E' terminata la composizione di Le Teste, il thriller antithriller di Giuseppe Genna che dovrebbe uscire a ottobre per Marco Tropea Editore: mancano ancora alcuni ritocchi ma il testo è ormai quasi definitivo.

Così Genna, sul suo sito letterario www.miserabili.com, presenta il romanzo.

"Le Teste è un thriller e un antithriller. In quanto thriller, esso rappresenta l'insorgere di un mistero criminoso e la sua soluzione. In quanto antithriller, esso si complica. Il mistero criminoso diventa molti misteri e molti crimini, mentre la soluzione diventa una rete di soluzioni. Queste soluzioni sembrano stabili e definitive, invece sono transitorie. La rete solutoria ha buchi in ogni dove: attraverso quei buchi trapassano divagazioni determinanti ai fini del racconto. Tutto ciò accade nella prima, corposa sezione del libro, intitolata IL GIALLO DELLE TESTE che si configura, per l'appunto, come racconto: un racconto che è thriller e antagonismo al thriller. Il secondo passo è il rovesciamento di quanto narrato nella prima sezione. Si tratta di un frenetico rewind, che si ispira alle tecniche di intercettazione del cosiddetto "backward masking": in parole povere, si tratta di riascoltare un brano musicale al contrario, per individuare messaggi nascosti, impercettibili a un ascolto normale del pezzo. E' uno dei cavalli di battaglia di certo cospirativismo cristiano, che sostiene che in alcune produzioni pop sono veicolati messaggi satanisti, occultati appunto tramite backward masking (in Italia un simile delirio è arrivato ad attaccare Franco Battiato, soprattutto per la canzone Shock in my town). Nel caso delle Teste, il brano musicale equivale al racconto della prima parte: esso viene ripercorso al contrario, ed ecco emergere una nuova soluzione, un nuovo scenario, un nuovo disegno - composto con le medesime tessere del mosaico che aveva prima composto un differente profilo. Questa seconda parte si intitola REVISIONE. A questo livello, thriller e antithriller diventano indistinguibili e l'antagonismo si sposta su un altro piano: il plausibile versus l'implausibile. La terza parte ribalta nuovamente tutto. Le soluzioni ai misteri, fornite nelle prima parte e rovesciate nella seconda sezione del libro, vengono ulteriormente capovolte. E', secondo le meccaniche usuali del mistery, un autentico nuovo thriller: il terzo. Gli elementi che compongono questa ulteriore storia sono sempre i medesimi delle sezioni precedenti. La sintassi narrativa si fa convulsa: a ogni periodo corrisponde un fatto nuovo. L'idea è di superare la convulsione di suspence della saga televisiva 24, nella quale si raccontano fatti improbabili che accadono in un un giorno di vita di un agente dell'antiterrorismo Usa, interpretato da Kiefer Sutherland: in quella saga thriller, nell'arco di ventiquattro ore la figlia del protagonista viene rapita due volte, così come la moglie, i colpevoli sono prima innocenti e poi colpevoli e poi ancora innocenti e poi di nuovo colpevoli, il pericolo è all'interno e all'esterno e poi ancora all'interno, secondo un ritmo vertiginoso. Per quanto concerne questa sezione delle Teste, che si intitola OCCIDENTE, si giunge a una soluzione talmente fondamentale da risultare fondamentalista: è la grammatica della soluzione aperta e chiusa di Grande Madre Rossa che qui impiego, facendo però un passo avanti rispetto al finale del mio romanzo precedente. Prima della prima sezione c'è un capitolo di incipit che entra in tensione con un capitolo finale, il quale segue le tre sezioni come una parte a sé stante. Il capitolo in incipit si intitola LA TESTA ed è una visione slegata e legata alla storia che segue. Il capitolo finale è una visione legata e slegata dalle storie che lo precedono, e si intitola ERO SOLO, ALLE PENDICI DEI MONTI GHIACCEI, A SETTENTRIONE (si tratta di un detournément da una strofa di una canzone di Franco Battiato: "Ero solo | come un ombrello su una macchina da cucire | dalle pendici dei monti Iblei | a settentrione"). Al di là delle impressioni che ne ricaveranno i lettori, posso parlare delle mie intenzioni in fase di scrittura. Ciò che mi interessava era il corto circuito tra il capitolo di incipit e quello finale. Ho tentato di strutturare non una traiettoria tra un inizio e una fine, bensì un campo di tensione dove ogni direzione è possibile o annullata - cioè un circolo polare artico narrativo".