tutte le volte che può. Deve essere stata dura vedere i suoi peggiori sospetti confermati. Guardarlo mentre spingeva quel bambino sotto l’automobile, ne affogava un altro, mentre sabotava i petardi che avrebbero dilaniato quei due ragazzi e uccideva la sua maestra. Mentre le diceva che lei avrebbe dovuto mangiare tutta la minestra come una brava bambina.

— Già, l’ha uccisa con la dolcezza, almeno. Ma perché mai lei lo avrà lasciato entrare in casa quella sera?

— Studiava pedagogia all’università. Si era convinta di poter curare da sola il bambino, visto il rifiuto di ricoverarlo in un istituto.

— Se solo l’avessero ricoverato in una struttura più adatta, tutto questo forse non sarebbe accaduto.

Ma Sauro Badalamenti sapeva che c’era dell’altro. Durante le indagini si era sempre chiesto come avesse fatto un padre a crescere un bambino da solo, in quel modo. Poi si era chiesto come mai fosse solo, quell'uomo. Allevare un bambino piccolo non è cosa da uomini. Dove diavolo erano finite la madre o la nonna? Essendo stato un poliziotto per tanti anni, quell’uomo aveva avuto cura di insabbiare ogni cosa, ma c’era un posto dove naturalmente non era potuto arrivare. L’obitorio. Madre e nonna erano morte quando il bambino aveva solo sei anni. Un malaugurato incidente domestico, in cui, ancora una volta, solo il piccolo era sopravvissuto.

* * *