Breve, il nuovo romanzo di Roberto Saporito Carenze di futuro edito da Zona, ma capace di assorbire il lettore dalla prima battuta grazie a una scrittura incisiva, essenziale, e al tempo stesso incalzante e in grado di penetrare a fondo il mondo interiore dei personaggi. L’elemento trainante della storia di un uomo senza nome è la fuga. E’ solo un ingrediente classico del noir che hai scelto di fare tuo per raccontarci questa storia o c’è di più in questo concetto per lo scrittore Roberto Saporito?

La fuga è un elemento essenziale nei miei romanzi (in tutti quelli che ho scritto fino a questo momento), è il non fermarsi su posizioni acquisite, il non accettare la vita così come ti hanno sempre detto che deve essere vissuta, ma anche la paura e il non sentirsi adeguati ai ruoli che ti cadono addosso appena nasci. In questo caso il personaggio del libro fugge, fisicamente, per tutto il corso della storia per non farsi prendere da creditori dai modi spicci (usurai, per capirci), ma poi la vera fuga è quella da sé stesso, dal diventare adulti, ma anche una fuga dalle responsabilità della famiglia e del lavoro. Per quanto riguarda la brevità del romanzo è essenzialmente una mia scelta stilistica: io scrivo solo romanzi brevi, un po’ come Raymond Carver scriveva solo racconti, e che racconti, in pratica la cifra della “brevitas” è quella più congeniale per il mio modo di raccontare le storie, la brevità che poi diventa anche precisione, sintesi, uso attento, ma parsimonioso degli aggettivi, l’uso sì di un linguaggio scarno, asciugato, pulito, ma al tempo stesso levigato, emozionante e, spero, coinvolgente.

L’io narrante di Carenze di futuro è un giocatore devastato dai debiti e irrimediabilmente solo. Non gli resta che cambiare aria e cercarsi un posto sicuro, pur consapevole di vivere nell’assenza di futuro, a fare, minuto dopo minuto, un disperato bilancio tra “conti che, come al solito, non sarà in grado di pagare”. Accetta così un lavoro da concierge in un residence  a ridosso di Nizza, a respirare l’odore verde e selvatico dei campi e delle coste della Francia meridionale fuori stagione turistica per sfuggire alla morsa criminale di creditori senza scrupoli che gli stanno con il fiato sul collo e che non usano mezzi termini pur di riavere il loro credito.  La Francia noir è un altro caposaldo della narrativa di genere. Letteratura e cinema francese quanto ti hanno influenzato in tal senso?

Enormemente direi, sia la letteratura noir (Jean-Patrick Manchette, Jean-Claude Izzo, Didier Daeninckx, Patrick Raynal, etc.) sia quella “non di genere” (Michel Houellebecq, Jean Echenoz, Agota Kristof,

Emmanuel Carrère, Jean-Philippe Toussaint, Milan Kundera, “francese” d’adozione a tutti gli effetti, e i fondamentali Jean-Paul Sartre, Albert Camus e Marcel Proust) sia il cinema  (dalla Nouvelle Vague a film come “Betty Blue” o “Subway” di Jean-Luc Besson) che hanno un’atmosfera unica, e poi la Francia (come luogo geografico) in generale, dove spesso ambiento le mie storie, come il sud, dalla Costa Azzurra alla Provenza e Camargue, di questo mio ultimo romanzo Carenze di futuro (ma a ben vedere anche, in parte, dei miei libri 1977 / Fantasmi armati e di  Eccessi di realtà / Sushi bar) o la Bretagna del mio primo romanzo Anche i lupi mannari fanno surf o Parigi delle mie prossime storie (come il racconto sugli Anni di Piombo che farà parte dell’antologia edita da Laurum Crimini di piombo, e che è parte di un romanzo al quale sto lavorando). E poi si può anche dire che la Francia dove i miei personaggi (italiani) fuggono, è quasi un luogo mitico, o, forse, più semplicemente, solo mitizzato.

