Da “Passato, presente e chissà” è stato tratto lo sceneggiato televisivo per Rai2, “Sarti Antonio brigadiere”, andato in onda nell'aprile 1978. Da allora ha lavorato per la televisione curando soggetti e sceneggiature: “L'archivista” nel 1985, la serie di 13 telefilm, tratti da suoi romanzi e racconti e prodotti da Rai Due nel 1988, intitolata “L'Ispettore Sarti - un poliziotto, una città”, per non parlare della coproduzione italo tedesca (Rai-NDR) di sei film di un’ora e trenta, ancora costruiti attorno alla figura di Sarti. A cosa uno scrittore deve rinunciare, nel passaggio dal libro allo schermo?

Deve rinunciare a tutto quello che lo ha spinto a scrivere il romanzo. Da quel momento diventa proprietà di altri (produttore, sceneggiatore, regista, attori, operatore …) e a volte si arricchisce e a volte si impoverisce.

 

Il suo legame col teatro è profondo: è vero che, oltre che autore, è stato anche un eccellente attore?

Io non direi eccellente attore. Sono stato un attore fallito. A mia scusante dico che non era la mia aspirazione. Non sono entrato nel teatro per recitarlo, ma per scriverlo. Le vicissitudini della vita mi hanno portato sul palcoscenico.

Ci può parlare della rivista da lei fondata insieme a Renzo Cremante, “Delitti di Carta”?

Anche Delitti di Carta ha contribuito all’affermazione del Nuovo Giallo. Nel senso che si è sempre occupata degli autori italiani del genere.

Una scommessa. Non si scrive di autori noti universalmente (lo si è sempre fatto e si continua a farlo), ma di nuovi autori, di autori che pochi conoscono. Un rischio, ma valeva la pena.

In una recensione ho definito il suo ultimo romanzo, Via Crudes, “epopea essenziale”: come ha proceduto, metodologicamente? Quali sono i ferri del mestiere per costruire un poema breve?

Intanto grazie per l’epopea essenziale e il poema breve. Mi piacciono molto. Come ho proceduto: sono andato a respirare le atmosfere della Valmarecchia; ho ascoltato una quantità di racconti popolari, epici; direi; ho visitato i resti del passato; mi sono guardato attorno … Insomma, ho indagato. Poi ho tratto delle conclusioni.

Salta agli occhi, ancora in questo libro, la sua maniera insolita di trattare la dimensione temporale. E’ vero che l’atto narrativo richiede interventi d’obbligo sul tempo, ma è anche vero che trasporre la storia a capofitto nel tempo –e insieme al di fuori di esso–  è oltremodo arduo. Qual è il segreto perché riesca l’operazione?

Secondo me, affidarsi alla fantasia e lasciarla libera di andare dove vuole, senza remore, senza freni, senza chiedesi se sia logico o no, senza preconcetti legati alla realtà e alla razionalità … Insomma, lasciarsi sognare.

Dei numerosi premi che ha vinto (1974, Premio Mystfest con il romanzo “Fiori alla memoria” -  1980, Premio Tedeschi con il romanzo “Sarti Antonio, un diavolo per capello” - 1992 Premio di letteratura per l'infanzia con il romanzo “Partita con il ladro” -  1998 Premio Police Film Festival - 2003 Premio Lama e trama alla carriera), qual è stato quello più faticosamente conquistato?

Tutti i romanzi sono stati faticosamente conquistati. Quando hai finito di scrivere un romanzo, non sai mai come lo prenderà il lettore.

La fatica non è scriverlo; è tentare di far capire al lettore che tu ci hai creduto e adesso speri che piaccia. E allora, fino a quando non lo vedrai in classifica (o l’editore ti dirà che funziona), soffri. 

Quali rischi ha implicato e quali ricchezze ha aggiunto il fatto di lavorare con Francesco Guccini, artista proveniente da un universo artistico differente -ma affine- a quello letterario?

Con Francesco Guccini c’è stata subito una straordinaria intesa: Ci ha facilitato il fatto di aver vissuto l’infanzia, l’adolescenza e una parte della giovinezza, in luoghi che avevano grandi affinità: la stessa montagna. Lui già in Toscana e io più a nord di una ventina di chilometri. Analoghi i personaggi, le storie umane, il paesaggio, le acque e i boschi, gli avvenimenti … Nessun rischio, quindi, ma una grande ricchezza di umanità derivante dalla comunione dei ricordi.

 

Ha confessato di aver scritto un romanzo fantascientifico mai dato alle stampe. Ci racconta qualcosa della trama?

Meglio di no.

 

C’è qualche altro manoscritto che ha voluto preservare dal mercato?

Sì, altri due, ma non per preservarli dal mercato: per preservare il mercato (e quindi il lettore) da altri romanzi inutili.