L’omino triste si butta a sedere dove capita, l'ometto alle calcagna con la bottiglia in mano finge d’inciampargli addosso, lo impregna di birra, gli rutta in faccia, gli chiede scusa e gli offre da bere. L’altro acconsente stancamente. L'ometto sfila di tasca la bottiglia nuova di birra scura, l’apre sul bordo del tavolino e glie la mette davanti. L’omino sconsolato l’afferra, sospira e la tracanna tutta d’un fiato. E comincia a piangere, consolato dal barbone. Poi singhiozza, sempre più forte, sbava, schiuma dalla bocca, sbarra gli occhi e crolla sul tavolo. Il barbone gli batte una mano sulla schiena, rassicurante, mentre nell’altra gli appare il flaconcino di pasticche, lo stappa e glie lo mette svelto in mano, mezzo rovesciato sul tavolo. Rotola fuori qualche pillola. Tocco finale, ne butta un paio nel fondo di birra, a sciogliersi.

Un’ultima occhiata di controllo, un’ultima pacca sulla schiena del morto, e il barbone se ne va, lento, barcollando a zig zag com’era venuto. Nessuno gli fa caso. Nessuno sembra far caso a niente, lì dentro.

In ufficio, già struccato, l’ometto riprende la cartellina rossa. Per un attimo ne scivola fuori la foto. È del collega triste. Il tempo di timbrarla, poi esce ed attraversa angosciato i corridoi, col fascicolo rosso sotto braccio. Trova già aperta la porta del Direttore.

Gli restituisce il fascicolo rosso.

Il Direttore non l’apre e lo fissa severo. L’ometto fa appena un cenno di consenso col capo. Il direttore mette via la pratica. L’ometto non si muove, sembra voglia dire qualcosa. Il direttore solleva un sopracciglio, interrogativo.

L’ometto arretra, incespica nel tappeto, si volta e quasi fugge.

Il Direttore aggrotta la fronte, lancia uno sguardo sospettoso verso la porta che si richiude rapida. Scuote la testa, prende una nuova cartellina rossa e solleva il telefono.

— Ho bisogno di un fattorino. Subito. -

L’ometto torna nel suo ufficio, madido di sudore. Riprende fiato, s’asciuga la fronte.

Accende la radio, che suona un dixie tragico. L’ometto chiude gli occhi, si rilassa un momento, poi apre un cassetto contrassegnato “SOSPESO” e preleva la prima di una pila di pratiche gialle. Si rimette al lavoro. Legge, scartabella, consulta, appunta e timbra.

Metropolitana, ora di punta, ritorno del pendolo. L’ometto è in attesa sul marciapiede, in mezzo alla folla, sbadiglia. Arriva il convoglio. L’ometto entra nella prima carrozza, dove di solito c’è meno gente. Ci sono gli stessi strani personaggi della mattina, che lo fissano più severi, stavolta. Ci sono anche il barbone dei cassonetti e il tossico con la siringa in mano. Lo fissano anche loro. C’è anche il suo collega triste, pallido come un cadavere, con la birra in mano ed uno sguardo di rimprovero. I due ceffi vestiti uguale ricompaiono dal fondo e si siedono ai fianchi dell'ometto. Lo fissano impassibili, in silenzio. L’ometto deglutisce imbarazzato, chiude gli occhi, scuote la testa come a scacciare i pensieri, riapre e tuffa di nuovo gli occhi nella Settimana Enigmistica, quella con la foto di Hitchcock nel cruciverba di copertina.

La porta della cabina di guida si apre e s’affaccia il conduttore con la faccia di Hitch, per fissarlo anche lui come gli altri.

L’ometto chiude gli occhi, come per dormire. Quando scende c’è la stessa band della mattina, suonano un dixie a tempo di funerale. E lo fissano, severi.

Anche sul trenino, e poi in autobus, c’è la stessa gente della mattina, gli stessi di sempre. Lo fissano tutti quanti, severi, in silenzio.

L’ometto non sa più da che parte voltarsi.

Arriva a casa di corsa, col fiatone, quasi spaventato. La moglie l’aspetta in soggiorno, piccola e grigia come lui, con gli stessi bigodini della mattina, davanti alla tv che trasmette qualcosa sui funerali dixieland di New Orleans. E la musica è sempre la stessa. Anche la domanda.

— Com’è andata oggi?

Lui scrolla le spalle, con noncuranza, mentre si toglie il baschetto con la mano che trema. Lei gli si avvicina, di fronte, ha in mano un vassoietto con una birra scura già stappata ed un bicchiere; lo fissa impassibile:

— Ti sei ricordato di chiedere l’aumento ?

L’ometto nicchia, si versa la birra, beve, sembra avvertire un sapore spiacevole. S’irrigidisce, con un lampo d’angoscia negli occhi sbarrati: alle spalle della moglie, sul tavolino del soggiorno, davanti alla tv, c’è una cartellina rossa, senza niente in copertina. La sua foto è scivolata fuori.