Se ne riparlerà molto probabilmente l’anno prossimo, ma le voci indicano che intanto un accordo c’è stato. Il prossimo capitolo della serie Swat, poliziesco cult per PC (e console?), dovrebbe utilizzare l’ultima versione dell’Unreal Engine, motore grafico di nuova generazione creato da Epic Games e già licenziatissimo. Da sei anni a questa parte, l’appoggiarsi a costose tecnologie realizzate appositamente da specialisti della programmazione è diventato uno dei fattori determinanti per ottimizzare – alleggerendolo in più punti (tempistiche, dimensioni dei team, fondi investiti nel R&D, ecc.) - il processo di sviluppo. Con l’aumentare spropositato dei budget di produzione necessari per confezionare titoli in grado di impressionare il pubblico delle console e dei PC di domani, la tendenza è destinata a farsi ancora più evidente. Epic non nasconde di essere molto interessata a questo mercato, avendoci ormai spostato il fulcro altamente remunerativo del suo business. Anche perché si tratta di contratti milionari, che rientrano nella lista della spesa dei produttore che, di milioni di dollari, ne devono investire almeno 30 per un blockbuster di grido, al passo coi tempi. Ma cosa offrirà Swat 5

 

Al momento non è dato saperlo. L’editore Vivendi Universal Games, che detiene i diritti sulla serie, non si sbottona. O, meglio, non ha nemmeno annunciato il gioco, ufficialmente. Si sa cosa – o chi - non ci sarà, eccetto ribaltoni dell’ultimo minuto. Non ci saranno gli Irrational Games, responsabili dell’eccellente Swat 4 e relativa espansione, migrati nelle scuderie di Take-Two Interactive. Per Vivendi sarà dura sostituirli, perché il loro approccio alla saga è stato estremamente attento a rispettarne i fondamentali, ma anche capace di fissare e raggiungere nuovi traguardi, rappresentati da una cura quasi artigianale per i particolari, lontana dai metodi di lavoro tipici dei giorni nostri.

In attesa di notizie certe e materiale, possiamo intrattenerci con qualche speculazione, a partire proprio dal patrimonio lasciato in eredità da Irrational Games.

Non prima però di aver introdotto una delle serie storiche per i videogame. L’episodio originale pubblicato da Sierra – marchio dal 1999 di proprietà di Vivendi - è datato 1995, ma aveva poco a che vedere con ciò con cui abbiamo a che fare oggi, se non la tematica di fondo: permettere al giocatore vivere virtualmente una giornata di ordinarie emergenze nei panni di un agente d’élite della polizia di Los Angeles. Un membro della Special weapons and tactics, la Swat appunto. 

 

Sorto dalle ceneri di un gioco di avventura in crisi di popolarità, Daryl F. Gates Police Quest: Swat era un film interattivo supervisionato dall’ex capo della polizia che, negli anni Sessanta, aveva organizzato il nucleo operativo della prima Swat. Poi toccò agli strategici a turni, con Police Quest: Swat 2, del 1998. Ma fu nel 1999, attraverso l’impostazione da sparatutto 3D di Swat 3: Close Quarter Battle, che la serie trovò finalmente la sua via. Non bisogna tuttavia cadere in inganno, dato che Swat non è il classico western in soggettiva, ma un rigoroso simulatore tattico di azioni speciali viste direttamente dagli occhi degli agenti protagonisti e dove, per vincere, si è obbligati a seguire le procedure della polizia.

È in questa tradizione che si inseriscono Swat 4, la sua appendice Swat 4: The Stetchkov Syndicate e dovrebbe proseguire l’ipotetico Swat 5.

Uno degli aspetti su cui si sono maggiormente concentrati gli Irrational Games è il contesto nel quale ambientare le vicende di Swat 4 e The Stetchkov Syndicate. Da una congregazione di suore nelle mani di terroristi a un rave di satanic rock preso di mira da estremisti cristiani, a situazioni più convenzionali come una stazione di servizio con criminali barricati e ostaggi o un villino degli orrori dove si nascondono un assassino seriale e le sue vittime, sulla falsariga del Silenzio degli innocenti. Ogni chiamata offre uno scenario molto ben raccontato, anche con quelle inezie che spesso, però, fanno la differenza. 

