Perseguitare gli imbranati è lo sport preferito dei ragazzi di tutto il mondo. Quando due imbranati di una scuola giapponese decidono di ribellarsi ai soprusi di un giovane figlio di yakuza, vengono uccisi e la loro morte spacciata per suicidio. Ami, la sorella di uno di questi, decide di vendicarsi ad ogni costo, ma il nemico è potente e ad un passo dal riuscire nel suo intento la ragazza vede amputarsi il braccio sinistro: terribile punizione per aver osato attaccare un potente yakuza. Ami verrà aiutata dai genitori del secondo imbranato ucciso, ed insieme attaccherrano con tutta la forza della sete di vendetta lo yakuza e i suoi alleati.

Quella appena descritta è la trama di “The Machine Girl” (Kataude mashin gāru, 2008) scritto e diretto da Noboru Iguchi, corrispondente grosso modo al soggetto base di ogni film sulla vendetta, e in particolare di ogni yakuza movie giapponese. Cosa c’è di diverso? Semplice: a sostituire il braccio amputato della ragazza c’è una machine gun, una mitragliatrice!

 

L’horror splatter giapponese (pressoché inedito in Italia) ha abituato gli spettatori ad esagerazioni che travalicano ogni limite: quantità imbarazzanti di sangue fuoriuscente da ferite mostruose, parti del corpo che volano via con sorprendente facilità e mutilazioni e aberrazioni che lasciano spiazzato lo spettatore occidentale, abituato alle ferree ed intoccabili regole di censura (e spesso di buon gusto!) che vigono inalterabili nei film horror. “The Machine Girl” appartiene senz’ombra di dubbio a questo genere di film, ma se ne discosta sia per il basso numero di mutilazioni che per qualità della storia.

Dopo una metà film all’insegna del più classico degli yakuza movie, inizia un’escalation di violenza fuori d’ogni controllo che accompagna la protagonista fino alla sfida finale. Gli effetti splatter sono sì esagerati (come la scena in cui Ami fa la doccia ad un nemico col sangue che spruzza fuori dal corpo mutilato del di lui figlio!) ma sempre in dosi minime: in molti casi sembrano addirittura plausibili! Il film non cade mai nell’orgia di sangue e carne che spesso contraddistingue questo genere di film, mantenendosi sempre ben focalizzato sull’obiettivo (la vendetta) ed usando l’esagerazione come condimento, mai come primo piatto.

Ami e Miki, le due donne protagoniste (rispettivamente sorella e madre dei due imbranati uccisi) sono di gran lunga più forti di ogni personaggio maschile che appare nel film, dando vita ad una coppia di vendicatrici di tutto rispetto, oltre che di notevole spessore: i personaggi sono ben delineati, segno che al regista non premeva solamente l’uso di qualche litro di sangue, bensì di fare un film completo.

Grande fascino del film è quello di nascondere (neanche tanto velatamente) citazioni da storici film di altri generi.

Jimmy Wang YuChe ci siano intenti citazionistici è chiaro sin dal titolo originale giapponese, tradotto in inglese come “The One-Armed Machine Girl”, che strizza l’occhio ad altri storici “One-Armed” della cinematografia asiatica, che fecero scuola per ben due generi cinematografici. Il wuxiapian venne sconvolto dall’arrivo dello spadaccino monco Fang nel film “The One-Armed Swordsman” (in Italia, “Mantieni l’odio per la tua vendetta”), mentre vennero gettate le basi del nascente gongfupian con “The One-Armed Boxer” (in Italia, “Con una mano ti rompo con due piedi ti spezzo”). In entrambi i ruoli l’attore Jimmy Wang Yu perde il braccio e, allenandosi duramente, prepara la sua vendetta (con una spada nel primo titolo, a mani nude... pardon, a mano nuda nel secondo): questi ed altri esempi dimostrano che nel mondo asiatico una menomazione non esclude la possibilità di rivalsa sull’avversario!

L’arma che dà il nome al film è una mitragliatrice costruita appositamente per adattarsi al braccio monco di Ami, ed azionata con un sistema che non viene però spiegato. Quella che all’inizio è solo una blanda citazione, diventa più avanti forte e chiara, quando cioè come arma di ricambio porta ed usa una motosega: l’omaggio ad Evil Dead è completo!

Il personaggio di Ash (interpretato magistralmente da Bruce Campbell) della Trilogia di “Evil Dead” di Sam Raimi è divenuto famoso per una motosega a sostituzione della mano che si è automutilata perché posseduta da un demone maligno, alla fine del secondo film (in Italia, “La Casa 2”). La motosega viene usata in “The Machine Girl” in modo da citare maggiormente il terzo film raimiano (in Italia, “L’Armata delle Tenebre”), quando cioè Ash si lancia in aria per agganciare il braccio alla motosega, una scena deliziosamente paradossale quanto sbeffeggiante dell’iconografia supereroistica statunitense.

Ma il film giapponese non si ferma qui: la mitragliatrice e la motosega sono intercambiabili e compatibili con altre parti del corpo, così dopo aver citato Evil Dead inserendo la motosega nel braccio monco, ecco che il regista cita Planet Terror (2007) di Robert Rodriguez, facendo inserire la mitragliatrice nella gamba di Miki, l’alleata di Ami. Il combattimento finale è una vera festa di sangue e piombo, ma soprattutto una dimostrazione di grande fantasia visiva in un periodo in cui il cinema sembra totalmente ripiegato su se stesso, incapace di usare ciò che l’ha creato: la fantasia.

Evil Dead 2Non ci si lasci ingannare da tutto questo, però. “The Machine Girl” non cade nel trabocchetto del citazionismo spinto, che vive di se stesso: è un film completo, fruibile e godibile al di là se si colgano o meno le molte citazioni.

Si segnala infine che all’interno dell’edizione DVD giapponese (in attesa che arrivi anche sui mercati europei), oltre a trailer, interviste e making-of, è presente lo spin-off del film: “Hajirai Machine Girl”. Il cortometraggio è interpretato da attori diversi, rispetto al film, ma è diretto dallo stesso Iguchi, che però utilizza uno stile più pacchiano e una comicità più grottesca (come la mitragliatrice che fuorifesce dal fondoschiena della protagonista!).