Perché il nero è profondo?

Perché affonda le radici nella storia italiana del dopoguerra. Perché si nutre di anticomunismo, di finanza occulta, di petrolio, di fanatismo fascista, fino al muro di Berlino, e poi essenzialmente di denaro di provenienza dubbia. Ed è sfociato in un blocco di potere economico omogeneo, tuttora molto potente.

Perché si comincia a parlare seriamente di vicende oscure cercando di far luce solo ora che sono passati più di trent'anni?

Perché per anni la stampa italiana ha preferito e preferisce non accorgersi di queste vicende. Perché anche oggi, per scriverle, io e Sandra dobbiamo affidarci ai libri. L'autocensura, o meglio, l'appiattimento sulle verità ufficiali,  è oggi il tratto distintivo dei giornalisti italiani. Eppure la storia -in larga parte sotterranea- di questo Paese deve ancora essere scritta. É un compito che ci affascina e che cerchiamo di continuare.

Alla fine del libro è inserita un’intervista a Giuseppe Pelosi(riconosciuto con sentenza passata in Cassazione quale unico colpevole dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini). Chi dei due autori lo ha intervistato? Che impressione avete avuto?

Pelosi l'ho incontrato io la mattina del 12 settembre del 2008 all'Idroscalo di Ostia. É un uomo che, a distanza di 33 anni, comincia a riflettere su quello che è accaduto quella notte, ed è stanco di portare il peso di una responsabilità per lui anche infamante (quella di marchettaro), non sua. E dal 2005 propina ai giornalisti la sua verità a rate. Pelosi non dice tutto quello che sa, ma le sue parole offrono fin d'ora spiragli investigativi sufficienti, a nostro avviso, per riaprire l'inchiesta.

Lei e Sandra Rizza avete un'attività a quattro mani consolidata. Come vi dividete il lavoro?

Non esiste una regola, abbiamo scritto l' “Agenda Rossa”  dividendo i capitoli, e “Profondo Nero” passando insieme le giornate su due computer. É fondamentale la sintonia raggiunta dopo anni di lavoro comune e, soprattutto, di sentire comune rispetto alle vicende professionali che abbiamo vissuto da cronisti.

Nel nostro caso, poi, ci soccorre anche una certa complementarietà: lei è più attenta alla narrazione, al ''montaggio'' dei capitoli, io curo di più, sviluppandoli, i nuovi spunti che emergono dalle carte.

Cito pp. 264-265: “Da Cefis a Berlusconi, passando per Licio Gelli. [...] Ci sono voluti trent'anni, ma il golpe bianco è quasi compiuto. Con Berlusconi (tessera P2 n.625), tre volte premier, con record di longevità governativa che adesso aspira al Quirinale ed è indicato proprio da Gelli come erede prediletto. Il golpe è stato realizzato senza esercito e divise.” Secondo lei, in questo, quanto ha inciso la non-conoscenza della storia recente?

Bella domanda. Sono convinto che molti abbiano votato Berlusconi proprio perchè piduista, e cioè capace di approfittare delle amicizie giuste anche se, magari, illegali o, addirittura, criminali. Così come in molti, tra uomini istruiti, con senso della responsabilità e dello Stato abbiano deciso di iscriversi alla P2 per sentirsi più protetti nella carriera. Gli italiani non sono migliori di chi li governa, o di chi sta più o meno a guardare all'opposizione.  Detto questo, continuare ad occuparsi di questi temi significa sottrarre alibi a chi, come Alice nel Paese delle meraviglie, dirà sempre che non sapeva, non si era reso conto, non si era accorto. Fornendo gli strumenti di conoscenza, con l'accuratezza delle fonti e l'onestà intellettuale, la nostra parte possiamo dire di averla fatta per intero.

La ricerca della verità è un dato comune al procedimento giornalistico e al metodo storico. Qual è la linea di demarcazione in questo libro?

É una linea tracciata dalla materia stessa di cui ci occupiamo. Per Mattei ci siamo affidati ai documenti giudiziari raccolti prevalentemente, ma non solo, dal pm Calia, per De Mauro siamo tornati a fare i cronisti giudiziari seguendo pazientemente le udienze del processo in corso a Palermo e non ancora concluso che hanno riservato interessantissime sorprese, per Pasolini abbiamo fatto ricorso ad un'arma professionale antica ma sempre efficace, l'intervista, in questo caso a Pino Pelosi e agli altri protagonisti di un mistero ancora aperto, nonostante il sigillo della Cassazione.

A conferma che in questo Paese non basta una sentenza della Suprema Corte, e quindi una verità giudiziaria, a ricostruire una verità storica.

 

Lei e Sandra Rizza avete scritto di un'Italia avvolta da segreti cui la gente comune è stata tenuta lontana: De Mauro e Pasolini hanno pagato con la loro morte il tentativo di svelare il lato criminale del potere economico e parlamentare italiano. Avete mai ricevuto minacce o intimidazioni?

Minacce no, qualche segnale si. Ma non ne parliamo volentieri.

Qual è stato il più grande ostacolo incontrato durante la fase di reperimento delle fonti o durante la stesura?

Certamente una delle difficoltà più forti è stata quella di interpretare e decifrare il comportamento processuale del senatore Graziano Verzotto, l'uomo che attraversa i tre delitti e diventa, a metà degli anni Novanta, il teste chiave del pm Calia. Verzotto è un protagonista di quegli anni, da Mattei a De Mauro, e l'ente minerario di cui è presidente finanzia a metà degli anni '70  l'agenzia Roma Informazioni, sicuramente collegata a Milano Informazioni, che stampa il libro “Questo è Cefis” utilizzato da Pasolini nella stesura di Petrolio. Tra depistaggi e allusioni, accuse e contraddizioni palesi, auto-biografie appassionate e interrogatori fiume, il senatore Dc, ormai ultra ottantenne lascia intendere di sapere di più di quello che ha raccontato, e/o non di averla raccontata giusta per intero. Resta il rammarico di non essere riusciti ad intervistarlo.

Qual è stata la più grande soddisfazione ricevuta da questo lavoro?

L'apprezzamento, per la chiarezza della scrittura e la documentazione delle fonti, di un grande giornalista italiano, Piero Ottone.