Con il suo ultimo romanzo, “Terrore”, (Mondadori, 2008), vi è un salto diacronico rispetto alla produzione “classica” di Publio Aurelio Stazio.  Già precedentemente aveva collocato alcuni racconti in altre epoche ma “Terrore” è un poliziesco ambientato in una giovane repubblica francese passata a un’autocrazia feroce in cui regna, appunto, quel truce periodo di Terrore inaugurato dai giacobini del Comitato di Salute Pubblica. Perché la scelta di questo momento storico?

Non ho nessuna intenzione di abbandonare l’antica Roma: infatti “Dura lex”, l’ultima indagine di Aurelio, esce proprio in questi giorni.  Tuttavia la rivoluzione francese, e in particolare il governo giacobino, è un periodo della storia che mi appassiona moltissimo. Personalmente non lo giudico più truce di ciò che esisteva prima e di ciò che venne dopo. É un momento fondamentale della storia di Europa, quello in cui nacque il mondo come oggi lo conosciamo: agli uomini che si trovarono allora nell’occhio del ciclone dobbiamo molto, moltissimo.

Qualcuno potrebbe chiedersi come mai mi interesso a fasi tanto diverse del cammino umano. E’ presto detto: sia l’impero di Claudio, sia la Grande Rivoluzione sono passioni antiche, che risalgono alla mia prima adolescenza. La responsabilità è da attribuirsi totalmente alla fiction: furono la lettura di “Io Claudio” di Robert Graves e la visione de “I giacobini di Federico Zardi a suscitarmele. Altro infatti è imparare a memoria un arido elenco di consoli, altro è sentire uno dei Cesari narrare in prima persona i retroscena della famiglia imperiale, le tresche, le congiure, i veleni, i pugnali. E altro è studiare la rivoluzione francese sui manuali, altro è ascoltare Robespierre, interpretato da Serge Reggiani, mentre declama alla Convenzione il discorso dei 40 scudi. La fiction serve appunto a questo, a trasmettere emozioni che, pur con tutto il suo rigore, difficilmente la saggistica può dare. 

L’instabilità politica è una costante con cui la storia si misura spesso. Pensa che questi scenari arricchiscano la narrazione?

Non necessariamente.

Il periodo dell’impero romano in cui ambiento la serie di Aurelio, per esempio, è un momento piuttosto tranquillo. Il delitto è la violazione della legge e dell’ordine. Perché esista il delitto - e quindi il giallo – devono esistere prima la legge e l’ordine. Non a caso, il mio ultimo romanzo di chiama appunto “Dura lex”….

Perché il romanzo storico piace tanto?

Perché non vi è più nulla di esotico, salvo il passato, dove, in mancanza della macchina del tempo, gli inclusive tours non arrivano ancora.

I suoi romanzi hanno riscosso molto successo. É possibile prevedere l’affermazione sul mercato di un romanzo?

É possibile tenere il pubblico nella considerazione che merita. Chi, come me, non scrive né per se stessa né per la critica ma soltanto per i lettori, ascolta attentamente i loro pareri, i loro consigli, i loro suggerimenti.  Il che non significa affatto inchinarsi proni ai voleri del mercato, ma semplicemente sapere che il mercato esiste.

Quando scrive quali sono le sue priorità?

Cominciare con un bel delitto ghiotto. Finire con un bravo assassino, che non sia poi tanto cattivo, ma abbia anche lui le sue buone ragioni (le categorie “tuttonero” e “tuttobianco” sono estranee alla mia mentalità)

Poi inventarmi qualcosa di non troppo improbabile per collegare l’inizio con la fine.

La sua precedente attività di professoressa ha influito su quella di scrittrice?

In un senso solo, ma molto importante: nell’abituarmi allo sforzo di essere abbastanza chiara da  farmi capire da tutti. E qui si torna alla centralità del lettore.

Publio Aurelio Stazio è un senatore romano, di stirpe patrizia, amante delle belle donne, curioso, intelligente, amico dell’imperatore Claudio. Quali sono le sue debolezze e i suoi punti di forza per la sua  epoca e per la nostra? 

Aurelio è orgoglioso, testardo, ficcanaso e pieno di fisime (sono le fisime mie, naturalmente…) Vince quasi sempre, ma sa anche perdere con signorilità e questa si chiama sicurezza!