Ed è qui, in Francia, che il protagonista conosce Sophie, accompagnatrice turistica che vive in una chiatta col suo cane Didier, anche lei oppressa da un passato insidioso e irrisolto. Insieme cercano una nuova destinazione  risalendo fiumi e canali, in direzione Parigi, lasciando dietro di loro una scia di morte. Inizia così un lungo viaggio dal finale che assume un po’ le caratteristiche del sogno. Quasi surreale.  E’ forse un modo per riscattarsi da parte del protagonista?

No, è solo un’ ulteriore e diversa fuga da un una vicenda tragica che rischiava di inghiottirlo totalmente, ma anche un voler lasciare il finale aperto, però, in una quasi surreale e disperata, e al tempo stesso disperante corsa in bicicletta del protagonista per le strade di Francia, un suo personale ed originale “tour de France”.

Forse più che di riscatto si potrebbe parlare si una sorta di purificazione nello smettere di ricordare i fatti orribili appena accaduti, o comunque qualcosa del genere.

Le pagine del romanzo sono pennellate di una rassegnazione tipica di un noir dalla sottile vena esistenziale che ha conosciuto la sua più ampia diffusione nel dopoguerra attraverso autori come Albert Camus. C’è ancora spazio, oggi, in un mondo un po’ appiattito dalla globalizzazione economica e culturale, per riflessioni sull’esistenzialismo? E per comprenderne sfumature ed essenza?

Oggi più che mai direi. In un momento storico dove tutto e tutti corrono sempre più velocemente, fermarsi e pensare anche solo per un attimo a dove si sta andando e perché è, forse, fondamentale per continuare a vivere (e purtroppo anche per continuare a correre), porsi delle domande, in questo frangente, diventa quasi fisiologico, e se un libro di fiction (un noir), oltre ad emozionarti e a coinvolgerti ti obbliga perfino a pensare, a porti delle domande, ben venga questo romanzo (e qui lo dico, anche, da lettore, dato che io per primo amo leggere questi tipi di libri, dove i generi si mischiano, creandone uno nuovo - quello della buona scrittura - e mi piace pensare di scrivere i romanzi che mi piacerebbe leggere: fondamentalmente sono il primo, implacabile, lettore di me stesso).

Insieme ai tanti capitoli che compaiono come quadri a formare una specie di mosaico narrativo, in  Carenze di futuro c’è anche molta musica e musicalità. E’ essenziale secondo te una buona colonna sonora per un buon noir?

Direi proprio di sì, la musica è assolutamente fondamentale (non per niente nelle pagine finali propongo la mia colonna sonora, e che rappresenta poi la musica che ho ascoltato durante la stesura di questo libro), dà ritmo alla narrazione, e ogni mio romanzo ha poi un ritmo particolare, questo per esempio ha il ritmo post-punk della musica New Wave degli Anni Ottanta, il prossimo il ritmo del jazz (come quello di Miles Davis e Charlie Parker) e del nu-jazz (tipo Nicola Conte o i Koop o i Saint Germain).

Le mie pagine sono ampiamente farcite di citazioni musicali con richiami a gruppi e singoli brani.

Alla fine del romanzo dai una serie di consigli di lettura, musica e cinema per i tuoi lettori. Vuoi darne anche qualcuno per i lettori di TM?

Vediamo un po’, per quanto riguarda i libri sicuramente “Estensione del dominio della lotta” di Michel Houellebecq (uno dei miei libri fondamentali), “Nada” di Jean-Patrick Manchette (un noir perfetto) e uno più recente “La vita facile” di Richard Price, un gioiello di affresco noir newyorchese, per la musica i Joy Division (uno dei miei gruppi preferiti di tutti i tempi), i Lali Puna (ottima musica elettronica tedesca) e un gruppo nuovo nuovo come i White Lies (anche se le atmosfere che propongono sono molto New Wave Anni Ottanta, come tutta la colonna sonora del mio ultimo libro), e per il cinema il già citato “Betty Blue” di Jean-Jacques Beineix, per me vero film di culto e “Vivere e morire a Los Angeles” di William Friedkin.