 

La squadra arriva sul posto e, per prepararsi alla minaccia da fronteggiare, ha a disposizione le poche informazioni recuperabili, verosimilmente, nei casi di emergenza in cui si trova a operare la Swat. Ci sono le testimonianze di chi ha dato l’allarme, magari nella forma di una registrazione della telefonata fatta al 911. Capita si riesca a studiare un percorso efficace per infiltrarsi in zona ostile col proprio team grazie a una mappa dell’area (nella stragrande maggioranza locali chiusi) recuperata in qualche ufficio comunale. Il più delle volte occorre invece affidarsi a ricostruzioni schematiche raccolte e disegnate sul luogo.

Osservando attentamente il lavoro di Irrational Games si comprende che, più che il realismo esasperato, in Swat 4 l’esigenza degli autori è stata l’autenticità. Anche questa è un’indicazione che varrebbe la pena di conservare nel prossimo capitolo, perché è una linea di pensiero molto convincente. Da una parte si evita di scadere nei canoni poco sorprendenti cui porta spesso la ricerca smisurata della realtà; dall’altra la mediazione fa sì che lo spettacolo sia un buon spettacolo, intenso, coerente e credibile pur negli artifici della finzione. Le metodologie di intervento della vera Swat sono così coese con le concessioni del cinema thriller e di azione.

Elementi che non intaccano il cuore del gioco, che vuole essere un simulatore di forze speciali e non di giustizieri. A tal proposito, Swat 4 impedisce – direttamente o indirettamente, con un punteggio riassuntivo inferiore a quello necessario per ottenere l’accesso alle missioni successive – reazioni non proporzionali alla minaccia da fronteggiare. Non si può sparare a bersagli disarmati e, prima di far partire un colpo in direzione degli ostili, si deve intimare la resa. Viene sempre premiato il minor spargimento di sangue e l’obbiettivo, quando possibile, è catturare i criminali vivi, usando ad esempio munizioni non letali o spray irritanti, che sono utili pure con gli ostaggi meno propensi a collaborare. Anche una volta costretti gli ostili in condizione di non offendere (perché cadaveri o ammanettati), le armi abbandonate nei pressi devono essere messe comunque in sicurezza e ogni evento accorso durante il blitz va prontamente comunicato alla base operativa. 

 

Oltre al proprio alter ego, l’ufficiale in testa alla squadra durante le azioni, si comandano con un pratico sistema di disposizioni gli altri agenti assegnati alla missione, suddivisibili in team più piccoli. Quasi una necessità, per indagare scrupolosamente le complesse planimetrie degli scenari di gioco e orchestrare le irruzioni in stanze con più punti di ingresso e diversi nemici asserragliati dentro. La facoltà di coordinare le irruzioni fra più team è uno degli inediti aggiunti alla serie da The Stetchkov Syndicate, insieme a qualche gadget e arma nuovi. E a un accenno a un filo narrativo che collega le varie missioni – in passato sempre slegate - alle maglie di un’organizzazione criminale dedita al traffico d’armi. 

 

Sarà con tutta probabilità questo, ossia una trama più approfondita, l’elemento che Swat 5 andrà a esplorare per reinventarsi nel mondo del digital entertainment di domani. Avere la storia giusta sembra infatti assumere sempre più importanza per conquistare il grosso del pubblico dei videogiochi. E la saga poliziesca di Vivendi sarebbe pronta al grande passo verso il thriller, che caratterizzerà anche il suo più accreditato concorrente, già annunciato e mostrato, Tom Clancy’s Rainbow Six: Vegas. Attualmente, però, Swat 4 e The Stetchkov Syndicate (disponibili anche insieme nella Swat 4 Gold Edition) sono lo stato dell’arte della simulazione tattica di teste di cuoio.