Attraversata una «regione campestre singolarmente lugubre», il protagonista si trova davanti ad una casa decaduta: Casa Usher. Egli è un amico di Roderick Usher, il quale gli ha scritto un’accorata lettera chiedendogli di raggiungerlo: una radicata paura lo sta facendo cadere nella follia, e vuole vedere un’ultima volta il vecchio compagno di giochi.

Con queste premesse inizia “La caduta della Casa degli Usher” (The Fall of the House of Usher) di Edgar Allan Poe, uscito sul “Burton’s Gentleman’s Magazine” nell’agosto del 1839.

Una notte il protagonista trova l’amico Roderick che vaga per le stanze della sua magione, in preda alle allucinazioni. La recente morte della propria sorella l’ha profondamente turbato, ed ha aggravato un equilibrio psichico già vacillante. Il protagonista lo esorta: «Le visioni cui vai eccitandoti non sono altro che fenomeni di elettricità e del tutto comuni. [...] Chiudiamo la finestra. L’aria gelata di questa notte non può che esserti letale. Io scorgo qui uno dei tuoi romanzi prediletti. Lo leggerò ad alta voce e tu nel frattempo ascolterai. Così passeremo la notte assieme...».

La biblioteca degli Usher, va detto, è molto fornita. Si trovano «il Belfagor di Machiavelli; Le meraviglie del cielo e dell’inferno di Swedenborg; Il viaggio sotterraneo di Nicholas Klimm di Holberg» e vari altri: tutti titoli veri ed esistenti, compreso l’apparentemente improbabile “Vigiliae mortuorum secundum chorum ecclesiae maguntinae”. Invece il protagonsita sceglie proprio l’unico libro inesistente di tutta la biblioteca: «era una vecchia edizione del “Mad Trist” di Sir Launcelot Canning ed io gli avevo attribuito la qualità di libro preferito da Usher soltanto per dare spicco alla frase: nelle sue scialbe e ridicole lungaggini non vedevo, al momento d’imprenderne la lettura, che cos’avrebbe potuto interessare l’elevata spiritualità del mio amico».

Va specificato che questo è l’unico pseudobiblion creato da Poe, ancor più prezioso perché nato in un ambiente letterario ancora digiuno di questa tecnica. Come abbiamo visto nei precedenti articoli, famosi pseudobiblia precedenti a questo vengono da Francia e Inghilterra, mentre gli Stati Uniti di Poe saranno infiammati da questo gioco letterario solo agli inizi del Novecento.

 

Torniamo al “Mad Trist” e alla sua narrazione delle avventure di Ethelred (eroe del romanzo), dei suoi tentativi per entrare nell’abitazione del maligno eremita, trovandovi all’interno un enorme drago. «Dalle mura del palazzo pendeva uno scudo di lucente bronzo, il quale recava la seguente scrittura: Chi entra qui è un conquistatore: Chi ucciderà il Drago, vincerà lo scudo. Ed Ethelred levò nuovamente alta la mazza e la calò di poi con incredibile forza sulla testa del drago.

Il quale stramazzò ai suoi piedi e assieme con l’anima appestata rese un urlo così orribile ed aspro ma anche così penetrante, che Ethelred dovette turar l’orecchie coll’intere mani per non esser atterrito da quel suono, il quale era il più agghiacciante che mai udisse». Mentre legge queste avventure, però, il protagonista avverte chiaramente dei rumori sinistri nel buio di Casa Usher. Proseguire nella lettura non cambia la situazione, anzi rende ancor più chiari e definiti i rumori!

«Non odi? Io sì... io odo... io ho già udito» balbetta Roderick sull’orlo della pazzia: è assolutamente convinto di aver seppellito viva la propria sorella... e forse non ha tutti i torti!

Il gioco del libro falso non sembra attrarre l’autore più di tanto, visto che il “Mad Trist” ha ben poco peso nel totale della storia. Però non si può non mettere l’accento su un altro tipo di gioco letterario usato da Poe per questo racconto: l’autocitazione nascosta. Roderick Usher infatti suole cantare accompagnato dalla chitarra, e fa sentire al protagonista una propria composizione dal titolo “Il palazzo stregato” (The Haunted Palace). Il vero autore del poema è ovviamente Poe stesso, ma non solo perché lo riporta in questo racconto, bensì perché la poesia era già apparsa nell’aprile del 1839 sull’“American Museum Magazine”: un delizioso caso di pseudoepigrapha, di falsa attribuzione!

 

Il racconto arriva presto in Italia, e verrà ritradotto e ristampato in continuazione, in varie antologie e raccolte. Un successo pari a quello letterario è stato quello cinematografico: ben 18 trasposizioni fra cinema e televisione! Dal classico “I vivi e i morti” (1960) di Roger Corman con Vincent Price, al francese “La chute de la maison Usher” (1992); dal cecoslovacco “Zánik domu Usheru” (1981) al messicano “Satanás de todos los horres” (1974), passando per una rivisitazione firmata Ken Russell intitolata “The Fall of the Louse of Usher” (2002).