Alla disperata ricerca di capolavori sconosciuti del noir internazionale non anglosassone, ci siamo imbattuti, nella fornitissima biblioteca della Fondazione Rosellini di Senigallia, in una perla davvero rara: una spy story bulgara al tempo della Guerra Fredda.

Erano gli anni in cui il (quasi) monopolio italiano della Mondadori sulla pubblicazione di gialli e romanzi di spionaggio stimolava le case editrici concorrenti (Garzanti e Longanesi & C. su tutte) a setacciare il mercato europeo e anglo-americano alla ricerca di insospettabili capolavori e/o futuri best seller: fu allora che il buon Ian Fleming, rifiutato da Mondadori, venne acquistato da Garzanti; che, sempre da Garzanti, furono scoperti gli svedesi Sjöwall & Wahlöö e l’olandese van de Wetering, insieme con qualche tedesco di minor fama; che la Longanesi & C. infine aprì le porte a polacchi e, appunto, al bulgaro Bogomil Rajnov.

A essere onesti però il romanzo, in termini assoluti, non è un granché.

Il protagonista, il giornalista dissidente bulgaro Emil Bobev, fuggito dalla patria e riparato in Grecia, riesce a raggiungere a Parigi i suoi connazionali emigrati; lì, giostrando tra le faide interne e i servizi segreti americani e francesi che se lo contendono, conduce il suo gioco – che naturalmente non sveleremo per non rovinare la sorpresa di chi volesse cimentarsi nell’ardua lettura – e riesce a sventare un atto di terrorismo ambientale ai danni della Bulgaria.

Cosa c’è che non va?

Innanzi tutto l’ambientazione: sia che voglia far evadere (in senso metaforico) i suoi connazionali sia che ambisca a conquistare il mercato europeo, sta di fatto che Rajnov, dopo una iniziale sortita ad Atene, prende Parigi come sfondo per l’azione del suo eroe: una capitale francese di cui non riesce a restituire il fascino, affidando a una scrupolosissimo nozionismo topografico il compito di evocare atmosfere stancamente esotiche.

Poi c’è la scelta del protagonista: simpatica canaglia (verrebbe da dire alla Lemmy Caution), ma anche – all’occorrenza – freddo e determinato senza inutili superomismi (come i futuri eroi di Deighton e Le Carré), Emil Bobev gigioneggia un po’ troppo, sempre troppo incerto tra la Missione e le donne che gli si fiondano addosso con frequenza impressionante.

Già, le donne. Bobev non sarà un James Bond, ma la sua (parca) razione di sesso la consuma con la bella e fredda spia francese Françoise, mentre riesce a sfuggire alle intemperanti avances della connazionali Lida (la figlia del suo mèntore, l’ex ministro e dissidente Mladenov) e Maria Kirova, un’attrice sovrappeso che sbarca il lunario in Occidente sotto lo pseudonimo di Mary Lamour.

E infine le spie: che siano il macchiettistico colonnello americano Douglas o l’affascinante brunetta transalpina Françoise o qualche oscuro travet esperto di crittografia, tutti quanti scontano la loro appartenenza allo stereotipo più banale, da B-movie degli stessi anni Sessanta.

E proprio qui – paradossalmente – sta la (relativa) grandezza del romanzo: il fatto cioè di non uscire mai dal luogo comune, di non azzardare coraggiose, ma anche pericolose, fughe in avanti verso il tormento interiore o i casi di coscienza alla Smiley. Infatti, se prendiamo la coeva produzione di “Segretissimo”, la collana mondadoriana deputata a ricreare il pubblico italiano ammalato di spy story, spesso non troviamo niente di diverso: la banale routine dei romanzi di un Nick Carter o di un Don Smith hanno i “nostri” come protagonisti, ma niente (o poco) di più. Perché allora infierire sulla spia che viene dall’Est dopo che per anni abbiamo digerito improbabili agenti occidentali?

E allora ben venga il nostro Signor Nessuno Emil Bobev, con la sua capriola finale per palati – socialisti – buoni, con le sue fughe in auto sulle statali francesi tra Parigi e Marsiglia alla fantasmagorica velocità di 130 km orari, con le sue donne grassocce, vestite male e lievemente assatanate, con le sua squallide beghe tra emigrati in un oscuro quartierino di Parigi.

Ammettiamo, in giro c’è e c’è stato di peggio: e, purtroppo, con molte e più alte ambizioni mai soddisfatte. 

Voto: 6 (di simpatia)