Tullio invece continuava a pensarci, al fornaio. Alle sue dita sporche di sangue. Ai tre colpi sparati ad occhi chiusi. Avesse potuto tornare indietro non l’avrebbe fatto. Sarebbe andato dai carabinieri con Maria, ma ormai era tardi. Così, contemporaneamente, pensava anche che li avevano riconosciuti, che a quell’ora il signor Cosimo già aveva dato l’allarme e che già li stavano a cercare tutti. A casa non ci poteva andare, ci saranno stati i carabinieri a parlare con suo padre. A casa di Maria neanche, ci sarà stata la polizia a parlare con il suo. In tasca, venticinque euro e il bancomat. Si poteva fare il bancomat? Non è che li trovavano con la traccia elettronica, come col telefonino?

Cristo, disse Tullio, frenando improvvisamente. La polizia!

L’assistente Catenacci lanciò il microfono della radio sul sedile della macchina e corse in mezzo all’incrocio, con il berretto in mano. Si era parato davanti alla moto con quei due ragazzi sopra e fu un miracolo che non l’avessero investito. Il ragazzo scartò a destra e si infilò giù per una stradina, scomparendo dietro un angolo, mentre Catenacci stava a guardarlo, piegato in avanti con la mano sulla fondina.

Che c’è? chiese l’agente Mirrola, arrivando di corsa.

C’è che arriva Bush, con Berlusconi dietro e tutto il corteo, disse l’assistente Catenacci. Si erano dimenticati di dircelo che passava di qui. A momenti mi faccio investire da due ragazzi in moto. Fortuna che sono andati via, se cadevano potevano pure denunciarmi. Madonna che male alla milza, dovrei correre di più.

Auto dei carabinieri che sfrecciavano sul raccordo. Auto della polizia ferme a guardare. Gli elicotteri sulla testa.

Tullio correva e pensava cosa c’è di qua? Niente, più niente. Giù di qua finisce tutto. Giù di qua c’è il mare.

Anche Maria pensava e adesso dove andiamo e intanto si stringeva a Tullio. Motociclette dei carabinieri, motociclette della polizia. C’erano anche i soldati. E l’elicottero, sopra, che li seguiva.

Dove si va di qua? Da nessuna parte si va. Di qua c’è il mare.

A Ostia, sul lungomare, Tullio comprò un paio di sandali con le zeppe per Maria. Gli sembrò che andarsene in giro con lei col piede nudo laccato di rosso fosse peggio che correre il rischio di farsi riconoscere da un negoziante. A quell’ora, sicuramente, il telegiornale aveva già dato le loro facce, e così finché poterono tennero il casco.

Senti, disse Tullio ad un certo punto, e se facessimo così? Prendiamo una nave e andiamo in Sardegna? E poi da lì in Francia? Ci facciamo una vita nuova, disse Tullio. Tanto, disse Maria, qui non ce ne avevamo ancora nessuna.

Si misero a pensare tutti e due, seduti su una panchina del lungomare, fermi a fissarsi negli occhi dietro la visiera fumè dei caschi. Poi Tullio si alzò, arrivò fino alla fine del molo e in un momento in cui non c’era nessuno, si tolse la pistola dalla tasca e la lasciò cadere in mare. Poi fece il bancomat, battendo sui tasti velocissimo, perché chissà che a fare in fretta.

Lasciarono i caschi sulla moto e presero la prima nave. All’inizio Tullio pensò come facciamo con i documenti, ci sarà già tutta la polizia in allarme alla frontiera e se ci chiedono la carta d’identità... poi pensò e che possiamo fare? Se ci chiedono gliela mostriamo e speriamo che nessuno dica niente. Alzò anche la testa al cielo e pensò che l’elicottero che li seguiva non c’era più da un pezzo. Lo prese come un segno buono.

Così abbracciò Maria, da dietro, che gli si strinse addosso contro il vento carico di spruzzi che arrivava forte, lì sulla prua. Mentre la teneva contro la balaustra, lei allargò anche le braccia e disse guarda, sembra di volare.