Quando si dice la sfortuna.

Lo scorso martedì 8 marzo quotidiani e periodici specializzati annunciavano, con il dovuto risalto, l’esordio in Italia su La7 alle 21.30 di un’importante serie d’Oltreoceano, The Agency. Secondo la consuetudine, ormai da tempo affermatasi in Italia, sarebbero stati proposti due episodi, Dossier Castro e Dossier Esperanza: ma il malcapitato telespettatore che si fosse messo davanti alla tv all’ora indicata si sarebbe trovato quasi alla fine del prima puntata: un black out imprevisto aveva infatti mandato in tilt la rubrica giornaliera di Giuliano Ferrara, Otto e mezzo e la rete non aveva trovato di meglio che anticipare la messa in onda.

Ma anche negli Stati Uniti le cose non erano andate meglio all’esordio, anzi.

La serie era stata infatti concepita da un lato come una finestra sulla più immediata attualità per quanto riguardava la politica estera americana, dall’altro però, visto che i protagonisti erano agenti della C.I.A., si proponeva anche (o forse soprattutto) di dare al pubblico un’immagine meno usurata e compromessa del lavoro del controspionaggio statunitense.

Il primo episodio, il cosiddetto “pilot”, fu però fin troppo ben congegnato: quando l’11 settembre fu portato l’attacco alla Torri Gemelle da parte del terrorismo islamico, l’episodio, ancora non andato in onda, sembrava fin troppo profetico e foriero di polemiche o quanto meno di turbamenti nell’opinione pubblica.

La produzione decise così di prendere tempo: tra il 27 settembre e il 25 ottobre andarono in onda quattro episodi, quelli trasmessi in Italia l’8 e il 15 marzo; il “pilot” “reworked” (come recita pudicamente il sommario del sito www.tvtome.com), ossia rifatto e ambientato in Europa, in barba a tutte le leggi della programmazione tv, slittò al quinto posto, il 1°novembre del 2001.

Ma evidentemente la serie era nata sotto una cattiva stella: mentre altre produzioni, con le più svariate ambientazioni e i più improbabili eroi (dai cani alle streghe) sbancavano gli indici di ascolto, The Agency ha continuato senza infamia e senza lode e nel marzo del 2003, dopo “appena” 44 episodi, è stata chiusa: l’unica concessione alle speranze dei fans è stato il finale ambiguo dell’ultima puntata che potrà eventualmente consentire la ripresa della serie.

Qualcuno dirà: perché questo lunghissimo preambolo?

Perché, sembra un paradosso, la storia e le disavventure della serie sono ben più avvincenti del programma stesso.

Non c’è nulla infatti di particolarmente esaltante nei 45’-50’ (davvero troppo brevi per una storia di spionaggio) in cui si articola ogni impresa dei nostri spioni: agenti duri e spregiudicati quanto basta, ma sostanzialmente fedeli alla patria (persino quando abbattono due missionari scambiandoli per trafficanti colombiani di droga); intrighi di palazzo tra vecchi e nuovi direttori dell’Agenzia con sottoposti che abilmente si barcamenano per evitare dei problemi; un giovane agente (interpretato dal bellone di turno Gil Bellows) che deve scoprire il mistero della morte di suo fratello, scomparso in servizio (e questo probabilmente sarà il filo conduttore delle varie puntate); in omaggio al politically  correct non manca una donna, e per di più di colore, in posizione di comando (l’attrice Gloria Reuben, che già si era distinta in E.R.); a guidare la squadra un vecchio Direttore (l’attore Ronnie Cox) che sa talmente qual è la cosa giusta da fare da mentire ai membri del Congresso riuniti in una Commissione d’inchiesta.

Tutto visto, tutto letto, persino gli effetti speciali tv sono stati testati in C.S.I. e in qualche altra serie già transitata sui nostri teleschermi.

Temiamo quindi che quando quest’estate The Agency elegantemente sparirà dai palinsesti non saranno molti quelli che scriveranno ai giornali per chiederne una replica, magari anche in terza serata.

 

Voto: 5