Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente

Premesso che a livello inconscio "scrivo" ventiquattr'ore al giorno, anche quando non sono alla tastiera e persino mentre sto dormendo, i luoghi abituali sono completamente opposti: un sotterraneo in una zona periferica di Milano (dove non arriva mai il sole) o una veranda con vista sul mare (dove, se c'è il sole, quasi non si vede lo schermo del computer). Quando sono altrove, spesso mi capita di scrivere su un tavolino di un bar all'aperto o su un balcone, anche quando nevica. Il fatto è che, mentre lavoro, fumo sigari toscani, quindi non sempre posso scrivere al chiuso.

Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini?

Vittime e assassini nelle mie storie riflettono spesso tipologie di personaggi reali. Certe volte una delle "vittime" può essere un cattivo eliminato da uno dei buoni; altre volte i cattivi si uccidono persino tra loro. Quando le vittime sono persone innocenti, spesso è perché mi baso su casi realmente avvenuti. Ma, per quanto riguarda un mio romanzo in uscita in questo periodo, la situazione si è ribaltata: un individuo cui mi ero liberamente ispirato per il personaggio della vittima, forse perché avevo intuito che nella sua vita fosse oggetto di violenza psicologica, si è ribellato al suo destino diventando lui un assassino e sucidandosi poco dopo.

Qual é il tuo modus operandi?

Il mio modus operandi come narratore, si sarà capito, è il saccheggio della realtà. Quello degli assassini nelle mie storie… dipende. Ci sono assassini "puliti" che cercano di agire nel modo più indolore possibile, senza lasciare alcuna traccia. Ma ogni tanto – sempre a imitazione della realtà – mi ritrovo in scena killer brutali e disumani, che oltretutto la fanno franca.

Chi sono i tuoi complici?

Come scrittore… la mia complice una donna molto paziente, che ogni tanto mi chiede anche lei "dove mi trovo" quando invece di essere di fronte a lei rimango intrappolato nell'universo della storia che sto scrivendo. Ma ormai le basta guardarmi in faccia per rispondersi da sola. Per i miei personaggi – quelli che eliminano solo i cattivi – talvolta si circondano di una squadra professionale di appoggio.

Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici? Avanti, parla!

Con lettrici e lettori i rapporti mi sembrano ottimi. C'è chi mi scrive abitualmente e io cerco sempre di rispondere. C'è anche chi è diventato un punto di riferimento: aspetto sempre la sua opinione dopo che è uscito un mio romanzo. A volte ricavo spunti anche su ciò che al pubblico piacerebbe trovare in un mio libro.

Che messaggio vuoi dare con le tue opere?

Non mi ero mai posto la questione di dare messaggi… ma a lungo andare, nell'arco di oltre trent'anni, qualcuno credo di averlo trasmesso. Ho parlato di tematiche sociali anche in libri che sembravano occuparsi d'altro. Ma il tema più ricorrente è la valutazione delle "verità" che a volte sono propagandate dai media o su internet. Le proporzioni sono cambiate nel tempo. Venticinque anni fa, di fronte a circostanze sospette, non si poteva parlare di "complotto" anche se ce n'erano tutti i sintomi e una verifica sarebbe stata opprtuna. Oggi invece ci sono presunti "complotti" a ogni angolo, ma quelli che fanno più rumore sulle reti sociali e persino in piazza spesso sono fittizi e servono solo a occultare complotti veri ma più silenziosi. Il mio messaggio ricorrente, soprattutto quando scrivo storie di spionaggio, è un invito a documentarsi e ragionare, senza farsi influenzare da informazioni false o fanatismi vecchi e nuovi.