Stazio può contare suoi fidatissimi liberti, gli schiavi liberati, Paride e Castore. Si è ispirata –con riferimento in particolare al personaggio di Castore- alle commedie di Plauto?  

Sì, i riferimenti alla commedia classica sono espliciti: Castore è una figura assolutamente letteraria, l’unico personaggio dei miei romanzi che non potrebbe mai esistere nella vita reale.

Di mezzo c’è Plauto, certo, ma anche un pizzico di Wodehouse con il suo maggiordomo Jeeves…

Un commento a un libro della saga di Stazio che ricorda con piacere. 

Fu una frase letta anni or sono in una recensione di “Famiglia Cristiana”: osservava che Publio Aurelio si accanisce contro i peccati mortali, mentre perdona facilmente quelli veniali.

Cosa c’è di molto difficile nell’atto narrativo e cosa c’è di molto facile?

Scrivere è molto facile. Difficile è scrivere cose che a qualcuno faccia piacere leggere.

Ci racconta un mistero del passato?

Pare che la famosa frase: “Questi sono i miei gioielli”, pronunciata dalla matrona Cornelia additando i Gracchi suoi figli e passata alla storia come esempio di modestia e rettitudine, mirasse in realtà ad accusare il genero, Scipione Emiliano, di averle sottratto i monili che le spettavano in eredità. Sarà vero? Di fatto, al momento della morte improvvisa e inspiegabile del distruttore di Cartagine, a Roma furono molte le voci che ne attribuirono la responsabilità alla moglie Sempronia e alla suocera Cornelia, le quali avrebbero agito per vendicare l’assassinio di Tiberio Gracco, rispettivamente fratello della prima e figlio della seconda. 

Fu veramente omicidio? Non si sa:  il caso è ancora aperto.

E un pettegolezzo?

Quando Caio Giulio Cesare propose alcuni provvedimenti economici che avevano tra l’altro l’effetto di favorire le finanze della sua amante Servilia, quel maligno di Cicerone sottolineò, con un brillante gioco di parole, come si dovesse tener conto del fatto che Cesare “ne aveva dedotto la terza”: la “terza” era in effetti una tassa, ma si chiamava Terza anche la giovane figlia di Servilia che, secondo le malelingue, era stata spinta a compiacere anch’essa il potente amante della madre.

Ci sfata un luogo comune infondato sull’antica Roma?

Sono tanti. Che i romani fossero intolleranti in campo religioso, quando raramente una società fu tanto permissiva con i culti più disparati; che i gladiatori fossero derelitti spediti nell’arena per forza, mentre si trattava quasi sempre di addestratissimi professionisti; che Nerone abbia dato fuoco a Roma, mentre il celebre incendio non fu che il più catastrofico tra i tanti roghi accidentali da cui l’Urbe era periodicamente devastata.

Ma il mito più esilarante, di chiara derivazione holliwoodiana, è quello dei calzari. Nella maggior parte dei vecchi kolossal, infatti, i romani indossano sempre i sandali, anche in mezzo alla neve: è possibile, viene da pensare, che un popolo così accorto da sottomettere l’intero mondo conosciuto e costruire ovunque strade e acquedotti, si dimostrasse tanto sprovveduto da non contemplare l’uso degli stivali? Dopo troppi piedi nudi, finalmente “Il gladiatore” ha reso giustizia ai freddolosi quiriti, mostrando Massimo Decimo Meridio con i guantoni e gli stivaloni imbottiti.

Il dio del tempo le concede un viaggio nel passato. A che anno si fa cronotrasportare e perché? Chi vorrebbe incontrare e cosa gli direbbe?

Perché nel passato? Io sceglierei un viaggio nel futuro.

C’è una sua frase, rilasciata sempre per Thriller Magazine, per un interessante Dietro le quinte che invitiamo a visitare (http://www.thrillermagazine.it/rubriche/5593) che abbiamo trovato molto bella. E soprattutto molto utile da diffondere, in tempi autoreferenziali come i nostri: «Di una cosa sono convinta: con tutti i suoi limiti, questa vita è l’unica che abbiamo, migliore di quella che è stata data a tanti altri. Non insultiamo il destino recriminando, bofonchiando, compiangendo, brontolando, lamentando, deplorando, grugnendo a destra e a manca le nostre tediose geremiadi. Siamo  fortunati, cerchiamo di capirlo prima che la fortuna si offenda e ci volti le spalle». C’è qualche condizione che facilita questa consapevolezza? (ndr: nel senso: lo storico, ad esempio, dovendo analizzare epoche diverse dalla sua, si rende conto di questa fortuna. Ma gli altri? C’è qualcosa che stimola questa consapevolezza?)

