Le ragioni dell’inverno di Elena Vesnaver, Agar edizioni 2009.

Tre racconti di cui il primo che dà il titolo al libro. Gli altri due Aganis e Sotto un cielo di uomini. Ovvero tre gialletti con Sonia Leibowitz che scrive, beve Tocai e aiuta il commissario Leone (siamo a Cormòns) a risolvere qualche caso di morti ammazzati. Suo fidanzato Alex, un assassino che l’amore si trova nei posti più impensati.

Di mezzo la gelosia, litigi, il passato che si intreccia con il presente, violenza, gli uomini che credono di sapere tutto. L’estate e l’inverno, il ritorno e la partenza, il rapporto con Alex, le pene d’amore, i treni di notte e le stelle cadenti. Anche un po’ di movimento e di lotta a rendere più ondulante il racconto.

Prosa leggera, delicata, sensibile. Prosa semplice e intensa. Non c’è bisogno di farla lunga. Basta un tratto di penna, un piccolo tocco per creare un sentimento, una atmosfera. Per disegnare un volto o una caricatura (le sorelle Toffolo). Una breve osservazione (le formiche nella tazza del caffè) a riportare il tutto alla concretezza della vita.

La classe non è acqua.

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Anche le grandi case editrici non vanno per il sottile. Se c’è un libro più o meno passabile si pubblica, purché sia un giallo. Il mercato vuole questo e questo si dà.

Vedi Clotilde e l’estate dei delitti di Bruno Coppola, Rizzoli 2009.

La quale Clotilde Kuster Melis è una ragazza di vent’anni che sta per laurearsi in filosofia. Figlia del signor Alberto “alto e magro come un grissino” e della signora Bianca “svanita e surreale, sempre con la testa fra le nuvole”. Fratello più piccolo di tre anni e fidanzata con Marco (troppo posato) anche lui sotto tesi di laurea. Carattere aperto, socievole, curiosa di tutto, grande camminatrice. E belloccia (corpo snello, gambe lunghe), il che non guasta.

La sua vita cambia all’improvviso alla scoperta di un nonno, Horatius Kuster, mai conosciuto “montenegrino emigrato negli USA per sfuggire alle bande di ustascia” e ritornato in Italia per dare un contributo alla sua patria devastata dalla guerra.

Da qui i guai per la nostra giovane detective invischiata in traffici illeciti, tra agenti della CIA e un’isola popolata da lucertole blu. E morti. Uno, due, tre. E il mistero di una criptica poesia. Un po’ scontato l’incontro-scontro tra l’allegra Clotilde e il nonno burbero (che poi tanto burbero non è), tra l’idealismo e la cruda realtà, tra la passione e il calcolo politico.

Aggiungo una certa ingenuità narrativa e una certa predilezione per il punto esclamativo che un po’ di senso di esagerazione te lo lascia.

Uno dei millanta libri passabili di cui si può fare a meno.

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Alla ricerca di Sonya Dufrette di R.T. Raichev, Eliot 2009.

“Luglio 1981. Nella villa di campagna di Lady Mortlock, durante il party dato in occasione del matrimonio tra Carlo e Diana, una bambina scompare. Poco dopo la sua bambola viene ritrovata sulla riva del fiume che scorre vicino alla casa, ma della piccola nessuna traccia. Tutte le ricerche si rivelano inutili e il caso viene archiviato come un tragico incidente”.

Venti anni dopo, leggendo un articolo di giornale che rievoca il matrimonio reale, la signora Antonia Darcy ripensa all’episodio della bambina scomparsa di cui anche lei era stata testimone. E, come dire, il caso si riapre. Nella testa della nostra Darcy, bibliotecaria cinquantenne in un “esclusivo club londinese per ex militari”, divorziata (ti pareva) con figlio David e la nipotina Emma. Ad aiutarla in questa ricerca il maggiore Hugh Payne, vedovo, socio del club e suo accanito ammiratore.

Aggiungiamo che, sempre la nostra Antonia Darcy, è una scrittrice di romanzi polizieschi (quasi scontato), le piace la musica classica, presa spesso da cattivi presentimenti, ancora fragile per il divorzio. Determinata tuttavia nella ricerca della verità.

La quale ricerca parte da ciò che lei stessa aveva scritto di quella particolare giornata, per poi svilupparsi con il ritrovare i personaggi che vi presero parte. Un viaggio nella sua mente ricca di dubbi (la bambina è stata uccisa o rapita, oppure è sempre viva?), di scoperte, di fragili verità, di assilli, di ripensamenti fino all’epilogo finale. In un continuo confrontarsi con le educate schermaglie amorose del maggiore che piano piano  riescono a vincere in parte la sua ritrosia.

Prosa leggera, piacevole, ricca di citazioni letterarie che non appesantiscono il testo. Un buon lavoro.