Frederick Forsyth è stato, sin da Il giorno dello Sciacallo, l’alfiere di una spy story differente sia dai modelli più avventurosi e pulp che da quelli se vogliamo più realistici ma sin troppo orientati all’introspezione. I suoi romanzi, lunghi, articolati, scritti con uno stile giornalistico da molti giudicato un po’ freddo ma sicuramente appassionante, hanno fatto scuola.

Oggi forse, rileggendoli, la minuziosità con cui ogni avvenimento e personaggio veniva portato in scena, a creare un enorme mosaico, non è più di moda. Saranno i tempi che, grazie a cinema e televisione, diventano più sincopati, saranno gli anni che passano, da diverso tempo le storie di fantapolitica di Forsyth sono diventate più brevi e, spiace dirlo, con alterni risultati. Personalmente li trovo più vicini a dei buoni Segretissimo (senza voler togliere loro nulla) per lunghezza e intreccio che a quei best seller internazionali del thrilling cui eravamo abituati. E questo, come potete immaginare, senza voler sminuire la formula Segretissimo che riesce a garantire emozioni e intrecci in un numero ristretto di pagine.

Di fatto i romanzi di Forsyth restano uno dei pochi appuntamenti in libreria in grado di riportare sulla spy story l’occhio della critica.

         

The Kill List (2013) l’ho acquistato in una libreria americana di Amsterdam questa estate. Non ho ragione di credere che non uscirà in italiano ma, un po’ per il prezzo contenuto, un po’ per la voglia di sapere prima come sarebbe stato, ho deciso di leggerlo in originale. E bene ho fatto perché si tratta di un romanzo di grande intrattenimento, “alto” come disse una volta il professor Gian Arturo Ferrari, allora direttore generale dell’area libri Mondadori in una lezione a noi giovani acquisti della casa editrice.

È un thriller che riprende i tratti migliori dell’autore, sfrondato da un eccessivo particolarismo che non si adatta più ai tempi. Eppure c’è ancora tutta la voglia di raccontare una vicenda appassionate partendo da particolari minimi e apparentemente slegati sino ad arrivare a una conclusione in cui tutto torna.

Lo spunto parrebbe non originalissimo. Esiste nei servizi segreti americani una lista nera dei peggiori terroristi in circolazione, quelli da eliminare a tutti i costi. Emerge qui la figura fantomatica del profeta, un nuovo jihadista che si fa chiamare semplicemente il Predicatore e induce attraverso sermoni diffusi in rete giovani musulmani integrati in Occidente a immolarsi con conseguente carico di vittime innocenti. Inghilterra e USA sono martirizzati da una serie di attentati suicidi riconducibili alle sue prediche ma il personaggio resta elusivo e inafferrabile. Entra in scena il Tracker, il cacciatore, che, ci crediate o meno, si chiama Kit Carson, ex specialista delle guerre segrete, ex marine il cui padre finisce pure tra le vittime di uno degli attentati.

          

Frederick Forsyth
Frederick Forsyth
Se il risvolto “personale” della caccia non riesce a essere veramente coinvolgente, lo è invece il meccanismo di identificazione ed eliminazione del bersaglio. Forsyth recupera la vecchia magia di raccontare operazioni apparentemente prive di “thrill” in modo serrato, realistico e incalzante. Con una squadra nella quale ovviamente non mancano il giovane nerd dei computer e l’agente sotto copertura in una zona calda, Carson comprende che il predicatore si serve anche di complici che lo aiutano nel cyberspazio quanto nella logistica. Tutto spiegato in maniera semplice e lineare. E qui l’azione si trasferisce in Somalia della quale ci viene data una descrizione perfettamente realistica, affascinante, che coinvolge guerriglieri islamisti “Shabbab” e volgari pirati.

La storia s’intreccia con il sequestro di una nave danese che all’inizio lascia qualche perplessità, ma rivela il suo ruolo quando, al momento dell’eliminazione diretta del predicatore, il Tracker si vede tagliare le strade dai suoi stessi capi. Comincia così un percorso in un mondo sotterraneo di contractor, di negoziatori, di pirati che, portati in scena senza partecipazione emotiva ma con dovizia di particolari, ci tornano a regalare il piacere di un ottimo thriller fantapolitico che autori e aspiranti tali di spy story dovrebbero leggere e studiare.

Quella vecchia volpe di Frederick Forsyth ha colpito ancora e questa volta convince pienamente.