No, non credo che siano in particolare gli storici a rendersene conto, ma tutti coloro che amano la vita e rifuggono dal rimpiangere ciò che non hanno, anziché godere di ciò che hanno.

Nella frase che ho scritto c’è molto Epicuro: gratta gratta, sono anch’io  un’epicurea come Publio Aurelio.

Prossimi progetti?

Faccio sempre un mucchio di progetti, raramente accompagnati, ahimé, da una adeguata  voglia di lavorare per realizzarli. L’accanimento produttivo di stampo stakanovista non è tra le mie principali peculiarità: Epicuro docet….

Secondo lei, qual è il più grande lascito dell’antichità romana?

Sono tanti, tantissimi, primo tra tutti la tolleranza. Ma mi piace soprattutto ricordare le terme: una civiltà non si giudica tanto dalle sue conquiste, quanto dai suoi impianti igienici.

Ci saluta con una citazione in latino?

Homo sum: nihil humani a me alienum puto (Terenzio)

Ora ce la traduce?

Sono un essere umano: non considero estraneo a me nulla che sia umano.

Bibliografia

Serie di Publio Aurelio

1990 - Mors tua - (Premio Tedeschi 1990) stampato nella collana Il Giallo Mondadori con il numero 2161 e nello Speciale Giallo Mondadori, n.1, 1994 e dalla Hobby & Work nel 1997 e nel 1998 e nel 2000, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

1991 - In corpore sano - stampato nella collana Il Giallo Mondadori con il numero 2235 e nello Speciale Giallo Mondadori, n.1, 1994 e dalla Hobby & Work nel 1998 e nel 2000, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

1993 - Cave canem, stampato nella collana Il Giallo Mondadori con il numero 2329 e nello Speciale Giallo Mondadori, n.1, 1994 e dalla Hobby & Work, nel 1999, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

1994 - Morituri te salutant, stampato nella collana Il Giallo Mondadori con il numero 2394 e dalla Hobby & Work nel 1999 nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

1994 - Vacanze romane (raccolta dei primi tre volumi) stampato nello Speciale Giallo Mondadori, n.1.

1996 - Parce sepulto, stampato nella collana Il Giallo Mondadori con il numero 2466 e dalla Hobby & Work nel 1999, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

1997 - Cui prodest?, stampato dalla Hobby & Work nel 1997, nel 1998 e nel 1999, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

1999 - Spes ultima dea stampato dalla Hobby & Work, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

2000 - Scelera stampato dalla Hobby & Work, nel novembre 2000, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

2001 - Gallia est, stampato dalla Hobby & Work, nel novembre 2001, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

2002 - Saturnalia, stampato dalla Hobby & Work, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

2003 - Ars moriendi - Un'indagine a Pompei, stampato dalla Hobby & Work, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

2004 - Olympia - Un'indagine ai giochi ellenici, stampato dalla Hobby & Work, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

2005 - Tenebrae, stampato dalla Hobby & Work, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

2007 - Nemesis, stampato dalla Hobby & Work, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

2009 – Dura lex,  stampato dalla Hobby & Work, nella collana Publio Aurelio, un investigatore nell'antica Roma.

Romanzi polizieschi storici 

1995 - Ricette per un delitto - Periplo - Todaro, 2002.

1996 - La campana dell'arciprete - Garzanti, (scheda illustrativa) - Nuova edizione economica: Gli elefanti, Garzanti, 2001.

1997 - Il panno di Mastro Gervaso - Diabasis, 1997 e 2001.

1999 - Una strada giallo sangue - Diabasis, 1999.

2003 - Istigazione a delinquere - Todaro, 2003.

2008 - Terrore - Mondadori, 2008.

Saggi

2007 - Giallo antico. Come si scrive un poliziesco storico, stampato dalla Hobby & Work.

Racconti

2008 - La sagra del parmigiano in AA.VV. Il gusto del delitto, Leonardo Publishing.

Vedi http://www.diciemme.eu/dcm-biblio.htm

Sito web

http://www.diciemme.eu/