Quando Maria attraversò la strada aveva gli occhi bassi, ma appena li alzò Tullio capì che quello dentro era lui. L’uomo dietro il bancone, il fornaio, era quel bastardo che aveva violentato la sua Maria meno di una settimana prima. Lei l’aveva visto, l’aveva riconosciuto, sapeva chi era perché abitavano tutti al Tufello, e non ci poteva credere che fosse proprio il fornaio a stenderla a terra quella notte e a strapparle la maglietta, ma adesso, dopo averlo visto così, dalla vetrina, non aveva dubbi.

A Tullio bastò guardarla in faccia, vedere come era diventata bianca e come le tremavano le labbra. Mise la mano in tasca, sul calcio della pistola, e attraversò la strada.

Il fornaio stava sistemando una cassetta di panini all’olio quando sentì tintinnare la cortina di cannucce sulla porta. Vide quel ragazzo che lo fissava strano ma che vuoi, erano tutti un po’ matti in quel quartiere, così quando quello gli chiese un panino con la coppa, quasi gli voltò le spalle e pulendosi le mani sul grembiule si mosse lento lungo il bancone, verso l’affettatrice.

In quel momento, Tullio tirò fuori la pistola dalla tasca e gli sparò tre colpi. Non vide niente, perché aveva chiuso gli occhi, e non sentì neanche niente perché proprio in quel momento due jet dell’aeronautica erano passati bassissimi, diretti a Pratica di Mare, e avevano riempito con un rombo tutto quello che c’era da sentire. Ma l’uomo dietro al bancone non c’era più. Quando Tullio aprì gli occhi non lo vide, vide solo una nuvola di briciole di pane all’olio e poco dopo una mano che si alzava, tremante e si aggrappava all’orlo del bancone. Aveva le dita gocciolanti di sangue.

Tullio corse fuori. Maria era ancora al di là della strada e fu contento che non avesse visto niente, e in un certo senso neanche lui. Poi però vide il signor Cosimo che si avvicinava, che diceva ciao, Maria e poi e chi è questo, Tullio tuo? e quando la prese per un braccio e la portò via, verso la moto, vide anche che il signor Cosimo si stringeva tra le spalle e attraversava la strada, proprio verso il negozio del fornaio.

Era proprio vero che in quel quartiere si conoscevano tutti, pensò Tullio partendo così a razzo che Maria perse una scarpa. E si maledisse, da lì fino sul viale e poi sul corso, che quella mattina, stranamente, era così deserto.

Il signor Cosimo entrò nel negozio del fornaio e strinse gli occhi, perché non ci vedeva molto. Il fornaio era ancora dietro al bancone, pallido pallido, e si teneva il naso. Stava sgocciolando sangue su una spianata con le olive, e sul momento, per un attimo, il signor Cosimo pensò che era proprio quella che voleva lui. Poi però si avvicinò e aiutò il fornaio a sedersi vicino alla cassa.

Accidenti a queste scarpe, disse il fornaio, si slacciano sempre e poi vedi che succede. Mi sono quasi rotto il naso. E poi cosa sono tutte ‘ste briciole per terra? E ma non c’era un ragazzo che voleva una rosetta con la coppa?

Maria spinse il piede nudo sotto l’orlo dei calzoni di Tullio, cercando con le dita laccate di rosso il bordo del calzino. Da quando aveva smesso di piangere si era accorta di avere freddo, perché lo zoccolo l’aveva lasciato sulla strada e a correre così con la moto contro il vento, in quella giornata senza sole, le si erano ghiacciate le dita. Si erano fermati solo un momento per infilarsi i caschi, con Tullio che gridava svelta, svelta! e poi erano ripartiti. Per tutto il viaggio lei si era stretta a lui, piangendo, prima sulle sue spalle e poi dentro il casco. Poi, ad un certo punto, aveva smesso. Aveva smesso di pensare al fornaio che avevano ammazzato, che Tullio era diventato un assassino e lei sua complice, che se li prendevano finivano sul giornale come Erika e Omar, anche se non c’entravano niente. Per un momento, un momento solo, pensò che se cercava di ricordarsi la faccia del fornaio, quella sera, non ci riusciva più e per un momento pensò che vuoi vedere che magari non è lui, ma fu un momento, un momento solo. Improvvisamente il pensiero dominante era diventato il suo piede nudo, che le faceva freddo e la faceva vergognare, le volte che dovevano fermarsi ai semafori che Tullio non poteva bruciare. Si chiese anche perché. Sarà perché il cervello è come un muscolo, pensò, sempre in tensione non ci riesce a stare e dopo un po’ si rilassa anche da solo.